martedì 31 dicembre 2013

Buon 2014!


 
AUGURI!!

Domenica al museo

Alla fine non siamo andati, ieri, a camminare in montagna con le ciaspole ai piedi. Il grigiore del cielo, le brume che nascondevano alla vista il monte Bondone e la lieve pioggerella delle otto del mattino ci hanno indotti ad una ‘sofferta’ rinuncia.
Non ho voglia di camminare senza vedere pressoché nulla, ha ribadito il consorte, ritornando velocemente sotto le coltri dopo aver dato un rapido sguardo dalla finestra. E allora, non volendo lasciare solitario a casa il compagno della mia vita, ho risposto con un cortese diniego alla telefonata degli amici, che, indomiti, stavano per partire alla volta della valle dei Mocheni.
Ma come organizzare, a questo punto, la domenica? Perché non dedicarla all’arte, nella fattispecie alla visita della mostra su Antonello da Messina, allestita presso il Museo d’arte moderna, il Mart, di Rovereto?
Era da tanto che l’avevamo in programma, ma per una ragione o per l’altra avevamo sempre rimandato. Ecco, questa era l’occasione giusta. Così, con i nostri ombrelli, nonostante un leggero miglioramento del tempo, siamo saliti sul treno regionale delle 12 e 33 e pochi minuti prima delle 13 eravamo nella città della Quercia. L’ampio corso Rosmini, che dalla stazione porta verso il centro di Rovereto, era pressoché deserto: pochissimi i pedoni, così come le automobili. Probabilmente tutti sono a pranzo, ci siamo detti.
Qualche passante in più stava percorrendo in senso opposto al nostro il corso Bettini, a metà del quale c’è la sede del Mart, qualcuno osservando i menu di un paio di ristoranti, ma nulla faceva presagire la sorpresa che avremmo incontrato di lì a poco.
Una coda, una lunghissima coda di persone in attesa di entrare al museo. Del tutto inattesa, almeno per noi, che nella nostra ‘astuzia’ non avevamo pensato al fatto che fosse domenica, per di più una domenica ‘natalizia’, con ancora i mercatini aperti, che richiamano frotte di turisti. Attorno a noi, infatti, si sentivano accenti diversi, lombardi e veneti in primis, con i quali abbiamo trascorso l’ora abbondante impiegata a raggiungere l’ingresso. Con pazienza infinita e ringraziando il cielo che la temperatura non fosse inclemente (ma sufficiente a raggelarci per bene… e rimarremo infreddoliti per tutto il pomeriggio o quasi…), abbiamo percorso la grande ‘piazza’ interna con la cupola del Botta, a passo… di cardellino. Così mi sono ritrovata ad ascoltare i discorsi ininterrotti delle due coppie che avevo rispettivamente davanti e subito dietro. Entrambe sulla quarantina, una di probabile recente ‘formazione’, ancora nella fase dell’innamoramento, a giudicare dall’atteggiamento e l’altra, forse con una decina di anni di matrimonio, come emerso dal loro conversare. E, in mezzo noi, in assorto silenzio, con i nostri (a breve) 38 anni di matrimonio e 40 di frequentazione. Noi ci siamo già detti tutto (o quasi..), ho pensato.
Poi, una volta entrati, abbiamo ritrovato un altrettanto affollamento nelle varie sale, per cui non è stata impresa da poco ammirare le tele esposte; meno frequentate, ma sempre con un consistente afflusso di visitatori, anche le altre mostre presenti, L’altro ritratto e La magnifica ossessione, in cui vengono presentate in modo originale ed inedito molte delle opere di proprietà del museo stesso.
Quando siamo usciti dal Mart, ‘arricchiti’ spiritualmente e ancora un po’ infreddoliti, abbiamo dovuto risolvere il problema ‘cibo’, dato che tra una cosa e l’altra si era già all’ora della merenda (e a noi mancava ancora il pranzo…), accontentandoci di quanto passava il convento, vista l’ora e l’affollamento turistico (‘abbiamo finito tutto’ ci ha detto la cameriera di un piccolo ristorante) e rimandando ad una ‘casalinga’ cena il compito di riempire adeguatamente lo stomaco.
E ritornati a Trento, mentre percorrevamo le affollate strade del centro, illuminate dalle luminarie natalizie, abbiamo concluso che, prima di visitare il nuovissimo museo della scienza, il Muse, rifletteremo ben bene su quale possa essere l’occasione ‘giusta’ per evitare lunghe attese. Sì, saremo più attenti.

mercoledì 25 dicembre 2013

Auguri!!

 
 
 
BUON NATALE!!

giovedì 19 dicembre 2013

Operazione Biscotto


Bene, anche quest’anno è giunta a compimento l’Operazione Biscotto, la grande ‘campagna pre-natalizia’ che mi ha tenuta impegnata nella veste di (pseudo) pasticciera per produrre ‘regali-fai-da-te’ da distribuire ad amici e parenti. Nei quattro giorni di intensa attività, la cucina di casa ha visto l’utilizzo di qualche chilo di farina, quasi altrettanti di zucchero, una certa quantità di burro, una trentina di uova e poi lievito, uvetta, mandorle, gocce di cioccolato, farina di cocco, cioccolata, marmellata in un tourbillon di pesa, impasta, stendi, ritaglia, inforna, sforna, decora, inscatola e poi pulisci, lava, asciuga, riponi, fino a che, utilizzate tutte le scatole di latta della mia ‘dotazione’, acquisite anno dopo anno, non ho detto BASTA!
Sono quindi passata alla fase ‘insacchettamento’ in sacchetti di cellophane trasparente, con una giusta distribuzione delle varietà prodotte, alcuni biscotti al cocco, poi le ‘pastine all’uvetta’ e a seguire, le ‘tegole alle mandorle’, i kipfel alla vaniglia, un paio al cioccolato e, a concludere, i frollini all’arancia e altri farciti con la marmellata di lampone. Unici esclusi i simil cantuccini che, ahimè, rimasti quell’attimo in più nel forno, sono risultati un po’ ‘duretti’, finendo così per diventare la colazione di casa, giusto per non buttarli via…
Ed è stato a questo punto che è entrata in campo tutta la mia creatività (?) nel confezionare, uno dopo l’altro, i 25 sacchetti 25, più gli otto ‘alberelli biscottosi’ per i colleghi del virtuoso ritrovo del martedì. Dal mio ampio bagaglio di nastri, nastrini, corde e spaghi, boccine rosse, boccine argenteeo dorate, gingilli vari, ho scelto quelli più natalizi, un tripudio di rosso, argento e oro, più qualche bianco che, essendo un non colore, si abbina dappertutto e ho legato, annodato, infiocchettato, con tanto di decoro annesso, con pazienza (tanta) e perizia (abbastanza).
-Grazie al cielo non soffro di artrosi/artrite/dolori reumatoidi alle mani- ho pensato, mentre infilzavo con filo dorato qualche boccina dispettosa che aveva perso l’originario spaghino e ‘creavo’ piccoli fiocchi con sottili nastrini rossi -altrimenti sarebbe arduo portare a compimento il ‘lavoro’…-
Ma, infine, il risultato finale mi ha soddisfatta e vedere tutti quei sacchetti ben confezionati, uno vicino all’altro, ‘imponente’ prova di tanto lavoro, mi ha ripagato della pazienza e del dover ripulire tavolo e pavimento di tutti i ritagli di vario materiale che si erano via via accumulati e che sembravano moltiplicarsi…
Così, adesso c’è solo da superare la prova… assaggio. Ai destinatari l’ardua sentenza…
E per concludere con i preparativi pre-natalizi, da domani comincerà la fase due, vale a dire la preparazione, cottura, ecc. ecc. dei plum-cakes all’arancia, altra tipica ‘specialità’ di casa, che ha il suo gruppo di estimatori. Ne ho in programma un dieci-docici da cucinare, ma questa seconda ‘missione’ sarà senz’altro meno faticosa. Parola di ‘pasticciera’ ;-)



 
 

lunedì 2 dicembre 2013

Anche l'occhio vuole la sua parte...

Anche l’occhio vuole la sua parte, recita un tradizionale proverbio.
E anche il mio occhio sinistro ha deciso di volere ‘la sua parte’… di cure, grazie ad una cataratta che si è improvvidamente manifestata la scorsa estate.
Così stamattina, con una piccola borsa contenente il previsto abbigliamento ‘pigiama o tuta leggera’ come sottolineato sul foglietto delle prescrizioni pre-intervento e la canottiera altrettanto consigliata, mi sono recata, a piedi e da sola, al vicino presidio ospedaliero di Villa Igea, in cui si effettuano interventi in regime di day-hospital, pronta e disposta ad affrontare il destino…. interventista.
Sono stata ospitata in una stanza con sei poltrone, pronte ad accogliere i pazienti, scoprendo immediatamente di essere… la più giovane, dove due cordiali infermiere hanno cominciato la preparazione dell’occhio, ‘inserendo’ nella pupilla tutta una serie di gocce, dopodiché c’è stato il ‘trasporto’ in sala operatoria e l’incontro con l’oculista.
Pochi minuti di attesa e l’intervento è cominciato, senza alcun dolore né fastidio per la sottoscritta paziente, con l’unico effetto un po’ strano della ‘visione’ di una serie di macchie colorate e luminescenti.
E quando lo specialista ha detto ‘abbiamo finito’, sono scesa dal lettino con le mie gambe, per sedermi sulla ‘poltrona gestatoria’ che mi ha riportato alla camera… di partenza, nella quale, nel frattempo, era giunto l’amato consorte.
Il tempo di fare la rapida colazione, compresa nel trattamento day-hospital, di ascoltare le prescrizioni mediche e di essere ‘controllata’ e alle 10 da poco battute, ero già a casa. Naturalmente con una bella benda bianca sull’occhio, che fa tanto pirata e con la ricetta per l’acquisto di ben due colliri, che, ad ore ben definite, mi accompagneranno per i prossimi venti giorni.
Per concludere, il curioso fatto che tutti sei i pazienti della stanza, in cui ero ‘ricoverata’, sono stati operati all’occhio sinistro.
-Tutti sinistri- ha commentato scherzoso l’oculista che ha ‘contrassegnato’ con tanto di puntino blu la fronte sovrastante l’occhio ‘incriminato’.
Eh sì, tutti ‘sinistri’.
-Sinistri, come ‘comunisti’- avrebbe aggiunto il faceto Silvio B., se fosse stato presente –E in quel caso, ben vi sta!-

domenica 1 dicembre 2013

Vacanze romane: rapidissima sintesi

E i giorni romani sono trascorsi veloci, giorni intensi di visite, lunghe camminate, brevi pause, fotografie, tempo un po’ capriccioso, per una vacanza da ricordare a lungo.
Il nostro alloggio, un hotel in via del Viminale di fronte al teatro dell’Opera, si è dimostrato un’ottima scelta e per la posizione a breve distanza dai principali monumenti e per le sue ‘caratteristiche’, una stanza accogliente e silenziosa, pulita e luminosa, con un prezzo onesto e conveniente. Di qui ogni mattina siamo partiti alla scoperta della capitale, guide e cartina alla mano, mentre già nel primo pomeriggio del nostro soggiorno romano ci siamo ‘dedicati’ al Colosseo e ai Fori, al Campidoglio e al Vittoriano, alle chiese di S.Maria Maggiore e di S.Pietro in Vincoli, salendo poi la lunga scalinata di S.Maria in Aracoeli, proprio nell’ora del tramonto, osservando il volo di migliaia di rondini che si raggruppavano e si ‘disperdevano’, per poi riunirsi nuovamente e formare in cielo strane forme che si componevano e si disfacevano.
E dopo la cena, in quella prima serata, una lunga camminata per le vie del centro, senza una meta precisa, raggiungendo, quasi per caso, piazza del Quirinale e la fontana di Trevi, poi via del Corso e piazza di Spagna, tornandocene infine a passi veloci verso l’hotel sotto una pioggerella dispettosa che ci ha colpiti a tradimento.
Già, la pioggia… Una compagnia poco gradita che ci ha ‘rallegrati’ in diversi momenti: sotto forma di improvviso temporale con tanto di grandine appresso, mentre il mattino seguente siamo di nuovo nella zona dei Fori Imperiali e il venerdì mentre stiamo facendo una lunga coda in piazza San Pietro e poi il sabato, tra i viali di Villa Borghese, in direzione della Galleria d’Arte Moderna… Ma noi non ci siamo lasciati scoraggiare e, muniti di ombrelli e di stivali di gomma, testé acquistati, abbiamo continuato le nostre camminate di qua e di là dal Tevere, visitando chiese, musei, mostre, ammirando palazzi e piazze, fontane e scorci panoramici, con debite soste per il pranzo in tipiche trattorie, un caffè in qualche locale ‘speciale’, una puntata in questo o quel negozio che sembra interessante.
Negli ultimi tre giorni, infine, con condizioni meteo assai più favorevoli, abbiamo continuato nella scoperta di luoghi e monumenti, da Trastevere a Piazza del Popolo e di nuovo a Villa Borghese, da Campo de’ Fiori al Ghetto, per raggiungere Santa Sabina e il Circo Massimo e spostarci poi a San Giovanni in Laterano…
Insomma per usare le parole del consorte, abbiamo fatto un vero ‘trekking urbano’, che ci ha permesso di avere una visione complessivamente buona di questa grande città. Certo, ci sono molti altri luoghi di importanza storico-artistica che abbiamo tralasciato, ma questo può rappresentare una spinta per un’altra visita alla città eterna, possibilmente senza lasciar intercorrere altri 37 anni…
Perché a cento anni, quanti ne avrei in quella futura epoca, rappresenterei certamente un esempio di buon invecchiamento, ma dovrei sicuramente limitarmi ad una vacanza… più tranquilla. E magari mi dovrei accontentare di una minestrina in brodo, invece di apprezzare ‘cacio e pepe’, ‘puntarelle’ e un buon piatto di bucatini all’amatriciana…

martedì 19 novembre 2013

Vacanze romane

Era da tempo che ne parlavamo. Si potrebbe andare qualche giorno a Roma.. E se andassimo a Roma? Poi, come spesso succede, le idee rimanevano pie intenzioni, perché c'era sempre qualcos'altro da fare, un altro luogo da visitare e poi Roma 'no la scampa miga'...
Già, Roma è sempre lì e non scappa, è il tempo quello che corre in avanti.
E alla fine ci siamo decisi, in quattro e quattr'otto, partiamo di mercoledì (ché il martedì sera c'è a rassegna di film di montagna alla Sat e non vorremmo mica perdere una proiezione!!), prenotiamo un posto in cui dormire che sia abbastanza centrale e non necessiti dell'erogazione di un mutuo, prenotiamo un treno veloce, una Freccia Bianca che in circa quattro ore ci porta a destinazione, già che ci siamo prenotiamo pure i biglietti per i Musei Vaticani, per evitare una coda chilometrica, ci riforniamo di guide adeguate (quattro, perché noi siamo diligenti!!) e via andare...
Così domattina, partiremo noi due, da soli, alla scoperta della capitale d'Italia, per una vacanza novembrina di sei giorni complessivi e sperando di non 'beccare' il novembre più piovoso a memoria d'uomo...
E sarà davvero una scoperta, perché io, a Roma, sono stata una sola volta e ben trentasette anni fa...
 
Correva, infatti, l'anno di grazia 1976 quando giunsi nella capitale, con l'amica e collega Stefania, di ritorno da due settimane di vacanza culturale in quel di Napoli e Salerno.
Era un caldo sabato di luglio, quando scendemmo dal treno alla stazione Termini, con i nostri borsoni e ci recammo alla sede della Protezione della Giovane per cercare un letto su cui dormire. Il posto c'era, solo che ci fu qualche problema perché io, pur essendo giovane (non avevo ancora compiuto i 26 anni), ero... coniugata, quindi, le pie 'gestore' della struttura ebbero iniziali perplessità sul concedermi ospitalità, dato il mio stato civile...
Poi, probabilmente, prevalse un concreto senso degli affari -in quel periodo dell'anno la 'casa' non era molto affollata- e il letto mi fu concesso.
Cominciarono, quindi, i nostri quattro intensi giorni di visita, di cui ho ricordi a tratti un po' vaghi. Girammo per chiese, in alcune delle quali Stefania dovette paludarsi un ampio foulard attorno alle spalle un po' scoperte dall'estivo abito, visitammo i Musei Vaticani e la Galleria Borghese, pranzammo in piazza Navona, scegliendo i piatti meno costosi del menu, camminammo e camminammo...
Ricordo che Roma mi piacque tantissimo, così monumentale e 'bianca', dopo il colore scuro delle vie napoletane e mi auguro di provare anche stavolta identiche emozioni.
Vi farò sapere...

sabato 16 novembre 2013

Missione 'torghele'

Anche quest’anno siamo riusciti a portare a termine la ‘missione torghele‘ (o törggelen per dirla alla tedesca), vale a dire il tradizionale e autunnale appuntamento gastronomico in un tipico locale sull’altopiano del Renon, il Patscheider Hof.
Certo, non è stato facile far combaciare gli impegni di ciascuno dei partecipanti con le serate disponibili del ristorante e la ‘povera’ Silvana, che ormai da anni organizza la serata, ha avuto il suo daffare nel telefonare all’uno e all’altro, confrontare date, proporne di alternative, disdire e riconfermare, fino alla prenotazione ufficiale per il 14 novembre, giovedì.
Così, in una serata tipicamente novembrina, sotto una pioggia battente, partiamo da Trento poco dopo le 19, affrontando tutto il traffico pesante dell’Autobrennero, fino al casello di Bolzano Nord, prendendo poi la ripida strada, tutta un tornante, che conduce sull’altopiano. E, man mano saliamo, siamo sempre più avvolti in una coltre nebbiosa che sfuma i contorni e costringe Paolo F, il nostro ‘driver’, ad un’attenzione costante e ai paracarri che delimitano la strada e all’insegna segnaletica che indica il bivio per il Patscheider, da cui si diparte una stradicciola che conduce al locale, arroccato sul fianco della montagna, con la piana di Bolzano ai suoi piedi.
Quando arriviamo, l’ampio parcheggio è affollato di automobili, fra cui quelle degli amici che ci hanno già preceduto. Siamo infatti in undici a prendere posto attorno ad uno dei grandi tavoli nella caratteristica stube in legno, dalle cui finestre si dovrebbe godere di un notevole panorama (noi siamo sempre stati quassù in ore serali, per cui possiamo solo ipotizzare..); la grande stanza è al completo e risuona delle voci dei altri commensali, due gruppi, ben suddivisi tra italiani e ‘tedeschi’.
Ed ora il gradito e, sotto un certo aspetto, impegnativo compito di scegliere che cosa ordinare dall’ampio menu che offre una buona scelta di piatti della cucina tradizionale altoatesina, cucinati con cura e competenza. Anche stavolta rimaniamo pienamente soddisfatti di quanto prescelto, nel mio caso una vellutata di castagne e delle costine di maiale con patate e cavoli cappucci, con un dolce finale più delle castagne arrosto, accompagnate da un bicchiere di mosto.
Restiamo a lungo seduti attorno al desco, occupati in ampi e amichevoli conversari e sono già le 23, quando riprendiamo la via di casa.
Sta ancora piovendo, seppure con minore intensità e cominciamo a scendere verso Bolzano e l’autostrada, ammirando le luci della città che risplendono nella notte, ora nitida e ‘ripulita’ della bassa foschia che ci aveva ‘accompagnato’ nel viaggio di andata, quindi, percorsa un Autobrennero, a quest’ora pressoché priva di traffico, ce ne torniamo alle rispettive dimore, sazi e soddisfatti.
E se andassimo al Patscheider, una volta o l’altra, nella bella stagione, per una merenda sull’ampia e soleggiata terrazza con vista sul Catinaccio e sul fondovalle? Non sarebbe una brutta idea!!

mercoledì 13 novembre 2013

Di vento e di incontri...

Non saremo per caso stati trasportati nottetempo in quel di Trieste, la città che molti disinformati credono sia separata da Trento da un ‘modesto’ ponte, mentre dista esattamente 326 km (185,05 in linea d’aria), ho pensato l’altra notte, svegliata da potenti raffiche di vento, in perfetto stile ‘bora’, che ululavano, muggivano, rimbombavano fra il complesso di condomìni dove abitiamo.
E invece no, ho appurato al mattino, osservando dalla grande vetrata del soggiorno il consueto panorama, con il monte Bondone a fare da sfondo, la selva di case e ‘palazzi’, dominati dall’alto del nostro settimo piano e le alte conifere del giardino della vicina casa di riposo ‘scosse’ in una frenetica danza… ventolosa, no, siamo sempre nella città del Concilio…
Poi, recandomi alla consueta attività ginnica, con i capelli che il vento acconciava in originali ‘alzate’ con volute a mo’ di capitello ionico e immediate ‘ricadute’, mentre stringevo con forza il tappetino blu che sembrava anelare a fughe in libertà e tutt’attorno mulinavano foglie, carte, residui di vario materiale ‘leggero’, con qualche rametto d’albero in sovrappiù, sperando di non incocciare nella tegola volante o nel ramo divelto, mi è venuto alla mente l’incontro che avrei avuto nel pomeriggio con le Girasole.
-Vi aspetto a casa mia- aveva scritto via mail la socia fondatrice Renata –per un casalingo ‘torghele’, preceduto da una salutare passeggiata lungo tranquille vie collinari.-
Una merenda-cena in compagnia, con castagne, due tartine, un ‘tortèl’ di patate, uno strudel e tutto quello che l’operosità delle socie avrebbe prodotto. Una bella idea, certamente, ma una passeggiata proprio in una giornata come questa, con un vento che soffia alla velocità di circa cento km all’ora?
E infatti c’è stato un cambiamento di programma: niente camminata ‘salutista’, ma il raduno direttamente nel confortevole salotto della nostra amica, dove ci siamo ritrovate a schieramento quasi completo, attorno alla tavola imbandita. Un assaggio e una chiacchiera, una chiacchiera e un altro assaggio, abbiamo fatto onore ad ogni piatto, in una calda atmosfera conviviale, al riparo da qualsiasi intemperanza meteorologica.
Poi, quando le nove erano già scoccate, la proposta di Giuliana di scendere, ella ed io, a piedi in città, alle rispettive dimore.
‘Ma siete impazzite? Con questo vento? Tutta quella strada? E se incontrate qualche malintenzionato?’ le reazioni, tra lo sconcertato e lo stupefatto, delle amiche. Ma noi, impavide, ben protette con tanto di berretto e sciarpa, ci siamo incamminate nella notte stellata, approfittando di un’insperata pausa ‘ventolosa’ e, passo dopo passo, tra un discorso e l’altro, senza incontrare anima viva, siamo arrivate in piazza Fiera, dove le nostre strade si sono divise.
Circa quaranta minuti di cammino, giusta conclusione di una serata piacevole e ‘calorica’, tanto per tenerci in esercizio. E poi, non era forse in programma, la passeggiata? ;-)

E a proposito di ritrovi conviviali, sta cominciando un periodo di overdose… culinaria. Solo questa settimana abbiamo in previsione due cene, una sull’altopiano del Renon, in un tradizionale appuntamento con i consueti amici di viaggio e di montagna e l’altra, sabato, in casa di altri amici, per non parlare del pranzo di famiglia, domenica prossima, per festeggiare i 30+30+5 dell’amato consorte, un importante traguardo che gli consentirà di usufruire di (modesti) sconti sui biglietti di entrata a musei e/o altre attività culturali... Comincio a nutrire timori per la situazione del mio guardaroba.. ;-)

giovedì 7 novembre 2013

Come Anna Frank

Ieri hanno riecheggiato, in Italia e fuori dei confini nazionali, le accorate parole di quell'anziano padre, perseguitato da una congiura Komunista-demo-pluto-giudaico (et similia), che ha denunciato urbi et orbi la terribile situazione dei suoi cinque figli. Si sentono perseguitati come gli ebrei in Germania, sotto Hitler, ha detto.
Poffarbacco, ho sobbalzato, colpita al cuore come solo una madre può essere.
Poffarbacco, ho pensato, poveri ragazzi, speriamo non abbiano a soffrire dure limitazioni della libertà personale, del tenore di vita, finanche del cibo e dello spazio, che non diventino dei novelli Anna Frank del ventunesimo secolo, in altre parole.
Poi, però, un pensiero dispettoso ha fatto capolino nella mia mente: se ciascuno di essi si rifugiasse in una delle dimore di famiglia, anche scelta a caso, di sicuro avrebbe spazio a sufficienza per mantenere quella smagliante forma fisica che, a giudicare dalle foto ricorrenti su patinate riviste, li caratterizza.
E il sollievo mi ha riempito l'animo di gioia, permettendomi di tornare, rasserenata, alle domestiche attività.
Tutt'al più, ho pensato, mentre tagliuzzavo le verdure per un autunnale minestrone, andasse poi così male, ci sarebbe sempre il numero di telefono della Guardasigilli...

lunedì 4 novembre 2013

Domande quasi tormentose...

E' un periodo, questo, di scarsa televisione. Spenta durante il giorno, più per pigrizia che per totale disamore, di solito viene accesa dopo le 19,30 per seguire il tg3 locale e da quel momento in poi diventa una presenza di sottofondo, talora seguita, spesso 'dimenticata' mentre siamo in altre faccende affaccendati. Sempre, comunque, sintonizzata su Rai3, con qualche sporadico 'salto' su Skype, (lasciatoci 'in eredità' dal figlio, uscito di casa e che noi siamo troppo pigri per disdire) per seguire la Bbc, in un volonteroso tentativo di migliorare la mia capacità di comprensione della lingua d'oltremanica. Così andiamo di Fazio, Gabanelli, Floris, mentre saltiamo a piè pari l'angosciante Chi l'ha visto e magari ci appisoliamo davanti al giovane Angela; prima, però, cerchiamo di non perdere Blob, che diventa un po' il modo per sentirsi aggiornati su tutto quanto 'circola' per i canali televisivi.
E proprio stasera, mentre il consorte si stava apprestando ad uscire di casa, sfidando le noiose intemperie di questa giornata novembrina, per il mensile impegno del direttivo Sat ed io ero già seduta in poltrona, con il portatile a portata di mano, il mio sguardo è stato calamitato da un'immagine proveniente dallo schermo che mi ha causato un istintivo sobbalzo: una creatura di sesso femminile, di età indefinita, un po' scarmigliata, che sembrava direttamente uscita da una festa di Halloween, discuteva animatamente con signori eleganti dall'aspetto distinto.
Chi mai sarà, mi sono chiesta.
Era la cantante Anna Oxa, partecipante alla gara di ballo del sabato sera, con qualcosa sull'alta e spaziosa fronte che la rendeva quasi irriconoscibile. Ed io, che non ho capito cosa ella avesse sul viso, sono ancora qui che mi arrovello e mi tormento, senza trovare una risposta... Mi auguro solo di non perdere il sonno!! 

sabato 2 novembre 2013

Come un istante deja vu...

Ieri sera siamo andati al cinema con Patrizia e Ugo per vedere il film La prima neve, che in questi giorni, qui in Trentino, sta facendo registrare ottimi incassi, probabilmente perché ambientato nella vicina valle dei Mocheni, con splendide fotografie e un bravo attore giovane, l'undicenne Matteo che recita con naturalezza usando il dialetto locale (senza particolari pregi il resto).
Poi, finita la pellicola, ci siamo fermati a cena nel piccolo ristorante annesso al cinematografo, per un veloce pasto in una cordiale atmosfera tra amici, quindi siamo usciti nella notte novembrina per tornarcene alle rispettive dimore.
Era una sera tiepida, nonostante un certo tasso di umidità, che invogliava a fare due passi 'digestivi', prima di tornarcene alle rispettive dimore. Così ci siamo incamminati, i due 'signori' davanti e le consorti qualche metro dietro e mantenendo sempre la stessa distanza abbiamo percorso il lungo sottopasso ferroviario che collega il corso Buonarroti, dove si trova il cinema, alla stazione e al centro della città. Sempre in formazione due più due, abbiamo attraversato piazza Dante e raggiunto le vie centrali, fino a piazza Duomo, con i tavolini dei caffè ancora affollati nonostante l'ora tarda.
Così, con quell'abitudine dei tempi giovanili 'compagneme ti che dopo te compagno mi', abbiamo continuato la nostra passeggiata, per un tratto verso casa nostra, poi verso casa loro...
Ed è stato allora che mi sono tornati alla mente episodi di gioventù quando i rientri erano lunghissimi perché ci si accompagnava per un tratto, poi si ritornava sui propri passi per accompagnare gli amici che abitavano in direzione opposta, ritornando ancora assieme per quelle decine di metri, ripercorsi poi nuovamente a ritroso, perché c'era un discorso da finire, qualcosa da raccontare... e il ritorno a casa diventava un percorso.... ad elastico, un 'molla e tira, tira e molla' prima di salutarsi definitivamente.
Bei tempi, quelli. Ma anche adesso, ho concluso, mentre, accomiatatici da Ugo e Patrizia, ritornavamo a passi veloci verso casa, quando mancavano pochi minuti alla mezzanotte. Siamo qui, in una serata gradevole, come quando eravamo giovani 'morosi', a godere delle piccole e grandi gioie della vita. E speriamo di averne ancora molte!!

giovedì 31 ottobre 2013

Dolcetto o scherzetto?

L'americana nonna Donna, coinquilina del secondo piano, ha suonato stamane alla nostra porta, mentre eravamo ancora in déshabillé (ma essendo ella in vestaglia non c'era da farsi problema) per preannunciarci la visita serale dei nipotini e amichetti annessi, nella tradizionale questua del 31 ottobre, festa di Halloween.
-Possono salire e suonare da voi?- ha chiesto -All'incirca tra le 6 e le 8...
Già, è giunto anche quest'anno il momento di 'dolcetto o scherzetto', o 'trick or treat', per dirla all'inglese..
Peccato però che a quell'ora noi saremmo stati al cinema Vittoria, per la settimanale rassegna che seguiamo ormai da anni il giovedì sera...
-It doesn't matter- ha concluso nonna Donna -non importa...
Ma mi spiaceva lasciare a bocca asciutta i 'cercatori di dolcetti', tanto più che nel nostro condominio di 'diversamente giovani' non so quanti siano disposti a ricevere streghette e fantasmini, così ho fatto una rapida puntata al supermercato vicino a casa e me ne sono tornata con alcune confezioni di dolci al cioccolato fra cui le reclamizzate barrette che aiutano a diventare grandi, delle caramelle con una nocciola al loro interno e una serie di monete dalla carta d'oro e d'argento.
Una volta a casa, ho tolto il tutto dai rispettivi sacchetti e, dopo un indispensabile assaggio (non vorrete che offra dolci di scadente qualità ;-) ?), li ho raccolti in un sacchetto trasparente con tanto di fiocco rosso e l'ho portato a Donna.
-God bless you!- mi ha ringraziata con la sua voce argentina -Tu sì che conosci i bambini!! Grazie, grazie, grazie!!-
Bene, ho pensato, anche quest'anno ho fatto la mia buona azione... di Halloween. Mi auguro solo di non contribuire ad accrescere i proventi di qualche dentista...
E tornando verso casa, dopo il cinema, abbiamo incontrato alcuni gruppi di giovanissimi mascherati, con mamme al seguito, che stringevano tra le mani borsine e sacchetti con i propri bottini.. dolciari, che magari poi rimarranno dimenticati sul comodino e in qualche cassetto (sempre che non ci sia un adulto a dare una mano... nel consumarli!!)

mercoledì 30 ottobre 2013

Giornate d'autunno


Domenica 27
E mentre il consorte stava riprendendosi dal malessere improvviso che l’aveva colpito a tradimento (‘mi? Proprio mi, che no son mai malà?) e mentre i bravi cittadini trentini cominciavano a recarsi ai seggi per scegliere il nuovo Consiglio Provinciale, la sottoscritta, in compagnia di altri 23 ‘appassionati’ si inerpicava lungo ripido sentiero, a tratti sdrucciolevole, sulle pendici del monte Bondone, a due passi da casa, in un’escursione suppergiù a chilometri zero. Una bella faticata, in una giornata grigia e bigia, che ha regalato a molti di noi rivoli su rivoli di sudore, tanto da farci emergere dal folto del bosco, negli ampi spazi aperti della parte alta, completamente ‘zuppi’ e che ha fatto solennemente proclamare a molti di non avere MAI Più intenzione di ripetere tale esperienza. Poi, come sempre accade, alla fine della giornata sono prevalsi i ‘contorni’ positivi che hanno controbilanciato la fatica, il trovarsi tra amici, il conversare in allegria, il momento del pranzo, la piacevole passeggiata (pianeggiante!) del pomeriggio, la sosta in attesa della corriera di linea per il rientro, al caldo in un bel locale ‘alpino’ con invitanti torte che hanno indotto diversi a peccati di gola…
Infine, una volta a casa, il ‘compimento’ del proprio dovere di cittadino nella sezione di pertinenza, nel segreto dell’urna, mentre già sono scese le ombre della sera…
 
Lunedì 28
L’ansia di conoscere i risultati elettorali è forte e cominciamo presto, il consorte ed io, a consultare il sito Internet della Provincia Autonoma, dove l’andamento dello scrutinio è aggiornato in tempo pressoché reale. E tale è il coinvolgimento che, accampando un residuo accenno di mal di schiena, preferisco rimandare al prossimo giovedì il rientro alle fatiche della palestra, rimanendo ‘inchiodata’ davanti allo schermo. Con nostro sollievo, il successo della coalizione da noi votata ‘emerge’ già dai primi risultati e diventa sempre più evidente man mano giungono i dati delle sezioni scrutinate, così nel tardo pomeriggio anche noi partecipiamo alla festa gioiosa del ‘nostro’ partito, in una birreria della città, dove, tra gli altri, incontriamo vecchi amici di gioventù che non vedevamo da tempo. Ed è un ritrovarsi pieno di soddisfazione, di speranze e di auspici per il futuro, nostro e dell’Italia intera…
‘Speriamo che prevalga il senso di responsabilità e i personalismi vengano lasciati in disparte, lavorando per il bene comune e non pro domo sua’- sostiene un’amica. Parole che non posso non condividere.
 
Martedì 29
Sotto una pioggia battente che ci ha ‘deliziato’ per tutta la notte, cullandoci con scrosci ripetuti, affronto impavida l’intemperie per il consueto virtuoso ritrovo con gli amici-colleghi ora ‘diversamente lavoratori’ e, com’era facile prevedere, i discorsi vertono principalmente sul risultato elettorale. Siamo solo in tre, quest’oggi, e tutti soddisfatti dell’esito, pur con qualche differenza individuale che si manifesta nell’innato scarso ottimismo di Gualtiero che vede già profilarsi all’orizzonte problemi di ‘convivenza’ tra le diverse anime che compongono la coalizione vittoriosa.
-Agli eventuali problemi penseremo domani- gli rispondiamo –lasciaci, oggi, ‘gustare’ la vittoria…-
Nel pomeriggio, infine, le consuete ore di volonterosa attività nel negozio equo-solidale, in questo periodo caratterizzato da una calma piatta, con un volume di vendite più contenuto. Ci stiamo comunque preparando per il Natale prossimo venturo e già stanno arrivando i primi addobbi e i primi presepi, che vengono scrupolosamente controllati e preparati per quelle che, speriamo, saranno le giornate ‘calde’ del grande afflusso dicembrino.
E senza mai essere abbandonati dal maltempo, se non per brevi pause. Sì, tra il ritorno all’ora solare e questa tipica atmosfera, umida e tetra, possiamo proprio dire di esserci avviati verso il lungo inverno…

sabato 26 ottobre 2013

Al voto, al voto!

Domani andremo a votare per il rinnovo del Consiglio Provinciale, che da noi, essendo provincia autonoma, 'vale' quanto quello regionale del resto dell'Italia, addirittura con maggiori prerogative rispetto alle regioni a statuto ordinario. Undici candidati per la carica di presidente, più di settecentocinquanta (750!!) candidati per i 35 posti di consigliere provinciale, sparsi in una pletora di liste, con una moltiplicazione di sigle da fare invidia alla più famosa ed evangelica 'moltiplica' dei pani e dei pesci e capaci di ingenerare qualche confusione tra i meno informati, tanto alcune sono simili nella 'denominazione'.
Una campagna elettorale con le consuete distribuzioni di 'santini', un'ampia pubblicità sulle pagine dei quotidiani locali, sui quali volti e slogan ti venivano incontro pagina dopo pagina, incontri, comizi e l'arrivo in loco di alcuni big nazionali, a sostegno di questa o quella lista, Matteo Renzi, Guglielmo Epifani e il 'moderato' Grillo in primis.
E tutti a presentarsi come il 'nuovo' che avanza, capace di risolvere e questo e quel problema e, già che ci siamo, anche quelli a venire, con molti a gridare 'contro' e altri, che, dimostrando scarsissima memoria di un recente passato, si ammantano di una fittizia verginità, confidando in un'altrettanta smemoratezza degli elettori.
Come andrà a finire? Riuscirà la 'nostra' coalizione a vincere, con il candidato presidente, uscito vincitore dalle primarie, che non è certo quello che avremmo voluto? Oppure avrà la meglio il patron della squadra di volley, pluricampione d'Italia, che 'capeggia' la coalizione avversa? E il movimento 5Stelle? E la Lega e Forza Trentino e le altre formazioni di destra che, grazie al cielo si presentano in ordine sparso? E quale sarà la percentuale dei votanti? Tutte domande che avranno adeguata risposta nella giornata di lunedì, al termine dello scutinio...
Da parte mia, l'unico dubbio che mi pervade è a quali dei candidati del mio partito assegnare le tre preferenze a disposizione. Sono alcuni giorni che ci penso, ci ripenso, le sposto e le risposto... Mi sa che deciderò nel segreto della cabina elettorale, domani sera, al ritorno dalla montana escursione.
Per quanto riguarda gli acciacchi (dell'età e di stagione), se il mio mal di schiena si può dire risolto, anche grazie ad un anti-infiammatorio, tanto che domani sarò presente alla penultima delle uscite stagionali, è stata la volta del consorte a cadere... e non sulla via di Damasco, ma vittima di improvvisa febbre. Tutto ha avuto inizio stanotte, quando il poverello ha cominciato ad avvertire i primi sintomi del malessere e la sottoscritta lo ha immediatamente 'soccorso', con aspirina, ricerca del termometro, bevanda calda. E quest'oggi, se n'è rimasto a riposo, come farà domani...
Speriamo solo che trovi la forza di andare a votare: non si può sprecare neppure un voto!!

mercoledì 23 ottobre 2013

Malesseri

Tutto è accaduto in un amen, stamattina, mentre ero intenta ad una sessione di stira (e poi ammira il risultato…), affrontando con zelo e vigore (forse troppo) quella pila di indumenti vari, biancheria per la casa, ecc.ecc, che da giorni occupava una sedia nella ex camera dei figli. Mi stavo chiedendo come potessimo, il consorte ed io, da soli, essere i ‘responsabili’ di cotanta roba (e non è che fosse passato chissà quanto tempo dalla precedente ‘seduta’), quando…. ahiiii!, sono stata colpita a tradimento da un’improvvisa fitta alla schiena, zona lombare, che non mi ha più abbandonata per tutto il giorno.
Lanciando fra me e me le debite maledizioni e trattenendo a stento qualche lamento, mi sono affidata ad un’aspirina per affrontare gli impegni già prefissati, suscitando nel contempo la perplessità e l’ironia del coniuge.
-Ma ‘ndo vot nar?- ha chiesto, vedendo i miei cauti movimenti nel prepararmi ad uscire di casa.
Oggi, infatti, martedì, è il giorno del virtuoso ritrovo con gli ex colleghi, ormai tornato negli ‘alloggiamenti invernali’ (= all’interno del bar) per un conviviale caffè e , al pomeriggio, c’è il volonteroso volontariato a Mandacarù.
Sì, avrei potuto disdire e l’uno e l’altro impegno e invece sono andata, ho incontrato gli amici, bevuto il mio caffè, conversato amichevolmente, fatto un salto dal fruttivendolo in piazza per un’indispensabile spesa, tornata a casa e cucinato il pranzo, il tutto senza dare ascolto a quel dolore, ora più forte, ora più sopportabile. Quindi, nel pomeriggio, sempre con un consorte che scuoteva perplesso la testa (-te scrivo mi la giustificazion- mi ha ironicamente proposto), ho indossato i panni dell’efficiente (?) cassiera e mi sono presentata alla bottega.
-Non sono al meglio- ho spiegato alle responsabili –e spero di farcela a star qui tutta la sera…-
Va bene, hanno risposto, vedi tu.
Così ho messo bene in vista il cartellino da volontaria, con il nome scritto stampatello, ho inforcato gli occhiali e mi sono sistemata dietro la cassa. Le quattro ore d’ordinanza sono trascorse, a tratti con lentezza, in altri momenti più veloci, a seconda della clientela presente e per fortuna, stringendo un po’ i denti, sono riuscita a mantenere la postazione fino all’ora di chiusura.
Invece, per la serie ‘il brivido dell’imprevisto, è stata un’altra volontaria a farci vivere qualche attimo di apprensione, a causa di un improvviso mancamento, mentre stava sistemando della merce appena arrivata nel retrobottega. Immediatamente le responsabili hanno chiamato il 118 e la tranquilla atmosfera della bottega è stata movimentata dall’arrivo dell’ambulanza, con ben tre addetti, con barella e armamentario al seguito. E la signora, che nel frattempo si era ripresa, è stata comunque accompagnata al Pronto Soccorso, (per scrupolo, ha sostenuto, l’infermiere ‘capo’) distesa sulla barella e ben legata con le apposite cinghie, nonostante qualche timida protesta e l’assicurazione di essere in grado di raggiungere l’ambulanza con le proprie gambe.
-Signora, ascolti me e si stenda. Su, da brava…-
Di fronte alle decise parole dell’operatore sanitario, non le è rimasto che obbedire. Speriamo che non sia stato nulla di grave…
 
 

domenica 20 ottobre 2013

Sabato e domenica

Di nuovo il fine settimana. Un sabato ‘socialmente’ operoso, con una ‘chiamata’ extra da Mandacarù (non so come domandartelo…, potresti venire, almeno un’ora o un’ora e mezzo, sabato mattina?) alla quale non ho potuto dire di no, un paio d’ore circa alla cassa e, nel pomeriggio, con il banchetto dello scambio libri alla castagnata di un quartiere della circoscrizione.
Un appuntamento fisso, questo della metà di ottobre, che si tiene in una strada per l’occasione chiusa al traffico lungo il torrente Fersina, con il concerto della banda, il recital di alcuni poeti dialettali, la visita guidata alla parte più antica della zona, la musica, la cottura e successiva distribuzione delle castagne nonché delle torte, che solerti mani hanno preparato per l’occasione e di bibite di varia specie. Poi l’angolo dove intraprendenti bambini mettono in vendita giocattoli e oggettistica varia, con di fronte il gazebo degli scout, affollatissimo, e poco più in là, due bancarelle che vendono frutta e verdura direttamente dal produttore al consumatore e noi, ovviamente, con il nostro gazebo, tre tavoli e due panche sui quali, al mio arrivo, trovo già disposti decine e decine di libri, di ogni genere e di ogni ‘stato’ (nuovi, seminuovi, decisamente usati…).
E qui mi appresto, per le circa tre ore del mio ‘servizio’, ad esercitare le nobili virtù della pazienza e della tolleranza, le quali, ahimè, non sempre fanno parte delle mie prerogative, nei confronti di quei visitatori che rovistano, rovesciano, fanno cadere, cercando sempre qualcosa che non c’è, passano di qua, si spostano di là, te li trovi dietro la schiena.. Poi la signora straniera, probabilmente una badante, che ti chiede se abbiamo libri in russo e il giovanotto che cerca dei testi ‘storici’ e la nonna che vorrebbe qualcosa di piacevole per il nipotino e quell’habitué che ‘piomba’ come un falco non appena arriva qualcuno con una sporta piena di libri… Insomma, un bel condensato di umanità, con volti che abbiamo imparato a conoscere in questi anni e tanti tra amici e conoscenti che passano di là per un saluto, due chiacchiere, uno scambio.
Non c’è da annoiarsi, insomma. E anche noi, al banchetto, riceviamo il cartoccetto d’ordinanza delle castagne, buone, con un paio di assaggi delle casalinghe torte (io ‘scelgo’ un micro-pezzetto della mia, per rendermi conto di com’era riuscita…). Una torta, la mia, (ché oramai è diventata una consuetudine quella di portare un dolce fatto con le mie mani sante...), che, ad un certo punto, per un movimento ‘inconsulto’ dell’addetta alla distribuzione, è caduta violentemente a terra dalla sua ‘postazione’. LA MIA TORTA!!! ho gridato con voce quasi strozzata, assistendo all’incidente. Per fortuna è una torta ‘compatta’, ho aggiunto, perché ha corso il rischio di subire un trauma cranico quasi irreversibile… Lascio al lettore immaginare il volto stupito dell’addetta, che non si rende subito conto della mia ‘parentela’ con il dolce stramazzato a terra e, per fortuna, riemerso indenne (era ancora nel suo stampo di alluminio e ben incartato in un metro o più di argenteo involto).
Quindi me ne torno a casa, con un paio di libri interessanti (o almeno spero lo siano) e la giornata si conclude con una cena a dieci, nella casa di montagna degli amici Gabrio e Carla, con il consorte in veste di cuoco che già è in loco da metà pomeriggio. Io lo raggiungerò più tardi, con gli altri partecipanti e tutti assieme parteciperemo con impegno e appetito al gradito compito di assaporare i piatti preparati con la consueta perizia dal valente chef.
 
Oggi, domenica 20 ottobre, nessuna escursione in programma, perché è la giornata conclusiva del 119° Congresso della Sat, che quest’anno si è tenuto a Malè, con corteo, Messa, relazioni e interventi al teatro del paese e pranzo conclusivo.
No grazie, ho detto al consorte, io ‘salto’ il turno. Va’ pure da solo…
Così lui, con altri trenta soci della nostra sezione, il presidente Paolo F. in testa, si è recato a Malè con il trenino che risale le valli di Non e di Sole, quello che in tempi lontani era chiamato la ‘Vacca Nonesa’ ed io sono rimasta a casa. E in questa grigia giornata, con una pioggia scrosciante nel pomeriggio, ho fatto di tutto e di più, una passeggiata mattutina, il pranzo a Ravina, a casa di fratello e cognata, il ritorno in città a piedi, lungo l’Adige, passando davanti al nuovo museo della scienza, il Muse, qualche lettura, un giro qua e là per i blog e, per finire in gloria, quei compiti di inglese, che la teacher ogni settimana mi assegna. E sarebbe proprio grave se un’ex insegnante brillasse per scarsa diligenza!

giovedì 17 ottobre 2013

Pomeriggio con relax...

E’ un’altra bellissima giornata ottobrina, questo 17 ottobre, cielo azzurro e sereno, sole splendente e temperatura gradevole, l’ideale, insomma, per una passeggiata ‘fuori porta’, perlomeno nelle ore più calde.
E invece che cosa fanno due giovanili pensionati, liberi da impegni di sorta? Indossano comode scarpe da passeggio e abiti sportivi per recarsi nei dintorni e compiere una salutare camminata? O, almeno almeno, compiono i rituali quattro passi post prandiali per una migliore digestione?
No, cari lettori, niente di tutto questo. I due, consumato il fiero pasto, leggi una pasta con le zucchine e un’abbondante insalata, si trasferiscono dal tavolo di cucina al divano e/o poltrona del soggiorno, forse a tre/quattro metri di distanza e di là non si schioderanno, ignorando sole, cielo azzurro, temperatura invitante, per buona parte del pomeriggio.
E cosa fanno, si chiederà qualcuno, si dedicano ad importanti letture, ad elevate attività intellettuali, ad un arricchimento culturale? No, niente di tutto ciò, ma si applicano con impegno e dedizione ad un sano ozio… mentale. In verità bisognerebbe usare il singolare, perché il consorte prosegue nel compito di predisporre proposte e programmi di escursioni ‘alpine’ per la stagione 2014 e non perde occasione di sollecitare la sua signora a seguire il suo esempio, ché la commissione gite della Sat è in attesa di indicazioni concrete.
Sì, lo farò, risponde lei. Domani, dopodomani o dopodomani l’altro…
La calma piatta del pomeriggio si interrompe verso le 17.15, quando, a sole ormai tramontato, i due tranquilli pensionati lasciano la magione per recarsi in centro, al cinema Vittoria, per la settimanale rassegna cinematografica ‘serate in forma di cinema’. Con un certo anticipo, in modo da ‘prenderla alla larga’, percorrendo tutto il lungo Fersina, giusto quei due passi per tentare di arginare l’apporto calorico della merenda (ché, lo stare in casa, stimola pure l’appetito… ). Poco prima delle 18 i due sono al cinematografo, pronti alla visione del film Stoker, sul quale nutrono discrete aspettative. Ma mal gliene incoglie, perché la pellicola è deludente assai e per di più con scene di violenza del tutto gratuite, per fortuna precedute da un crescendo musicale da fare invidia a Rossini, cosicché la sottoscritta distoglie immediatamente lo sguardo….
E, nel tornare a casa, finito di commentare, delusi, il film, i due pensano a salutari programmi per l’indomani, sempre che la situazione meteo sia favorevole: perché no un mini pic-nic con due panini di speck farciti (che già è in frigo da qualche giorno) e quattro clementine o due mele al Bosco della città, un grande parco collinare a poco più di mezz’ora da casa?
Ce la faranno in nostri eroi o la ‘calma da pensionato’ avrà ancora una volta la meglio? Ai posteri l’ardua sentenza!
Scherzi a parte, stamattina ho compiuto il mio ginnico dovere nella consueta (e fredda) palestra, dove la gym-teacher Daniela ci ha rifilato una serie di esercizietti niente male… Mancavano il ‘lachini’, l’aratro e la ‘riverenza’ e saremmo state al completo.

mercoledì 16 ottobre 2013

Solo per te, amica Corvia (o quasi)

Se qualcuno fosse interessato, meglio, se tu, amica Corvia, penso unica lettrice di queste pagine, fossi interessata a conoscere le nostre avventure in terra di Namibia, passa sull'altro blog, quello dove ho 4/5 lettori e 2/3 commenti, cioè
cautelosa.wordpress.com
Là ci sono le cronache dell'intero viaggio.
Aggiungo anche l'indirizzo del sito dove poter 'ammirare' le foto scattate dall'amato bene:
picasaweb.google.com/paoloweb48/NAMIBIA2013
Il consorte ringrazia anticipatamente i visitatori e non 'esige' commenti...

Di riscaldamento e di dolci...

Tra le motivazioni addotte dall’amministratore condominiale sulla ritardata accensione del riscaldamento (il nostro era l’unico ‘palazzo’ al freddo tra tanti edifici a noi vicini con camini fumanti) c’è stato il timore di lamentanze di quegli inquilini che ritengono di pagare una bolletta energetica troppo elevata.
Ma che bella pensata, ho riflettuto, partorita sicuramente da menti eccelse. Perché avremo sicuramente risparmiato, con i termosifoni spenti, una cifra X, ma nel contempo abbiamo altrettanto sicuramente speso una cifra Y, pari se non superiore, per attivare forme alternative di riscaldamento. Come la signorina Adele, inquilina del quarto piano, che, mi ha spiegato, ha tenuto accesa per tutta la domenica una stufetta elettrica. Solo così, ha aggiunto, è riuscita ad avere una temperatura accettabile, attorno ai 19 gradi.
Insomma, per dirla alla trentina ‘el tegn dala spina e ‘l mola dal borom’, proverbio di origine contadina, che, usando un gergo da cantina riferito alle botti, si ‘applica’ a colui che guarda le piccolezze e poi non vede la ‘catastrofe’.
Da parte nostra, invece, essendo sprovvisti di qualsiasi mezzo alternativo (‘dovente alora procurarne dele stufete?’ ha chiesto ironicamente il consorte al citato amministratore), siamo ricorsi al forno elettrico, tanto per stemperare un po’ (‘fra ‘n po’ me toca meter le man en tel forno, per scaldarle..’). Ed è stato allora, lunedì nel tardo pomeriggio, che ho deciso, vista la situazione, di ‘far di necessità virtù’ e, giusto per utilizzare a scopi più adeguati il forno in attività, di impastare in quattro e quattr’otto una casalinga torta della serie ‘su e via’, con quegli ingredienti che comunemente si trovano nelle dispense.
Detto e fatto, ho sbattuto tre uova intere con una quantità di zucchero bianco di circa 75/80 grammi, quella cioè contenuta in un vasetto (usato come misurino) dello yogurt più una bella cucchiaiata di zucchero grezzo e una bustina di quello vaniglinato, tanto per non fare torto a nessuno e, quando il composto è stato ben montato e spumeggiante, ho aggiunto circa mezzo vasetto di olio di semi. Di mais, quello che tengo in casa solo per i dolci, perché l’extravergine risulta troppo forte. Poi, a seguire, un vasetto di yogurt, magro, perché avevo solo quello e un tre etti e mezzo tra farina e fecola (50 grammi) più la solita bustina di lievito per dolci, senza comunque dimenticare un pizzico di sale, che, si dice, vada sempre bene…
A questo punto ho sbucciato e tagliato a piccoli pezzi due pere abate (andrebbe bene qualsiasi altra varietà, naturalmente) che ho aggiunto all’impasto, concludendo con una manciatina di uvetta, precedentemente lavata, asciugata e infarinata.
Quindi non mi è rimasto che versare il tutto in uno stampo (abbastanza grande) da plum-cake, ché io ho molta simpatia per torte di questa forma, ovviamente imburrato e infarinato e infilare il tegame in forno, che, come si può immaginare, era già bello caldo (180°). 50 minuti di cottura ed ecco qui il mio ‘prodotto’, lievitato al punto giusto con una bella superficie brunita e con le giuste ‘screpolature’.
E, last but not least, veramente buono, come ha confermato l’amato bene, notoriamente non ‘di bocca buona’, ma talora critico (ovviamente per il mio bene, come ci tiene a precisare) e come è stato dimostrato dalla veloce… ‘decrescita’ del dolce….
Lo scoprire, poi, che i termosifoni cominciavano a rilasciare un modesto, ma gradito tepore ha contribuito ad allietare la serata, facendoci capire che, a volte, per essere contenti ci vuole davvero poco…
 
Anche stamattina mi sono dedicata alla pasticceria da forno, in una variante del mio natalizio plum-cake all’arancia che, in assenza di arance non trattate, non ancora disponibili nel vicino negozio di prodotti biologici, è diventato un dolce agli agrumi in generale. Ho infatti grattugiato la buccia di limoni ‘doc’ e ho spremuto un paio degli stessi, con l’unica arancia ‘normale’ presente in casa, utilizzando infine dei canditi di agrumi ‘misti’ di sicula e controllata provenienza che non sapevo come finire.
Te voi vederme grass, ha commentato il consorte vedendo in forno ben due stampi da plum-cake.
No, caro, gli ho risposto, non sono per te… Uno è per mio fratello che domani compirà gli anni e l’altro… L’altro, vederen con chi dividerlo…
Quindi, se qualcuno fosse da queste parti, si faccia avanti: una fettina di plum-cake è pronta per la degustazione. E un the o un caffè sono sempre disponibili…    
 

giovedì 26 settembre 2013

Namibia 3

Martedì 24 settembre
Ci alziamo ancor prima dell’alba, perché ci attende anche quest’oggi una lunga e intensa giornata, con la visita al Sossuslvei Park e alle sue dune di sabbia, tra le più alte e più vecchie del mondo (o almeno così recita la guida…) e quando le prime luci del giorno si alzano ad illuminare il paesaggio, regalandoci scenari di bellezza unica, siamo già in viaggio da un buon quarto d’ora.
Il nostro autista (sempre il consorte) procede a buona velocità lungo la pista sterrata, ma ciò nonostante viene continuamente superato da altri autoveicoli, compreso un pullman turistico, che ogni volta sollevano un tale nugolo di polvere nel quale viaggiamo ovattati per decine e decine di metri. Poi, eccoci a Sesriem, ai cancelli del parco, giusto in tempo per l’apertura che avviene una decina di minuti prima delle sette, quando un solerte addetto controlla il permesso d’entrata già pagato, prende nota delle caratteristiche del veicolo, del numero dei trasportati e perfino del nome del guidatore prima di dare l’ok all’ingresso.
Ci immettiamo pertanto sulla rettilinea strada asfaltata (l’asfalto, che sollievo!!) che per circa 70 km attraversa il parco, ma non abbiamo percorso che pochi km quando l’imprevisto ci blocca: uno strano rumore della ruota anteriore sinistra e la triste scoperta di aver bucato. Non ci resta che cambiare il pneumatico lesionato, operazione che il team di tre validi meccanici porta a termine in un breve lasso di tempo e che ci permette di riprendere il tour (ne vedremo degli altri, di veicoli fermi a seguito di simile disavventura) e di godere della straordinaria bellezza del luogo.
Qualche sosta per permettere ai nostri fotografi di immortalare vedute e ‘residenti’, nella fattispecie numerosi struzzi che camminano impettiti e indifferenti all’umana presenza ed eccoci alla rossa duna 45, la più celebre e la più accessibile della zona. Si può arrivare, infatti, in auto fino alla sua base, accanto ad alcuni maestosi alberi dai tronchi contorti, e di qui, seguendo una stretta traccia, risalire fino alla sommità, 150 metri al di sopra della pianura circostante. E qui ci si sente davvero in cima al mondo, con la vastissima spianata laggiù in fondo, dove le auto percorrono minuscole il nastro d’asfalto e tutt’attorno una sfilata di dune dalla sabbia rossastra che si stagliano contro l’azzurro intenso del cielo, ognuna unica e diversa. La più curiosa ha una forma perfettamente triangolare, che la fa paragonare ad un enorme frontone o ad un moderno palcoscenico per il meraviglioso spettacolo della natura.
E poi è il momento degli scatti fotografici, a due, a tre, in gruppo, quindi ci soffermiamo ad osservare la corsa veloce di uno strano insetto e di alcune minuscole lucertole prima di dividere le nostre strade. Sì, perché, mentre Paolo ed Ugo, audaci e instancabili, decidono di raggiungere la sommità della duna susseguente e Renato rimane in postazione per immortalare la conquista della ‘vetta’, Silvana ed io cominciamo a grandi passi la discesa verso il fondovalle. E’ un pendio assai ripido quello che dobbiamo affrontare, ma tutti i miei timori iniziali sono subito fugati nel vedere che la sabbia ‘tiene’ e non c’è alcun rischio di ruzzolare a mo’ di masso; l’unico inconveniente a cui andiamo incontro è il circa mezzo chilo di terra rossa che dobbiamo svuotare da scarpe e calzini, una volta arrivati alla base.
Adesso la successiva meta è il parcheggio di Sossusvlei, alla fine della strada asfaltata, dove, lasciata la nostra auto, saliamo a bordo di una jeep-navetta per percorrere i circa sei km di pista sabbiosa che conducono nei pressi di Dead Vlei, altro luogo dall’aspetto quasi surreale che ci colpisce profondamente.
Ci troviamo infatti in una bianchissima spianata di terra riarsa e spaccata sulla quale si elevano neri tronchi carbonizzati dalle forme più strane che richiamano alla mente animali fantastici, figure mostruose o immagini di sofferenza, ma basta spostarsi di qualche metro, cambiando la prospettiva, per trovarsi di fronte a tutt’altre raffigurazioni. E tutt’attorno un anfiteatro di rosse dune sovrastate da un cielo di un azzurro mai visto, in un contrasto di colori spettacolare e senz’altro unico.
Siamo pressoché gli unici visitatori in questo ambiente particolare e siamo gli unici, qualche decina di minuti più tardi, a prendere posto su un’altra jeep che ci riconduce al parcheggio, condotta con spericolatezza e indubbia perizia, lo riconosco, da un emulo di Schumacher che mi regala qualche timore ogni volta affronta curve, cambi di pendenza, tratti più impervi, facendoci sobbalzare paurosamente sui sedili dello scomodo mezzo. Ed è con vero sollievo che, dopo un tempo che mi pare interminabile, giungiamo nei pressi della nostra auto parcheggiata.
Ora non ci rimane che ritornare sui nostri passi, con un paio di soste e all’ingresso del parco e alla stazione di servizio di Solitaire, nei pressi della quale imbocchiamo il lungo viale che ci conduce al Solitaire Guest Camp, il lodge dove trascorreremo la notte, una rustica struttura dotata di ogni comfort e bene inserita nell’ambiente, con piccoli edifici dal tipico arredamento.
Ed è pressappoco all’ora di cena, mentre stiamo attendendo l’arrivo a tavola degli ultimi ospiti, che siamo colpiti da un ticchettio inequivocabile: sta piovendo!! A due passi dal deserto del Namib! E con qualche rombo di tuono! Chi l’avrebbe mai detto??

mercoledì 25 settembre 2013

Namibia 2

Lunedì 23 settembre
Alle 7, puntualissimi, riposati e freschi come tante rose di maggio, siamo nella sala da colazione del B&B. Un abbondante breakfast, dopodiché, caricati i bagagli, fatto rifornimento di benzina, di acqua e di qualche genere di conforto, siamo pronti a viaggiare verso il Namib Desert Naukluft Park.
Il primo turno di driver ‘tocca’ al consorte, mentre Ugo gli siede accanto nelle vesti di ‘navigatore’ con tanto di cartina e aggiornato Gps. Qualche incertezza iniziale, ma poi, trovata la retta via, si va, dapprima lungo ampie strade asfaltate, per poi passare ad altrettanto ampie sterrate e davanti a noi scorrono paesaggi struggenti, sterminate distese di brulli e radi cespugli e rilievi dalle molteplici tonalità, dal grigio al biancastro, al rosa pallido, al violetto, al marrone in una svariata gamma di sfumature.
E’ già pomeriggio inoltrato quando arriviamo a Solitaire, unico punto di rifornimento del parco, piccolissimo centro di poche case contornate da alti alberi che, come si può evincere dal nome, ‘spunta’ solitario nell’assolata e rossastra distesa terrosa. Qui sostiamo il tempo necessario per rifornirci di benzina e per rifocillarci nella locale bakery, una fornita panetteria, dove gustiamo una bella fetta di torta di mele, specialità della casa, come viene riportato su molte guide, accompagnata da abbondante caffè.
Adesso ci attendono altre due ore di strada sterrata prima di giungere al lodge dove trascorreremo la notte, ma il tempo di percorrenza si allunga per le frequenti soste ‘fotografiche’, di paesaggi e di quegli animali che incrociamo lungo il tragitto, gli struzzi dai sottili e lunghi colli, gli orici con le corna affilate e una moltitudine di quadrupedi, simili a piccole gazzelle che attraversano in gruppo quasi compatto a poca distanza dalla nostra auto.
Poi, finalmente, siamo al Little Sousse Lodge, dove siamo accolti con un aperitivo di benvenuto ed un asciugamanino ‘rinfrescante’, un vero toccasana dopo la lunga giornata che sta per finire.
Qui, una volta sistemati nelle ben arredate stanze dei bungalow assegnati (con ampio letto con baldacchino di… zanzariera), dopo gratificanti abluzioni, ciascuno si può dedicare a personali attività, in attesa della cena: i tre fotografi ad immortalare uno spettacolare tramonto e la sottoscritta a sistemare le presenti cronache.
Infine, dopo il pasto serale, abbondante e vario con interessanti abbinamenti di gusti, prima di ritirarci per la notte, è d’obbligo uno sguardo alla volta stellata, così luminosa e splendente come non si vede quasi mai, alla ricerca della Croce del Sud e delle altre costellazioni dell’emisfero australe. E per oggi è davvero tutto.
 

martedì 24 settembre 2013

Namibia 1

Sabato 21 settembre
Siamo partiti. Ore 8.10 con il regionale per Verona, che arriva nella città scaligera con quei sette minuti di ritardo, capaci di creare un po’ di patema per l’imminente coincidenza verso Milano. Ma ce la facciamo a salire a bordo di un’affollatissima Freccia (di un qualche colore), dove, per sistemare al giusto posto i legittimi ‘possessori’ assistiamo ad una specie di domino… dei sedili, tanto che nel giro di pochi minuti cambiamo ‘compagno di sedia’ almeno tre volte. Ed è questo treno che accumulerà un discreto ritardo che provocherà forti e sentite reazioni in chi non giungerà in tempo per la coincidenza. Non è il nostro caso, perché noi siamo in largo anticipo e mezzogiorno è da poco scoccato quando entriamo nell’aeroporto di Linate. Qui pranziamo con calma, girelliamo, guardiamo i vari shop prima e dopo il check-in e, puntuali, alle 15.55 ci leviamo in volo verso Londra, a bordo di un Boeing della British Airway, a bordo del quale riceviamo perfino… la merenda!!
Atterriamo a Londra alle 16.55 ora locale, in perfetto orario, nonostante le fosche previsioni di dover ‘parcheggiare’ in aria per un tre quarti d’ora buoni, per un’overdose di traffico e con il concreto rischio di riuscire a salire, noi, a bordo del volo per Johannesburg, senza i nostri bagagli…
E adesso, sono le 18.30, ora di Greenwich e siamo al gate B48 di Heathrow in attesa della nuova partenza che avverrà fra circa quaranta minuti.
 
Ore 7.00 del 22 settembre.
Siamo a Johannesburg, dopo un lungo e affollato volo durato circa 11 ore, durante le quali abbiamo cenato, dormicchiato, fatto colazione e seguito in diretta, sul piccolo monitor del sedile, gli spostamenti dell’aereo, con cartine, tempi ecc.ecc.
Abbiamo adesso cinque ore da far passare prima di imbarcarci per l’ultima tratta, così approfittiamo per cambiare un po’ di ‘eurini’ in rand, moneta accettata anche in Namibia, alla pari con quella locale, per una merenda di metà mattina e per scoprire i primi negozi di etnici souvenirs; poi, poco dopo mezzogiorno siamo a bordo dell’ultimo aereo. Due ore, circa, di volo, che trascorro un po’ tra le braccia (scomode) di Morfeo, un po’ leggiucchiando e… pranzando (non abbiamo mai ricevuto tanto cibo come in questo viaggio…) e infine eccoci a terra, nel (piccolo) aeroporto internazionale di Windhoek, praticamente in mezzo… al nulla. Mi ricorda tanto il patagonico aeroporto di El Calafate, anch’esso solitario in mezzo alla pampa. Questa, invece, è un’assolata distesa giallastra di arbusti e bassi alberi contorti, attraverso la quale raggiungiamo la capitale, distante più di 30 km, a bordo del pullmino venuto appositamente ad accoglierci.
L’autista del mezzo ci conduce all’agenzia di autonoleggio, dove prendiamo possesso del mezzo che Paolo ed Ugo, valenti ‘piloti’ guideranno attraverso il paese e dove incontriamo Nadia, l’italiana tour-operator attraverso la quale abbiamo organizzato il nostro viaggio.
Con lei raggiungiamo la deliziosa ‘Casa Piccolo’, la pensione e B&B dove trascorreremo la prima notte in terra africana e con lei definiamo gli ultimissimi particolari dell’itinerario e delle varie ‘attività’ che ci attenderanno nei giorni futuri.
E la giornata si conclude con una cena in una grande birreria di Windhoek, dove i quattro quinti del gruppo hanno un’esperienza ravvicinata con un maxi-spiedino di carni miste (e inconsuete) che li soddisfa pienamente, mentre la sottoscritta opta per una più classica bisteccona (peraltro ottima), seguita da un delizioso Don Pedro, una specie di sorbetto con un po’ di alcool, che incontra l’unanime gradimento.
Poi, per tutti, giunge il momento del giusto riposo sui comodi letti di ‘Casa Piccolo’ (e ci voleva proprio!!).

venerdì 20 settembre 2013

Si parte!

L’ora è quasi giunta. Le valigie sono pressoché pronte -mancano solo gli ultimissimi tocchi- il passaporto è stato ‘bollato’, il biglietto del treno già acquistato, gli abiti per il viaggio preparati su di una sedia. Insomma dobbiamo solo far passare la nottata e domattina, poco prima delle otto saremo in strada per raggiungere questa nuova, lontana meta.
Riuscirò a dormire un sonno tranquillo, senza continui risvegli per controllare l’ora, nel timore di trovarmi improvvisamente nel fuso orario di Singapore o di altro remoto punto sull’atlante? Mah, conoscendomi, nutro qualche serio dubbio.
Vorrà dire che, in caso di veglie forzate, farò un riepilogo di quanto ho messo in valigia e chissà che non scopra qualche dimenticanza… Non ne sarei troppo stupita ;-)
E allora, cari amici, auguratemi un virtuale ‘buon viaggio’, nell’attesa delle prossime news.
Sempre che non venga ‘concupita’ da qualche leone dalla folta criniera ;-) , anche se, come ha sostenuto l’altra mattina un faceto ex-collega al consueto ritrovo dei diversamente-lavoratori della scuola, dovrebbe essere il felino ad avere timore… Spiritoso!!

venerdì 13 settembre 2013

Di cene e di altro...

E, tanto per non perdere le buone abitudini, la settimana è cominciata con un ‘triduo’ conviviale che ha fatto registrare un’ulteriore botta calorica (come se ce ne fosse stato bisogno!!): lunedì sera a casa di Silvana e Paolo per condividere i ‘funghi del pin’ dell’abbondante raccolta domenicale e, ahimè, non solo quelli, essendo la tavola imbandita di un’ampia varietà di cibi invitanti, con a concludere un trionfo di gelato Grom da leccarsi i baffi ( ;-) ).
Martedì abbiamo avuto al nostro desco il figlio maggiore con ‘morosa’ (e vuoi non preparare qualche piatto un po’ più ricercato del solito?), mentre ieri sera, mercoledì, è stata la volta degli amici con i quali affronteremo la ‘namibica’ avventura. Dovevamo, infatti, decidere gli ultimi ‘ritocchi’ prima della partenza e perché allora non abbinare l’incontro organizzativo ad una ‘leggera cena in compagnia’?
-Sarà una cena leggera- aveva garantito il consorte, cuoco provetto e pieno di iniziativa. Una cena leggera, ma ‘ampia ed esauriente’ aveva dimenticato di precisare.
Infatti, il giovinetto ha trafficato tra i fornelli l’intero pomeriggio, in un bailamme di pentole, piatti di portata, ingredienti, utensili vari, mentre io me ne sono stata ben alla larga, limitandomi ad offrire generosamente il mio aiuto (e sapendo benissimo che non sarebbe stato accettato) e ad apparecchiare la tavola. E le fatiche culinarie, anche stavolta, hanno riscosso la piena approvazione dei commensali (compresa la finale crostata con prugne, che è stata poi equamente divisa tra i presenti, i quali se ne sono andati con il loro ‘involto’ di carta argentata…).
Poi, sazi e paghi, siamo passati alla disamina degli ultimi dettagli del viaggio, con il consorte che, smessi i panni del cuoco e calatosi nella parte di… ‘tour-operator de noantri’, ha coordinato i lavori. Tra le varie decisioni prese, quella di raggiungere Milano e l’aeroporto di Linate con i mezzi pubblici, treno e autobus, essendo l’orario di partenza del volo previsto per le 15.55. Saranno due giorni intensi, quei 21 e 22 settembre (e lo saranno anche gli altri a seguire…), che ci vedranno in ‘pista’ dalle 8.10 del mattino di sabato, fino al pomeriggio della domenica, quando giungeremo nella capitale namibiana, Windhoek.
 
E stamattina, giovedì, tanto per non rimanere a poltrire sul divano di casa, il consorte ed io siamo ritornati a Bressanone, precisamente a Novacella e al vicino paesino di Varna, dove condurrò gli -speriamo numerosi- iscritti all’ultima delle escursioni del mercoledì, quelle rivolte a camminatori più tranquilli e moderati.
Così abbiamo fatto un’ulteriore ricognizione del percorso, dopo quella, un po’ deludente, del 24 agosto scorso e, tra un gira di qui, guarda di là, seguiamo questa traccia, abbiamo ‘messo assieme’ un bell’itinerario, che si concluderà con la visita guidata all’abbazia di Novacella (e all’annessa, fornita cantina ;-) ).
La nostra giornata altoatesina ci ha poi visti compiere un giro turistico per la bella città di Bressanone, con sosta per un veloce pranzo in un locale sotto uno dei caratteristici portici e la vana (e infruttuosa) ricerca del locale negozio equo-solidale, stretto ‘parente’ del ‘mio’ Mandacarù. Mi informerò meglio sull’ubicazione, la prossima volta…
 


martedì 10 settembre 2013

La magnalonga, ovvero cronaca di una domenica tra camminata e... spuntini

E il bello è che molti pensano che il camminare in montagna, spesso per ore e magari sudando come fontanelle, sia un ottimo metodo per consumare calorie e perdere un po’ di peso eccedente… E invece..
Invece capita che la ‘sana’ escursione domenicale diventi un’occasione ideale per dar ascolto ai più calorici richiami dello stomaco e della gola, in un alternarsi di auto-giustificazioni (nel mentre) e di coccodrillesche metaforiche ‘lacrime’ (a posteriori), come accaduto proprio l’altro ieri, domenica 8 settembre.
Eccovi pertanto una montano-alimentar-resoconto.
Domenica 8 settembre, escursione in val Casies (Alto Adige)
Partiamo quando le ombre della notte non si sono ancora dileguate del tutto, alle 6 del mattino, in numeroso e scattante gruppo. Naturalmente ho fatto una più che discreta colazione, sia pur all’alba delle 5 a.m., perché il pasto del mattino è un momento ‘sacro’ e non c’è ora che tenga. Rinuncio, invece, al caffè dell’autogrill nei pressi di Bressanone, rituale punto di sosta dei viaggi in zona (la pausa-caffè è un momento irrinunciabile nelle gite!!), preferendo berne una tazzina a Santa Maddalena, già con gli scarponi ai piedi, un attimo prima di incamminarmi.
Sono le 8.30 circa e il ‘plotone’ dei satini si mette in marcia, dapprima a ranghi compatti, sgranandosi poi via via in tanti segmenti, con i piè veloci che distanziano tutti gli altri. Il percorso non è affatto difficile, certo, ci sono all’incirca settecento metri di dislivello per giungere alla forcella di Casies, ma la pendenza si sviluppa gradualmente e si riesce perfino a conversare con chi ti sta a fianco; l’unico inconveniente è l’elevato tasso di umidità che fa sudare copiosamente.
E siamo ancora distanti dalla citata forcella che io comincio ad avvertire un certo languore, che si potrebbe quasi chiamare ‘fame’, per cui mi fermo quell’attimo necessario a togliere dallo zaino un residuo di frutta secca (‘anca quela te hai portà!’- si scandalizzerà poi l’amato bene) e il pacchetto di crackers riso-su-riso che sbocconcello passo dopo passo, tra un rivolo di sudore e l’altro.
Rifocillata e rinvigorita, sono così pronta ad affrontare di buon passo le ultime asperità ed eccomi alla forcella, dove tira un’arietta talmente fresca che, oltre ad asciugare qualsiasi stilla di sudore, ti invita a rivestirti di tutto punto, quasi quasi con guanti e berretto in aggiunta. E qui, sono circa le 11, come peraltro stanno facendo tutti i compagni d’avventura, proseguo nella mia azione…alimentare. La barretta di cereali (che non è certo il massimo, ma di necessità si fa virtù…), quindi tutta la frutta che ho con me, una banana, un’orrida pesca che non sa di nulla e due-tre racimoli di uva bianca, per fortuna di ottima qualità. Adesso non mi resta che un modesto (come dimensioni) panino imbottito, salume più insalata, che consumerò una volta raggiunta la malga Weissbach, luogo deputato per la sosta pranzo per gli escursionisti del percorso breve.
Già, perché qui le strade si separano: il gruppo degli arditi, dei piè veloci, di coloro che senza-una-cima-mai, riparte verso una vetta dall’impronunciabile nome tedesco, mentre i sedici ‘tranquilli’, quelli che sono paghi anche di panorami a quote più basse, continuano lungo un sentiero che taglia, con qualche up and down, il fianco della montagna fino alla suddetta malga Weissbach. Un’altra ora di strada, a passo costante, con attenzione e prudenza, ché qui non è il caso di prodursi in scivoloni dai probabili esiti disastrosi (o quasi).
Ed ora siamo alla meta e ciascuno si sistema come meglio crede, chi ai tavolini esterni della struttura, chi sull’erba dei prati circostanti, chi nella piccola stube, timoroso dell’aria fresca che non ci ha abbandonato un solo attimo. Così, una volta consumato il residuo panino, con Silvana e Clara entro nel più tiepido ambiente e che succede a questo punto?
-E se ci ‘facessimo’ una Lienzertorte?- suggerisce Silvana.
-Già, perché no?-
Già, la volontà sarebbe anche forte, ma è il corpo ad essere debole e, et voilà, dalla linda cucinetta, ecco materializzarsi tre belle fette di torta, tra l’altro anche gustosa che ‘va giù’ che è una bellezza.
-Si vive una volta sola- commentiamo, sazie e ritemprate da un buon caffè conclusivo –abbiamo poi un altro paio d’ore di strada… riusciremo a smaltirla…-
Così accade (per le due ore circa di strada, ovviamente) che percorriamo con tutta tranquillità, sguardo proteso alla ricerca di funghi, i cosiddetti ‘funghi del pin’, di cui Silvana e il marito Paolo sono grandi estimatori. E ce ne sono tanti, giù e giù, fino a fondovalle dov’è parcheggiato il nostro pullman, dei quali facciamo ampia raccolta per i due amici, che arrivano alla meta con un buon bottino.
Non sono ancora le 16, la partenza verso casa è prevista per le 17.30 e a noi, della gita ‘breve’ non rimane che attendere con pazienza. Ma il tempo sta volgendo decisamente al brutto, fa freschetto, mentre nubi minacciose stanno sopraggiungendo, foriere di precipitazioni inopportune e allora non ci resta che trovare posto ai tavolini del tipico bar a due passi dal parcheggio, così capita che mi ritrovi ad ‘aiutare’ Maria a consumare un gelato inaspettatamente più grande del previsto. Anche il gelato!!
E non penserete che finisca qui!! Ahimè no, perché, quando FINALMENTE anche quelli della ‘lunga’ sono tutti alla base, compreso il consorte che accompagno ad avere la giusta ricompensa… alimentare post-fatica, ri-cado in tentazione, ché, a furia di aspettare…. ho di nuovo fame. Ed è una cremosa fetta di torta Selva nera che finisce in quattro e quattr’otto nel mio stomaco. Speciale. Ottima. Supercalorica.
E tutto perché gli amanti delle vette hanno impiegato più tempo del previsto, come sottolineo scherzosamente (ma non troppo) all’amico Roberto. -Consideratevi responsabili del mio aumento ponderale!- gli ricordo. Già, perché se fossero scesi in minor tempo, avrei avuto meno occasioni per ‘peccare di gola’. Del resto, in un mondo in cui nessuno è mai colpevole di nulla, potrò attribuire anch’io la responsabilità di essere caduta in tentazione a qualcun altro? ;-)
Per concludere, sappiate che, una volta giunti alla magione, ore 20.30 circa, ho pure cenato. Moderatamente, s’intende, fagiolini lessati e un po’ di mozzarella. Un pasto leggero, ma sempre ‘pasto’..