Lunedì 26 agosto
Non sta piovendo, ma una fitta coltre nebbiosa copre il paesaggio fin quasi a fondovalle.
-Mi pare di essere in Scozia…- commenta il consorte, rimembrando un’umida e grigia vacanza nelle lande scozzesi, con panorami a cm zero.
Già, confermo e, se eravamo sopravvissuti allora, ce ne faremo una ragione anche oggi, concludo.
Così ce la prendiamo con comodo, un’ampia e varia colazione con assaggi di questo e di quello, un po’ di lettura a seguire e, quando stanno per scoccare le dieci, ci prepariamo all’uscita. Scarponi ai piedi, giacca a vento, zaino con copri zaini a portata di mano e ombrellino d’ordinanza (il mio, piccolo e vivace) e bastoncini, ci incamminiamo di buon passo verso la stazione a valle della funivia che conduce sul monte Elmo. La nostra intenzione è di percorrere l’ampio sentiero sommitale, per lunghi tratti una comoda strada sterrata, fino a congiungerci con quello che scende alla malga Nemes e di qui riportarci a Moso. Un tragitto senza particolari difficoltà, al di là della lunghezza, con diversi punti d’appoggio, il rifugio Gallo Cedrone, la Sillianhütte e, ultima ma non meno importante, la citata malga Nemes.
Così facciamo, camminando sotto il cielo grigio che a tratti si ‘apre’ regalandoci vaste vedute della valle sottostante, in qualche momento addirittura con timidi raggi di sole, in altre occasioni avvolti in una specie di bambagia in cui risuonano solo i nostri passi, con l’accompagnamento, di tanto in tanto, del muggito di una mucca al pascolo o del belato di sparute capre che intravediamo in lontananza e talora, tanto per non perdere l’abitudine, accompagnati da una pioggerella, breve e fastidiosa.
C’è poca gente lungo il percorso: una decina di persone salite con noi in funivia e ben presto distanziate, qualche escursionista che troviamo all’interno della Sillianhütte e poi nessun altro, da lì, fino alla malga Nemes. Insomma, una lunga ‘cavalcata’ pressoché solitaria che si conclude verso le 16.15 quando giungiamo all’hotel, stanchi ma soddisfatti. Sì, per quest’oggi abbiamo ‘dato’ ed ora possiamo dedicarci al reparto wellness, una ‘saunetta’ e poi un po’ di relax sui comodi lettini, dove mi immergo nella lettura appassionante del romanzo di Anne Tyler, La figlia perfetta, senz’altro uno dei migliori che ho letto in questi ultimi tempi.
Non sta piovendo, ma una fitta coltre nebbiosa copre il paesaggio fin quasi a fondovalle.
-Mi pare di essere in Scozia…- commenta il consorte, rimembrando un’umida e grigia vacanza nelle lande scozzesi, con panorami a cm zero.
Già, confermo e, se eravamo sopravvissuti allora, ce ne faremo una ragione anche oggi, concludo.
Così ce la prendiamo con comodo, un’ampia e varia colazione con assaggi di questo e di quello, un po’ di lettura a seguire e, quando stanno per scoccare le dieci, ci prepariamo all’uscita. Scarponi ai piedi, giacca a vento, zaino con copri zaini a portata di mano e ombrellino d’ordinanza (il mio, piccolo e vivace) e bastoncini, ci incamminiamo di buon passo verso la stazione a valle della funivia che conduce sul monte Elmo. La nostra intenzione è di percorrere l’ampio sentiero sommitale, per lunghi tratti una comoda strada sterrata, fino a congiungerci con quello che scende alla malga Nemes e di qui riportarci a Moso. Un tragitto senza particolari difficoltà, al di là della lunghezza, con diversi punti d’appoggio, il rifugio Gallo Cedrone, la Sillianhütte e, ultima ma non meno importante, la citata malga Nemes.
Così facciamo, camminando sotto il cielo grigio che a tratti si ‘apre’ regalandoci vaste vedute della valle sottostante, in qualche momento addirittura con timidi raggi di sole, in altre occasioni avvolti in una specie di bambagia in cui risuonano solo i nostri passi, con l’accompagnamento, di tanto in tanto, del muggito di una mucca al pascolo o del belato di sparute capre che intravediamo in lontananza e talora, tanto per non perdere l’abitudine, accompagnati da una pioggerella, breve e fastidiosa.
C’è poca gente lungo il percorso: una decina di persone salite con noi in funivia e ben presto distanziate, qualche escursionista che troviamo all’interno della Sillianhütte e poi nessun altro, da lì, fino alla malga Nemes. Insomma, una lunga ‘cavalcata’ pressoché solitaria che si conclude verso le 16.15 quando giungiamo all’hotel, stanchi ma soddisfatti. Sì, per quest’oggi abbiamo ‘dato’ ed ora possiamo dedicarci al reparto wellness, una ‘saunetta’ e poi un po’ di relax sui comodi lettini, dove mi immergo nella lettura appassionante del romanzo di Anne Tyler, La figlia perfetta, senz’altro uno dei migliori che ho letto in questi ultimi tempi.
Martedì 27 agosto
Ahimè, anche oggi le nubi sono incombenti, forse meno di ieri o almeno così pare al nostro occhio che si sforza di essere ottimista. Sì, lassù, lassù, ci sembra di intravedere qualche timido lembo azzurro, ma forse è solo la nostra speranza.
Così, anche stamane, facciamo le cose con calma, siamo o non siamo in vacanza? Ci rincorre forse qualcuno? E sono le dieci passate quando ci mettiamo in marcia. Quest’oggi, ci siamo detti, un percorso più breve, ché poi, alle tre del pomeriggio dobbiamo essere di ritorno perché mi attende la giovane addetta alla Spa per un massaggio antistress. E allora, cosa c’è di meglio di una bella passeggiata fino in fondo alla valle Fiscalina, lungo una comoda strada pressoché pianeggiante? Così infatti facciamo, prendendola, invero, un po’ ‘alla larga’, per allungarla quel tanto da farla diventare una ‘quasi’ escursione. Ci spostiamo fino a Sesto e poi percorriamo un bel sentiero nel bosco, lungo il quale numerosi sono i turisti che incrociamo, comprese alcune italiche famigliole con bambini riluttanti e litigiosi e genitori spazientiti, fino a giungere all’imbocco della valle, dove ci ‘immergiamo’ in una specie di processione… pedestre. Decine e decine sono infatti i camminatori, persone di ogni età e di ogni varietà… di abbigliamento e tanti i cani al seguito, anch’essi ad ampio spettro…. razziale.
E lassù, alle pendici di Cima Uno, il sentiero che sale zigzagando con strette curve verso il rifugio Zigzmund-Comici, il primo che si incontra sulla via delle Tre Cime di Lavaredo, lungo il quale si vedono procedere diversi camminatori. E noi? -mi domando- ce la faremo (per via del tempo) a salirvi?- Speriamo proprio di sì!!
Per oggi ci accontentiamo di questa semplice camminata, oltrepassando il super-affollato rifugio di fondovalle, dove appare un’impresa il solo avvicinarsi al bancone del bar e, consumato un rapidissimo pasto a mo’ di pic-nic sul ghiaioso greto del torrente poco distante, sempre con ombrellino a portata di mano perché gli scrosci seguono una tattica… da guerriglia, colpendo quando meno te l’aspetti, anche mentre sei sotto un pallido sole, ce ne torniamo verso Moso e verso l’impegno… rilassante.
E il pomeriggio si conclude con la sottoscritta, tutta bella unta di oli profumati, in relax sui lettini del reparto wellness (-perché dopo il massaggio è meglio non fare nulla- ha consigliato nel suo italiano dall’accento ‘tetesco’ la giovane Rebecca) e con il consorte che si ‘sauna’ fino a stufarsi.
Infine, dopo la cena in cui valorosamente ci impegniamo a gustare tutto quanto ci viene servito, sono d’obbligo quattro passi nella notte, ahimè non stellata, concludendo con l’ultima pioggerella del giorno.
Ci mancava solo quella!!
Ahimè, anche oggi le nubi sono incombenti, forse meno di ieri o almeno così pare al nostro occhio che si sforza di essere ottimista. Sì, lassù, lassù, ci sembra di intravedere qualche timido lembo azzurro, ma forse è solo la nostra speranza.
Così, anche stamane, facciamo le cose con calma, siamo o non siamo in vacanza? Ci rincorre forse qualcuno? E sono le dieci passate quando ci mettiamo in marcia. Quest’oggi, ci siamo detti, un percorso più breve, ché poi, alle tre del pomeriggio dobbiamo essere di ritorno perché mi attende la giovane addetta alla Spa per un massaggio antistress. E allora, cosa c’è di meglio di una bella passeggiata fino in fondo alla valle Fiscalina, lungo una comoda strada pressoché pianeggiante? Così infatti facciamo, prendendola, invero, un po’ ‘alla larga’, per allungarla quel tanto da farla diventare una ‘quasi’ escursione. Ci spostiamo fino a Sesto e poi percorriamo un bel sentiero nel bosco, lungo il quale numerosi sono i turisti che incrociamo, comprese alcune italiche famigliole con bambini riluttanti e litigiosi e genitori spazientiti, fino a giungere all’imbocco della valle, dove ci ‘immergiamo’ in una specie di processione… pedestre. Decine e decine sono infatti i camminatori, persone di ogni età e di ogni varietà… di abbigliamento e tanti i cani al seguito, anch’essi ad ampio spettro…. razziale.
E lassù, alle pendici di Cima Uno, il sentiero che sale zigzagando con strette curve verso il rifugio Zigzmund-Comici, il primo che si incontra sulla via delle Tre Cime di Lavaredo, lungo il quale si vedono procedere diversi camminatori. E noi? -mi domando- ce la faremo (per via del tempo) a salirvi?- Speriamo proprio di sì!!
Per oggi ci accontentiamo di questa semplice camminata, oltrepassando il super-affollato rifugio di fondovalle, dove appare un’impresa il solo avvicinarsi al bancone del bar e, consumato un rapidissimo pasto a mo’ di pic-nic sul ghiaioso greto del torrente poco distante, sempre con ombrellino a portata di mano perché gli scrosci seguono una tattica… da guerriglia, colpendo quando meno te l’aspetti, anche mentre sei sotto un pallido sole, ce ne torniamo verso Moso e verso l’impegno… rilassante.
E il pomeriggio si conclude con la sottoscritta, tutta bella unta di oli profumati, in relax sui lettini del reparto wellness (-perché dopo il massaggio è meglio non fare nulla- ha consigliato nel suo italiano dall’accento ‘tetesco’ la giovane Rebecca) e con il consorte che si ‘sauna’ fino a stufarsi.
Infine, dopo la cena in cui valorosamente ci impegniamo a gustare tutto quanto ci viene servito, sono d’obbligo quattro passi nella notte, ahimè non stellata, concludendo con l’ultima pioggerella del giorno.
Ci mancava solo quella!!
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