giovedì 26 settembre 2013

Namibia 3

Martedì 24 settembre
Ci alziamo ancor prima dell’alba, perché ci attende anche quest’oggi una lunga e intensa giornata, con la visita al Sossuslvei Park e alle sue dune di sabbia, tra le più alte e più vecchie del mondo (o almeno così recita la guida…) e quando le prime luci del giorno si alzano ad illuminare il paesaggio, regalandoci scenari di bellezza unica, siamo già in viaggio da un buon quarto d’ora.
Il nostro autista (sempre il consorte) procede a buona velocità lungo la pista sterrata, ma ciò nonostante viene continuamente superato da altri autoveicoli, compreso un pullman turistico, che ogni volta sollevano un tale nugolo di polvere nel quale viaggiamo ovattati per decine e decine di metri. Poi, eccoci a Sesriem, ai cancelli del parco, giusto in tempo per l’apertura che avviene una decina di minuti prima delle sette, quando un solerte addetto controlla il permesso d’entrata già pagato, prende nota delle caratteristiche del veicolo, del numero dei trasportati e perfino del nome del guidatore prima di dare l’ok all’ingresso.
Ci immettiamo pertanto sulla rettilinea strada asfaltata (l’asfalto, che sollievo!!) che per circa 70 km attraversa il parco, ma non abbiamo percorso che pochi km quando l’imprevisto ci blocca: uno strano rumore della ruota anteriore sinistra e la triste scoperta di aver bucato. Non ci resta che cambiare il pneumatico lesionato, operazione che il team di tre validi meccanici porta a termine in un breve lasso di tempo e che ci permette di riprendere il tour (ne vedremo degli altri, di veicoli fermi a seguito di simile disavventura) e di godere della straordinaria bellezza del luogo.
Qualche sosta per permettere ai nostri fotografi di immortalare vedute e ‘residenti’, nella fattispecie numerosi struzzi che camminano impettiti e indifferenti all’umana presenza ed eccoci alla rossa duna 45, la più celebre e la più accessibile della zona. Si può arrivare, infatti, in auto fino alla sua base, accanto ad alcuni maestosi alberi dai tronchi contorti, e di qui, seguendo una stretta traccia, risalire fino alla sommità, 150 metri al di sopra della pianura circostante. E qui ci si sente davvero in cima al mondo, con la vastissima spianata laggiù in fondo, dove le auto percorrono minuscole il nastro d’asfalto e tutt’attorno una sfilata di dune dalla sabbia rossastra che si stagliano contro l’azzurro intenso del cielo, ognuna unica e diversa. La più curiosa ha una forma perfettamente triangolare, che la fa paragonare ad un enorme frontone o ad un moderno palcoscenico per il meraviglioso spettacolo della natura.
E poi è il momento degli scatti fotografici, a due, a tre, in gruppo, quindi ci soffermiamo ad osservare la corsa veloce di uno strano insetto e di alcune minuscole lucertole prima di dividere le nostre strade. Sì, perché, mentre Paolo ed Ugo, audaci e instancabili, decidono di raggiungere la sommità della duna susseguente e Renato rimane in postazione per immortalare la conquista della ‘vetta’, Silvana ed io cominciamo a grandi passi la discesa verso il fondovalle. E’ un pendio assai ripido quello che dobbiamo affrontare, ma tutti i miei timori iniziali sono subito fugati nel vedere che la sabbia ‘tiene’ e non c’è alcun rischio di ruzzolare a mo’ di masso; l’unico inconveniente a cui andiamo incontro è il circa mezzo chilo di terra rossa che dobbiamo svuotare da scarpe e calzini, una volta arrivati alla base.
Adesso la successiva meta è il parcheggio di Sossusvlei, alla fine della strada asfaltata, dove, lasciata la nostra auto, saliamo a bordo di una jeep-navetta per percorrere i circa sei km di pista sabbiosa che conducono nei pressi di Dead Vlei, altro luogo dall’aspetto quasi surreale che ci colpisce profondamente.
Ci troviamo infatti in una bianchissima spianata di terra riarsa e spaccata sulla quale si elevano neri tronchi carbonizzati dalle forme più strane che richiamano alla mente animali fantastici, figure mostruose o immagini di sofferenza, ma basta spostarsi di qualche metro, cambiando la prospettiva, per trovarsi di fronte a tutt’altre raffigurazioni. E tutt’attorno un anfiteatro di rosse dune sovrastate da un cielo di un azzurro mai visto, in un contrasto di colori spettacolare e senz’altro unico.
Siamo pressoché gli unici visitatori in questo ambiente particolare e siamo gli unici, qualche decina di minuti più tardi, a prendere posto su un’altra jeep che ci riconduce al parcheggio, condotta con spericolatezza e indubbia perizia, lo riconosco, da un emulo di Schumacher che mi regala qualche timore ogni volta affronta curve, cambi di pendenza, tratti più impervi, facendoci sobbalzare paurosamente sui sedili dello scomodo mezzo. Ed è con vero sollievo che, dopo un tempo che mi pare interminabile, giungiamo nei pressi della nostra auto parcheggiata.
Ora non ci rimane che ritornare sui nostri passi, con un paio di soste e all’ingresso del parco e alla stazione di servizio di Solitaire, nei pressi della quale imbocchiamo il lungo viale che ci conduce al Solitaire Guest Camp, il lodge dove trascorreremo la notte, una rustica struttura dotata di ogni comfort e bene inserita nell’ambiente, con piccoli edifici dal tipico arredamento.
Ed è pressappoco all’ora di cena, mentre stiamo attendendo l’arrivo a tavola degli ultimi ospiti, che siamo colpiti da un ticchettio inequivocabile: sta piovendo!! A due passi dal deserto del Namib! E con qualche rombo di tuono! Chi l’avrebbe mai detto??

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mariella, questo silenzio è un po' inquietante...fatti viva!!!! Ciao un abbraccio. Corvia

cautelosa ha detto...

Carissima, questo blog è, per così dire 'in sonno', perché 'lavoro' sull'altro, su wordpress.
In Namibia, infatti, già era ostico trovare connessioni e dover 'postare' lo stesso scritto su due piattaforme, si rivelava un'ardua impresa...
Comunque, solo per te, cara Corvia, riprenderò...
Ciao!