sabato 19 aprile 2014

Auguri!!

Buona Pasqua!!
 
 

mercoledì 16 aprile 2014

Del più e del meno...

Martedì 15 aprile, cinque giorni a Pasqua. Sembrava così lontana, una vera Pasqua ‘alta’, e invece ci siamo quasi. Giornate primaverili, piene di sole, verde, fiori rigogliosi, cieli azzurri e gradevoli temperature, con punte fin troppo calde per la stagione, tanto da costringerci a cercare posti all’ombra nei consueti incontri caffè del martedì mattina. Tutto questo fino a stamattina, quando siamo stati accolti da un’altra splendida giornata di sole, ma con un’arietta fresca fresca, giusto per usare un eufemismo, da far rimpiangere la maglia di lana… I servizi meteo, comunque, in particolar modo Katameteo in cui ripongo grande fiducia, nonostante lo scetticismo del coniuge, sono ottimisti riguardo ai prossimi giorni, con l’unica eccezione della giornata di sabato 19, che ci regalerà cieli bigi, piovaschi e temperature in calo.
Bene, ho pensato, tutto ok per l’escursione in terra altoatesina di giovedì (già, sono cominciate le infrasettimanali, tranquille passeggiate per i camminatori… più contemplativi), ma una disdetta per il sabato, giorno in cui saremo a Bologna per visitare la mostra dedicata a Vermeer. Una prenotazione ‘vecchia’ di qualche mese per un’uscita culturale e una toccata-e-fuga nella città emiliana, approfittando di una veloce (sia pur costosa) Freccia Rossa. Vorrà dire che faremo di necessità virtù, armandoci di ombrello e ‘sfruttando’ i famosi portici per una passeggiata…. all’asciutto.
La giornata di Pasqua ci vedrà, poi, ospiti al desco di mammà, che, ha già messo per così dire le mani avanti, ‘cucinerà i suoi soliti piatti’. Tanto per fare delle previsioni, ci sarà il (suo) tradizionale pasticcio di lasagne o, in alternativa, come lo scorso anno, delle tagliatelle al ragù, preparate perché tanto piacciono alla nipote più giovane, la quale ne mangiò forse forse una forchettata, seguito da un altrettanto classico arrosto con contorni vari e, a concludere, colomba e uovo di cioccolato. Un pranzo, insomma, che ci lascerà sazi e soddisfatti, al quale seguirà un ‘rinforzo’ dolciario a casa di mia sorella, nel corso del pomeriggio.
E a Pasquetta… un‘ulteriore mangiata in compagnia con gli amici della Sat, in una malga-ristorante sulle montagne a pochi chilometri da Trento, che raggiungeremo al termine di una (moderata) camminata, tanto per alleggerire la coscienza (;-)). Quest’anno siamo sicuri di non trovare neve sulla nostra strada, a differenza della Pasquetta scorsa, quando lo scendere lungo ripidi pendii coperti da un alto strato nevoso aveva regalato a molti di noi vivide ‘emozioni’ con rovinose cadute tra le risate generali (https://picasaweb.google.com/109138879681714396207/PasquettaAlRifugioTonini#5861974051477226146).
Intanto continuano le nostre uscite settimanali, che stanno riscuotendo notevole successo con pullman quasi sempre al gran completo. Domenica scorsa ci siamo spostati in terra lombarda sui monti prospicienti il lago d’Iseo, alla scoperta di nuove zone e di nuovi itinerari. Per me questa è stata la decima uscita stagionale; non ho mai fatto, invece, un computo totale delle escursioni effettuate dal 1998 ad oggi. Sicuramente saranno qualche centinaio… fors’anche cinquecento. Quando avrò un attimo di tempo le conterò…

lunedì 7 aprile 2014

Domeniche

Sì, me lo sono chiesta anche stamattina, mentre salivo con passo costante e sudando tutto il sudabile, tanto che mi sarei potuta fare uno shampoo senza usare una goccia d’acqua, la ripida salita della Calà di Sasso, una vecchia mulattiera ‘scalinata’ che risale ai tempi dei tempi, nel comune di Valstagna, ridente paesino a pochi chilometri da Bassano.
E l’ho pure comunicato ad Ivana e Paolo che camminavano qualche passo dietro di me.
Quali colpe avrò mai da scontare, ho detto, per meritare tutta questa fatica?
Ah, ah- ha commentato Ivana –vedila come una ‘penitenza’ quaresimale..
Sì, una penitenza, abbiamo concluso, asciugandoci per l’ennesima volta i rivoli di sudore che scendevano copiosi dai nostri volti. Due ore di salita in un fitto bosco prima di uscire nei prati di Chiesa di Sasso, dove c’erano i compagni che ci avevano preceduto e dove sarebbero giunti, ben distanziati, coloro che erano dietro di noi. Cinquanta escursionisti, guidati da una giovane capo-gita alla sua prima esperienza, con la partecipazione di alcuni altri giovani che hanno contribuito ad abbassare… di qualche mese la solitamente elevata età media dei gitanti Sat.
Un’escursione, questa odierna, che avevo già fatto nel lontano 1999, con un diverso ‘rientro’, rispetto a quello odierno, uno stretto sentiero che scendeva ripidamente con stretti tornantini e che mi ha fatto versare altre stille di sudore… Perché sarà anche vero che in discesa ‘ogni santo aiuta’, ma alla fin fine preferisco le salite, ancorché faticose. Le discese richiedono sempre attenzione costante, soprattutto se il terreno non è dei più agevoli…
Comunque questa domenica si è conclusa in modo ‘sereno’, senza intoppi, complicazioni, disguidi. Anzi, ci siamo quasi tutti concessi, una volta tornati a fondovalle, dei gustosi gelati, giusta ricompensa a tanta fatica. E che importa, se a Chiesa di Sasso ne avevo già mangiato uno? ;-)
Sì, finalmente una domenica senza inconvenienti. Perché già avevamo vissuto l’esperienza di trovarci dispersi per i boschi innevati della val Badia e, quella successiva, avevamo annullato l’escursione per maltempo, ma anche lo scorso 30 marzo ci aveva riservato un happening inatteso.
Era stata una lunga camminata sulle pendici del monte Pizzoccolo, boscoso rilievo che si affaccia sulla riva occidentale del lago di Garda, nel comune di Tuscolano Maderno, con ripide salite e altrettanto ardita discesa e breve sosta finale prima di ripartire alla volta di casa.
-Ci siamo tutti 35, possiamo partire!- aveva affermato il capo-gita, dopo la ‘conta’ quando già eravamo seduti in pullman. E l’autista Orazio aveva avviato il potente mezzo, scendendo la tortuosa strada che portava al paese rivierasco, quindi risalendo l’altrettanto tortuosa litoranea, tra gallerie, curve e controcurve fino a Riva del Garda. Tutto bene, fino a quel momento. In forse tre quarti d’ora saremmo stati a Trento e si cominciava già ad assaporare profumo di casa, quando cominciarono….le sorprese. Dapprima una lunghissima e lentissima colonna di auto, tra Riva e la vicina città di Arco, che costrinse lo chauffeur a procedere a passo d’uomo, quindi il ‘botto’ finale: sul pullman ‘mancheva el Gigi’!!
Sorpresa, sconcerto, incredulità generale. Come, ‘manca el Gigi? Ma èlo en scherz? Ma se i ho contàdi…
No, non era uno scherzo. Il Gigi, aitante giovinetto pressappoco mio coetaneo, stava viaggiando a bordo di un taxi al nostro ‘inseguimento’. Era successo che, arrivato al pullman, una volta portata a termine la gita, dopo la rituale sosta al bar vicino, egli si fosse allontanato di qualche decina di metri, senza peraltro avvisare alcuno del gruppo, per osservare dei giovani che stavano atterrando con il parapendio. Intento com’era ad ammirare le manovre degli emuli di Icaro non si era reso conto che i minuti passavano e non aveva sentito il rumore del mezzo che stava partendo. D’altro canto, il capo-gita, probabilmente confuso da quei soliti che ‘vanno avanti e ‘ndré’ sul pullman, aveva contato due volte una stessa persona e nessuno dei presenti si era accorto della mancanza del compagno di viaggio. C’erano state poi altre circostanze che avevano impedito al ‘poverello’ di comunicare con qualcuno di noi, così l’unica soluzione era stata…il taxi.
Cosa vuoi farci, mi aveva detto Gigi, al telefono l’indomani mattina, sono cose a cui si può porre rimedio.
Parole sacrosante. Sempre che non si voglia prendere in considerazione il suggerimento di Lina di fare un ‘salto’ a Lourdes o in altra località… miracolosa. ;-)
 

lunedì 24 marzo 2014

La domenica delle beffe

Domenica 23 marzo
Sembrava troppo bello. Oltre due settimane di tempo splendido, temperature primaverili, sole scintillante, che ci avevano già proiettati verso l’estate. L’ideale, insomma, per la prima escursione ‘pedestre’, una tranquilla passeggiata… da Trento a Trento, con salita al passo del Cimirlo, discesa in Valsugana, spostamento a Civezzano e risalita a Villamontagna da cui si sarebbe tornati in città. Lunga, certamente, ma senza alcuna difficoltà, se si esclude il numero di km da percorrere. In più la possibilità di ammirare vasti panorami, di camminare lungo strade poco frequentate, di stare in allegra compagnia, ‘guidati’ da una capogita special, vale a dire la sottoscritta (eheheh) ;-)
E invece è arrivato un fronte umido di origine atlantica, con precipitazioni abbondanti a partire dalla serata di sabato e una fitta nuvolaglia che ha nascosto le ‘nostre’ montagne, con un deciso abbassamento della temperatura. Quindi, la decisione di annullare l’uscita e il conseguente invio di tutta una serie di sms a quegli iscritti che avevano lasciato un recapito telefonico, per finire con una rapida ‘puntata’ al luogo di partenza, stamattina verso le 8, casomai qualche indomito escursionista non raggiunto dalla mia comunicazione si presenti con tanto di ombrello, zaino, annessi e connessi. Come si poteva prevedere, nessuno è così audace da affrontare le intemperie, ma, da valente guida, non volevo correre rischi.
Così trascorro una domenica casalinga, pigra e ‘sfaccendata’, in compagnia di un consorte un po’ acciaccato per via di un fastidioso raffreddore, con un pranzo ridotto ai minimi termini (direttamente proporzionale al contenuto del frigo…), un pomeriggio tra poltrona e divano, alternando un pisolino, un po’ di lettura, un po’ di enigmistica, un po’ di pc. Ma c’è anche il tempo per una piccola merenda, un tè, uno yogurt, mentre l’amato bene compie un’accurata ricerca di qualche genere commestibile che rientri nella categoria ‘dolci’. Ahimè, non c’è un granché in casa e si deve accontentare di qualche biscotto tipo Oro Saiwa…
-Vuoi che prepari una (veloce) ‘tenerina’ con cioccolato e noci?- gli propongo, ma stoicamente egli rifiuta.
Bene, rifletto, una tentazione in meno anche per me… J
Solo nel tardo pomeriggio ho uno slancio vitale e mi dedico ‘appassionatamente’ alla cyclette (la new entry natalizia) e per un salutare, ancorché monotono esercizio e per sfatare la diffusa diceria che strumenti simili, dopo un iniziale entusiasmo, sono fatalmente destinati a tramutarsi in… attaccapanni.
Così, versata la dovuta razione di sudore, percorsi circa 21 km, consumate ‘ben’ 400 calorie e dopo gli indispensabili lavacri, sono pronta per una cena altrettanto frugale del pranzo, in cui l’estro creativo del cuoco di casa si produce in una omelette con radicchio trevigiano, a complemento della (quasi) quotidiana minestra di verdure, mai tanto apprezzata come in quest’età della vita…
E concludo la giornata davanti alla tv, riuscendo perfino ad avere un semi-crollo di fronte alla Littizzetto. Veramente il colmo!!
 
Lunedì 24 marzo
Da non crederci. Questa è una beffa bella e buona: una domenica piovosa e con grigiore alzo zero e un lunedì di sole, cielo pressoché sereno, un po' di venticello e il Bondone spolverato di neve. Ho capito che al tempo, come alle donne e ai ‘siori’ (=ricchi) no se comanda, come recita un proverbio leggermente malevolo nei confronti dell’universo femminile, ma questo è proprio il colmo.
Speriamo almeno per la prossima...
 

giovedì 20 marzo 2014

Una domenica da ricordare...


No, non sarà dimenticata tanto facilmente l’escursione sulle nevi altoatesine di domenica 16 marzo, anzi, diventerà oggetto di battute e di ricordi, almeno tra i partecipanti, andando a far parte di quel gruppo di esperienze ‘montuose’ che sono, per così dire, passate alla storia… della Sat.
E dire che si era partiti così bene, alla faccia delle nere previsioni dell’amico Ezio, che già vedeva scambi di pullman, di attrezzature e quant’altro, data la simultanea partenza di due-automezzi-due alla volta di due diverse mete. Tutto si era svolto con ordine e precisione e i veicoli avevano preso il largo, ciascuno con i ‘corretti’ partecipanti. Il più capiente, con più di 50 escursionisti, verso la valle di Fassa e l’altro, più piccolo, con 39 ciaspolatori diretto in Alto Adige, nella zona di Bressanone, a bordo del quale stava pure la sottoscritta.
Il primo ‘choc’ della giornata era avvenuto al momento della sosta caffè, all’uscita del casello di Chiusa, dove l’amico R. aveva accusato un improvviso malore, spaventando non poco chi gli era vicino. Immediata telefonata al 112, arrivo di un’autoambulanza e R. aveva preso la via dell’ospedale di Bressanone per una visita più approfondita con i necessari esami (grazie al cielo tutto si è poi risolto senza conseguenze) e noi eravamo ripartiti con uno di meno e qualche preoccupazione nell’animo.
Arrivati nella piccola frazione di Plancios, ciaspole ai piedi, avevamo cominciato la nostra escursione, una lunga ma non difficile traversata sulla neve che ci avrebbe condotti, nelle prime ore del pomeriggio, in val Badia, nel paesino di Antermoia. La giornata era splendida, l’ideale per una gratificante camminata tra paesaggi incantati, con le montagne innevate a fare da sfondo e il Sass de Putia in primo piano, baite che facevano pensare a casette di gnomi, in un silenzio magico, rotto solo dal rumore delle nostre ciaspole e da quelle quattro parole che l’uno o l’altro scambiava con chi gli stava vicino, sotto un sole splendente che rendeva scintillante il manto nevoso. Per di più il percorso non era affatto difficile, salite moderate e piccole discese in un vasto altopiano, fino al passo delle Erbe, dove eravamo giunti circa tre ore più tardi, giusto giusto all’ora canonica del pranzo. Al sacco, per i più ‘spartani’ o all’interno della confortevole Utia de Borz, per chi, come me, non aveva un granché nello zaino.
E, nella bella sala da pranzo, stile rustico, molti di noi avevano gustato le specialità della casa, in una conviviale atmosfera, ‘sollevati’ dalle notizie testé provenute sulle condizioni di salute di R.: tutto ok e il nostro amico, prontamente ‘recuperato’ dalla consorte in quel di Bressanone, era già a casa. Sarebbe venuto, la sera, al pullman a recuperare zaino e bagagli annessi.
Intanto si erano fatte le 14 e il capogita aveva dato il via al tragitto di rientro: in neppure due ore saremmo giunti ad Antermoia e di lì si sarebbe potuti ripartire anche prima dell’orario stabilito. Benissimo, avevo pensato, così sarei giunta in tempo per poter votare alle (locali) primarie del Pd. Non mi ero resa disponibile per il seggio, ma almeno il voto…
Così ci eravamo incamminati, risalendo quegli ottanta metri di salita che ancora ci mancavano, giusto quello che ci voleva per digerire l’ultimo boccone di canederlo, per poi scendere, nei vasti prati prospicienti il passo, passando accanto a grossi massi erratici ‘incappucciati’ di neve e seguendo comode tracce fino a raggiungere la (chiusa) Utia de Goma, dove il gruppo si era ricompattato. Di qui, capogita in testa, avevamo proseguito la nostra marcia a ranghi compatti fino a che…
Stavo chiacchierando con Alberta –il comodo tracciato permetteva amabili conversazioni- quando la ‘guida’ si era fermata… (e noi altrettanto). Che cos’era successo? Mah, pareva che non si fosse sulla strada ‘giusta’. Guarda di qui, scruta di là, non c’era un segnale visibile a pagarlo oro, per cui, dopo un’attenta consultazione della carta e qualche esitazione, il ‘conducator’ aveva deciso: scendiamo attraverso il bosco. Non sarà la ‘retta’ via, ma più a valle ci dovrebbe essere la traccia…
Così erano cominciate le nostre peregrinazioni: prima scendendo nel bosco, poi risalendo un pendio, proseguendo lungo una pianeggiante traccia e di nuovo una discesa nella neve soffice (grazie a Dio!), quindi avanti, avanti, avanti, su altra strada forestale e ancora avanti, avanti, avanti, mentre i minuti passavano inesorabili e si erano fatte le 15.30 e poi le 16 e le 16.30 e noi stavamo ancora vagando per i boschi della val Badia. Un passo dopo l’altro, fino a trovarci in vista di Antermoia. Alleluia! Peccato solamente che ci separasse una valletta, con una ripidissima discesa a ‘picchiopendio’ in un fitto bosco… E a questo punto non era rimasto che far buon viso a cattivo gioco e scendendo con tutte le cautele del caso, quindi risalendo una non meno ripida strada asfaltata, ciaspole in mano, avevamo raggiunto il pullman, che da mo’ era in nostra attesa, quando stavano per scoccare le 18,30. Alla faccia delle due ‘orette’ di strada!!
E a questo punto, ritardo per ritardo, una sosta rifocillante in un bar del luogo era stata d’obbligo, prima di riprendere la via di Trento, dove eravamo giunti esattamente alle 20.57.
Con un capogita avvilito, che si era scusato a più riprese e che ci eravamo sentiti in dovere di ‘consolare’, perché può capitare a chiunque di sbagliare e, come si suol dire, tutto è bene quel che finisce bene…
Pazienza solo per le ‘mie’ primarie (penso di essere stata l’unica ‘interessata’). Mi rifarò alla prossima occasione!
 

sabato 15 marzo 2014

Sabato 15 marzo

Sabato 15 marzo
La sveglia sul comodino del consorte suona alle 6 in punto: è ora di alzarsi, dato che egli intende partecipare ad un raduno sci-alpinistico a cima Serodoli, nel gruppo Adamello-Presanella, a pochi chilometri da Madonna di Campiglio, organizzato per protestare contro l’ipotesi di costruire impianti sciistici in questa zona finora ‘salva’ dal turismo ‘strutturato’, un’uscita ‘aperitivo’, che prelude all’escursione, ampia ed esauriente, della domenica.
E, per quanto egli faccia piano, va da sé che si sveglia anche la sua ‘metà’, tanto più che costei gode di un sonno leggero e spesso ‘frammentato’. Così accade che, mentre uno esce di casa quando stanno per scoccare le 7, pronto ad affrontare impavido la montagna, l’altra si accinge ad affrontare, con altrettanto animo intrepido, la casalinga montagna dei panni da stirare. Un asciugamano, due federe, tre strofinacci e poi, una camicia, due, tre… un ‘pezzo’ via l’altro, sudando, meglio, stirando ben sette-camicie-sette, più due paia di pantaloni e qualche maglietta e di nuovo asciugamani, lenzuola, indumenti vari, fino a che l’Everest che minacciava di franare ogni volta che gli si passava accanto, non si riduce ad una…. pianura.
Bene, questa è fatta, mi sono detta, passando subito dopo ad avviare una nuova lavatrice, tanto per non perdere le buone abitudini.
Poco dopo le 10 sono pronta per uscire: no, oggi niente spesa ‘grossa’, dal fruttivendolo ci siamo riforniti ieri, nel frigo ci sono ancora ‘residui’ di eccessivi acquisti dei giorni scorsi –domani, poi, ci saremo solo a cena- quindi c’è bisogno di poco. Per il mio solitario pranzo di oggi, poi, c’è qualche avanzo da finire, perciò posso prendermela comoda, un salto alla Circoscrizione, ché oggi è il sabato dello scambio-libri e due passi verso il centro. Con un caffè in aggiunta, in compagnia di Nora, la germanica inquilina del terzo piano, insegnante di tedesco nel vicino liceo linguistico, che incontro nell’androne del condominio.
Sta andando a fare una passeggiata, mi dice. Hai qualche meta? Le domando. No, vuole solo sgranchirsi un po’ le gambe. Benissimo, le sgranchiremo in compagnia, concludendo appunto con un buon espresso… all’italiana.
Tornata poi a casa e consumato il frugale pasto, ho davanti a me un lungo pomeriggio a disposizione. Che fare? Prima, la lettura dei quotidiani, il ‘nazionale’ su carta e il locale via Internet, quindi, bando alla pigrizia, indosso comodi indumenti sportivi e, scarpe da ginnastica ai piedi, mi avvio per una passeggiata solitaria sulla ‘collina’ di Trento. E’ una giornata un po’ strana, sotto il profilo meteo: temperatura primaverile, ma cielo velato con un solicello che pare ‘malato’, così differente da quei cieli azzurrissimi e da quel sole splendente dei giorni scorsi. Pazienza, mi dico, non correrò il rischio di ‘cuocermi’. Così risalgo tutto il viale lungo il torrente Fersina, mi inerpico lungo la salita Manci e, nel giro di poco più di mezz’ora, sono a Povo. Passo accanto alla chiesa e, dopo un ultimo, piccolo ‘strappetto’, comincio a percorrere la pianeggiante strada che collega il sobborgo con quello vicino di Villazzano, di solito assai frequentata da ‘camminatori’ di ogni età, compresi anziani e bebè in carrozzina. Quest’oggi, invece, è quasi deserta. Un unico incontro con due signore e nessun altro. Saranno tutti in casa già intenti alle pulizie di Pasqua?- mi domando. Mah, veramente strana questa umana assenza. Dopo Villazzano è tutta discesa, verso la città. Qualche tratto più ripido che compio a rapidi passi ed eccomi nei pressi della casa di mia sorella. Ci sarà? Proviamo a farle uno squillo…
Sì, è in casa e ‘vieni- mi dice- ti faccio un caffè…’
Detto e fatto, eccomi nella sua accogliente cucina di fronte ad una corroborante bevanda e poi sul divano del soggiorno per una, due, tre, tante chiacchiere, fino a che non riprendo la via di casa. Neppure dieci minuti e sono alla dimora coniugale, dove l’atletico sciatore ha già fatto ritorno e ha steso le ‘pelli di foca’ degli sci per farle asciugare. Eh sì, domattina saranno usate di nuovo!
 
E anche domattina la sveglia suonerà prestissimo. Le mete verso le quali saremo diretti richiedono circa due ore di pullman e le escursioni sono piuttosto lunghe. ‘Le’ escursioni, perché la Sat ne ha organizzate due, una specifica per gli sciatori e l’altra per gli appassionati della ciaspola e, ovviamente, le ‘nostre’ strade si divideranno: il consorte di qua e la sottoscritta di là, come già avvenuto, del resto, la scorsa settimana. Il bello sarà al momento della partenza, quando ci troveremo, oltre novanta iscritti, a dover salire sul pullman ‘giusto’…  
-Te vedrai che confusion!- ha già previsto l’ottimista Ezio. –Quanti saranno quelli che si sbagliano e i meterà la roba sul pullman sbaglià??-
Eheheh, ci toccherà fare attenti ‘controlli incrociati’!!!

mercoledì 5 marzo 2014

'Mardi gras'


E siamo arrivati alla fine del Carnevale. Martedì grasso, una giornata con un pallido sole, dopo il grigiore dei giorni scorsi e la grande pioggia di sabato che ha costretto il comune di Trento a cancellare la prevista sfilata dei carri allegorici lungo le strade della città.
Il mio ‘mardi gras’ è cominciato con una mattutina camminata a passi rapidi per raggiungere, nel quartiere di Cristo Re, il ‘friseur’ Edward-mani-di-forbice, per un doveroso ridimensionamento della chioma, che ormai stava sfuggendo ad ogni controllo ;-). E qui ho dovuto prendere atto della ‘dipartita’ (lavorativa) della simpatica Katia, la brava lavorante, che egli ha affermato ‘non è più con noi’. Ah, ha per caso aperto un suo salone? Non ho idea… Silenzio della parrucchiera ‘superstite’, alla quale poi chiedo il numero di cellulare dell’ex collega, che avrei piacere di salutare, dopo tanti anni di conoscenza.
Non posso darglielo… è la risposta che mi viene data, a bassissima voce, per non essere udita dal titolare.
Quanta omertà! Sicuramente non è stato un allontanamento ‘pacifico’, penso e me ne vado un po’ sconcertata, dopo averle lasciato un biglietto con il mio numero di telefono, infilato con mossa furtiva nella tasca del grembiule della ‘divisa’ (ma finora non ho ricevuto comunicazione alcuna …)
Così me ne sono andata con la mia testa ‘risistemata’ (e che qualcuno se ne sia accorto!!), al settimanale appuntamento del martedì mattina con i colleghi diversamente-lavoratori. Stamane è stato un incontro tranquillo e con la ‘ricomparsa’ di un paio di colleghe che non vedevamo da tempo, a differenza di quello della settimana scorsa, durante il quale si era scatenata un’accesa discussione sul tema ‘Matteo e il suo governo’, con un crescendo di toni quasi rossiniano.
Poi, nel pomeriggio, la consueta e ‘operosa’ attività presso Mandacarù che mi ha permesso, nei lunghi momenti di calma tra un cliente e l’altro, di osservare dalle ampie vetrate del negozio, l’incessante andirivieni della gente che andava verso il centro, dove erano organizzate diverse attività per grandi e piccini, o che ritornava dallo stesso. Molte erano le mascherine, tradizionali, moderne, fai-da-te, come il costume-medusa della giovane Lea, figlia di una ‘nostra’ volontaria, un largo e piatto copricapo bianco, al quale erano incollate lunghe strisce azzurrognole. Decisamente originale, ancorché scomodo da portare ;-)
E, una volta tornata a casa, non ho avuto dubbio alcuno nel rinunciare ad un’uscita straordinaria per recarmi alla sede Sat dov’era in programma la proiezione di un filmato sull’impresa di un avventuroso (e temerario) cinquantenne che ha attraversato l’Alaska in bicicletta, percorrendo migliaia di chilometri su neve e ghiaccio, dormendo in ripari di fortuna, talora all’addiaccio. Roba da superman (o da fuori di testa?)
No, il rischio di crollare miseramente, vittima di Morfeo, su una o l’altra delle non particolarmente comode sedie della sala, era forte, per cui me ne sono rimasta tra le pareti domestiche, ‘trafficando’ con il pc e con un orecchio distratto a Ballarò, con qualche caduta di tono sul più confortevole divano di casa. Sono comunque riuscita a seguire dall’inizio alla fine un servizio su Trento, presentata come una città modello e virtuosa. E dire che tanti sono i concittadini che si lamentano, di questo, di codesto e di quello. Incontentabili! Ma se abbiamo perfino il sindaco in testa alla classifica dei sindaci più amati d’Italia! Cosa potremmo volere di più?

venerdì 28 febbraio 2014

Trofeo 'Caduti della Montagna'

Il volto raggiante dello storico presidente dello Sci Club Sat, Vittorio T. esprimeva tutta la soddisfazione per la buona riuscita del tradizionale trofeo dedicato ai caduti della montagna, con gara di sci da fondo tra le varie sezioni della grande ‘famiglia’ degli alpinisti tridentini.
-La prima domenica di sole dopo tanto tempo!!- ripeteva felice Vittorio –Ci ha ripagati del maltempo dello scorso anno…-
Parole sacrosante, le sue. Finalmente, dopo alcuni anni in cui avevamo trovato tempo grigio, nevischio, addirittura una bufera di neve, la giornata di domenica 23 febbraio sembrava fatta apposta per noi, ‘organizzatori’, atleti, simpatizzanti al seguito. Cielo sereno, un sole che non si vedeva da tempo, temperatura quasi mite, una splendida ‘location’, la piana di Carisolo, ridente localita della Val Rendena, ad una ventina di km da Madonna di Campiglio. E qui tutto era stato predisposto per la gara. Predisposizione degli elenchi dei concorrenti, distribuzione dei pettorali, cronometristi ai loro posti, i ‘vivandieri’ già intenti alla preparazione di the caldo, vin brulé, con generi di conforto ben allineati sul tavolo e, accanto alla linea di partenza, microfono tra le mani, cartella con i nomi dei partecipanti, la sottoscritta.
Sì, la speaker, pronta a chiamare gli atleti che si stavano scaldando i muscoli, prima del segnale d’avvio. Il folto gruppo dei ‘corridori’ che avrebbero percorso i due giri della pista a tecnica classica, poi i sei ‘mini concorrenti’, vale a dire i giovanissimi, cinque fanciulli e una sola damigella, quindi i più veloci, quegli (e quelle) dello skating (o ‘pattinato’). Bravissimi, questi ultimi, e anche belli da vedere, nelle loro movenze tanto simili ad una danza… sulla neve. Fra gli atleti della tecnica classica c’era anche l’amato consorte, che ha tirato fuori gli sci, ormai pezzo ‘vintage’, che giacevano a riposo da anni, per dare il proprio apporto a quell’auspicabile vittoria della sezione di Trento, che mancava oramai da anni e anni. E con lui, un drappello di ‘volonterosi giovinetti’… tutti (o quasi) over sixty, Gabriele, Gianni, Renato, Bruno, Carlo, Claudio, che si sono cimentati con un ardore encomiabile per tenere alta la nostra bandiera, senza dimenticare i ‘veri’ atleti, quelli che già hanno partecipato alle più importanti gare di sci nordico, dalla Marcialonga alla Vasaloppet, alla Dobbiaco-Cortina o alla Gran fondo della Val Casies, Remo, Vittorio, Giuliano, delle ‘macchine da..…. corsa’ con gli sci ai piedi.
Così, alla fine delle gare e dopo un rapido pranzo in un hotel del luogo, al momento della premiazione, siamo stati noi, della sezione di Trento, ad alzare la coppa della vittoria, quella che rincorrevamo da anni. E, assieme ad essa, abbiamo portato in sede il trofeo, che, per diventare veramente ‘nostro’, ci dovrà vedere al primo posto anche il prossimo anno.
-Mi raccomando- ha sollecitato il presidente Vittorio –dovremo essere numerosi anche all’appuntamento del 2015-
-Comincia ad allenarti- mi ha suggerito il solito ‘faceto’ –per portare il tuo ‘punticino’ per la vittoria…Ah ah ah. Ah!! (=sardonica risatina). Questa è stata la mia risposta. Ah ah ah.

Anche a questa edizione ha partecipato, tra gli atleti della sezione Sat di Lavis, un mio ‘lontanissimo’ alunno, Cornelio, classe 1962, che avevo avuto tra i banchi di una poco numerosa classe terza, nel remoto anno scolastico 1975/76. Correva l’anno 2005 quando l’avevo rivisto, nell’edizione del trofeo di quell’anno.
-Quel ‘ragazzo’ lì, si chiama per caso Cornelio P.?- avevo chiesto ad una atletica signora del suo stesso gruppo.
-Sì- aveva risposto colei –Perché, élo per caso en to vecio moros? Aveva aggiunto la matura ‘donzella’, con una certa curiosità.
-No, l’è sol en me vecio alunno- avevo risposto ridacchiando. Sì, un vecchio spasimante…
Così mi ero ‘presentata’, ricordando assieme diversi momenti di quella lontana, comune esperienza e, da allora, non abbiamo mancato un appuntamento ;-). Così ho visto crescere la sua famiglia, prima la piccola Viola, oggi ‘studentessa’ di quarta elementare e, qualche anno più tardi, un bambino nepalese, Lucky, minuto e vivace, che anche domenica ha gareggiato impavido, percorrendo i tre km del percorso stabilito con l’assistenza morale del suo papà, che lo affiancava lungo la pista. E alla premiazione ha ricevuto con orgoglio e soddisfazione una coppa e un premio come partecipante più giovane.
-Sai, Lucky- gli ha poi detto il papà venendo vicino a me –questa signora è stata la mia maestra…-
-Sì, lo so- gli ha risposto, con un’aria come a dire ‘sarò anche piccolo ma non sono smemorato’ –me l’avevi detto anche l’anno scorso…-

 

sabato 22 febbraio 2014

Una settimana

Siamo alla fine di una nuova settimana, in cui abbiamo avuto un alternarsi di pioggia e 'asciutto', con qualche timido raggio di sole, quasi a farci sapere che non se n'è andato del tutto.
La settimana di Sanremo e del nuovo governo Renzi, tanto per mettere assieme il sacro e il profano e che, per quanto riguarda la mia 'storia', è stata caratterizzata da:
1. le consuete attività, portate avanti con più o meno 'piacere' e un po' di senso del dovere (leggi 'ginnastica');
2. una veloce 'puntata' con il consorte a Ziano di Fiemme (tanto per non lasciarlo viaggiare da solo, ché mi sento più tranquilla se sono accanto a lui, 'coadiuvandolo virtualmente' nella guida, unita nella buona e cattiva sorte), a ritirare gli scarponi risuolati;
3. una serata in veste di cinema, per la serie 'facciamoci del male da soli', nella quale abbiamo assistito al film 'Salvo', che avrà anche vinto un importante premio al festival di Cannes (non oso immaginare come fossero le pellicole non premiate), ma che ci ha regalato una botta di malinconia unica (e un bel film romantico senza essere banale e magari con un lieto fine, mai?);
4. un concerto dell'orchestra Haydn, con l'esecuzione della trascinante sinfonia Jupiter di Mozart e un ritorno quasi di corsa verso casa sotto la pioggia battente e noi senza ombrello;
5. l'impegno 'morale' di dedicare ogni giorno un certo 'lasso' di tempo alla cyclette, nel lodevole tentativo di controbilanciare le calorie che entrano... (e sempre maggiori di quelle che se ne vanno con l'esercizio);
6. la 'cottura' di una torta, cioccolato e pere, per 'adempiere' ad una promessa, fatta in tempi remoti e che oramai stava per finire in prescrizione, all'amico Marco e la conseguente condivisione della stessa, con il destinatario e consorte, al termine di un conviviale pranzo.
E per quanto riguarda il week-end, mi attendono due impegni 'sociali', sabato la festa di Carnevale organizzata dalla circoscrizione per i bambini del quartiere, con uno spettacolo teatrale e basta, viste le limitate finanze a disposizione e, domenica, la partecipazione all'annuale trofeo 'Caduti della Montagna', con la sottoscritta nell'ormai collaudata funzione di speaker. Il consorte, invece, gareggerà nella categoria over sixty, non tanto per conquistare un podio o un piazzamento 'importante', quanto per contribuire ad un'auspicabile vittoria della nostra sezione Sat.
-Potresti gareggiare anche tu- ha suggerito un 'faceto' amico.
-Altro che!- ho replicato -Così, verso sera, dovrebbe venire il soccorso alpino a cercare l'atleta dispersa...-

lunedì 17 febbraio 2014

Che Dio ce la mandi buona!

Che Dio ce la mandi buona! Con queste parole, il direttore del più diffuso quotidiano tridentino ha titolato e ‘aperto’ l’articolo di fondo l’altro ieri, giorno 1 della nuova era Matteo R. Ma come, mi sono chiesta, il direttore, un ‘renziano’ della prim’ora, super-critico all’epoca delle primarie perse dal ‘de cuius’, nei confronti di coloro che, a suo dire, avevano tramato per sconfiggerlo, manifesta stupore, disappunto e sconcerto davanti alle recenti decisioni dell’astro nascente della politica italiana?
E noi, che assistiamo, testimoni perplessi, meravigliati e chi fiducioso, chi preoccupato, non possiamo che ripetere la stessa ‘invocazione’. Che Dio ce la mandi buona!! Ne abbiamo davvero bisogno!
Ma la vita, intanto, continua, indifferente e ‘implacabile’ nel suo continuo fluire, in una mescolanza di eventi futili e di momenti seri. Ed è il giorno di San Valentino, con il suo contorno commerciale di cuori e cuoricini di cioccolata, di rose rosse vendute ad ogni angolo da intraprendenti ambulanti pakistani e sono i fatti tristi che ogni giorno balzano alla cronaca, le esequie dell’anziano monsignore, la cui commemorazione ha riempito pagine e pagine dei quotidiani locali e quelle, assai più dolorose, del giovane ventiduenne, ragazzo ‘comune’ dal destino assai ingiusto. E, ancora, è l’uscita di due giorni in terra austriaca dei valenti sci-alpinisti della Sat e, nel contempo, l’annullamento della più ‘casalinga’ escursione notturna, con ciaspole e frontalino, sulle vicine nevi del monte Bondone in una sera di luna piena, a causa di un previsto maltempo e di un esiguo numero di iscritti. E poi è la pioggia che ci si è talmente affezionata da venirci a trovare ogni ‘due per tre’(e gli effetti di un’umidità quasi permanente si fanno sentire sulle non più giovani articolazioni) ed è la quotidianità, a volte monotona, altre volte più esaltante, che ci circonda.
Ed è, infine, l’attesa di vedere come andrà a finire in questa nostra tormentata Italia. E tu, Matteo, attento: se la tua voglia di fare e il tuo attivismo dovessero portarci ad un fallimento che riapra le porte a colui-che-sono-stufa-di-nominare, vale a dire il politico di plastica, dovrai fare metaforici conti con tutti quei ‘militanti’ di sinistra che ti stanno osservando (e non sono tutti d’animo ‘gentile’!!). Uomo avvisato…

martedì 11 febbraio 2014

Momentanee soddisfazioni


A volte basta davvero poco per renderci più sereni, riappacificati con il mondo, quasi quasi più felici. E’ sufficiente che le nubi di un cielo grigio e bigio che ci sta opprimendo da giorni comincino a diradarsi, lasciando timidi spiragli di sereno e permettano di chiudere l’ombrello, fedele amico che ti segue come un cagnolino. Subito ti senti più leggera e ben disposta con il desiderio di belle passeggiate all’aria aperta, che diventano ancor più ‘appetibili’ vedendo poi uno splendido sole brillare in cielo.
Peccato soltanto che sia martedì e il pomeriggio mi veda impegnata dietro la cassa di Mandacarù e possa guardare il ritrovato azzurro del cielo solo dalle ampie vetrine. E dal mio ‘osservatorio’ umano posso notare come sia generale la soddisfazione per il ritorno del sereno: non c’è cliente che non esprima sollievo e speranza per i giorni a venire.
-Peccato si tratti di una situazione temporanea- commenta qualcuno più informato sulle previsioni meteo. Sì, perché pare davvero che si tratti di un breve momento tra una perturbazione e l’altra, come anch’io ho sentito ascoltando un giornale radio stamane. E ancora più breve del previsto, perché saranno state le sei del pomeriggio quando, lanciando un casuale sguardo dalla porta aperta da un cliente che stava entrando, ho notato uno strano ‘luccichio’ del selciato stradale.
-MA STA PIOVENDO?- ho domandato con voce piena dei delusione.
Sì, stava già ri-piovendo. Una lieve pioggerellina, lieve come quella ‘di marzo’, di una famosa poesia d’antan, che picchiando argentina sui tegoli vecchi del tetto, sul fico e sul moro, ornati di gemmule d’oro, ci informava che era passata l’uggiosa invernata e che presto sarebbe giunta primavera… Magari fosse quella! Invece era solo la solita, noiosa, precipitazione di febbraio. Ed io ero pure senza ombrello!!

sabato 8 febbraio 2014

Settimana bianca, annessi e connessi

Troppa grazia, Sant’Antonio! E’ vero che volevamo trascorrere una settimana ‘bianca’, ma ci saremmo accontentati anche di qualche cm di neve in meno di quella caduta dal cielo in questi sette giorni, che è scesa incessante, giorno dopo giorno, giovedì, venerdì, sabato, domenica, lunedì e martedì, con solo pochi, brevi, momenti di ‘remissione’.
Un manto bianco che si è via via accumulato, sul terreno, sugli alberi, sui tetti, dappertutto, regalando un classico paesaggio da presepe nord-europeo e quel pizzico di romanticismo che ti viene alla mente nel camminare immersi nel silenzio, tra il mulinare di candidi fiocchi.
Già, perché bisogna trovare il lato positivo anche in questa situazione di maltempo persistente, tanto più che arrabbiarsi, dolersi, lagnarsi non serve a cambiare la situazione… Contribuisce soltanto a farti venire un piccolo travaso di bile, pensando a come sarebbe stato se fosse stato diverso.
E per fortuna il ‘nostro’ hotel Alpenblick di Moso Pusteria è un luogo confortevole, con le sue belle stanze, l’invitante piscina e l’ampio reparto wellness, dove ci si può comodamente rilassare, per non parlare delle ‘golose’ gratificazioni tra colazioni, merende e cene…
Così i giorni sono passati veloci, da giovedì 30 gennaio al 6 febbraio, di nuovo giovedì, quando, rispettando appieno la celebre legge di Murphy, siamo ripartiti verso casa sotto un cielo azzurro che ha finalmente svelato le alte montagne innevate che ‘si affacciano’ su Moso.
E il sole ci ha accompagnati fino a Trento, dove abbiamo trovato una temperatura tiepida che faceva pensare ad un’imminente primavera (peccato, comunque, che già per domani le previsioni meteo parlino di un ritorno al maltempo, perlomeno qui da noi...).
Siamo ritornati con i consueti acquisti gastronomici (eh sì, lo abbiamo fatto ancora…), dello speck e una varietà di pani locali (ottimi!!), che abbiamo già provveduto a sistemare, ‘porzionati’, in freezer e che ci garantiranno gustose prime colazioni, alla quotidianità e alle nostre cene frugali, con un po’ di nostalgia per le specialità dell’hotel. Vabbè, vorrà dire che troveremo, prima o poi, un’altra occasione per ritornarvi…
Ad ogni modo, questa vacanza passerà alla (nostra) storia e non solo per l’abbondanza di neve e per l’ambiente simil-fiabesco che ci ha circondati (splendidi quegli alberi innevati che sembravano ricami preziosi), ma anche per il patema d’animo che ci ha regalato il viaggio di andata…
Eh sì, perché noi non siamo per le vie facili, ma siamo tra coloro che amano il rischio, in quel giorno rappresentato dall’inizio di quella nevicata che ci avrebbe accompagnato per i giorni successivi. Il fatto è che, per raggiungere la val Pusteria, avevamo ‘preso’ l’alternativa strada che passava per le valli di Cembra, Fiemme e Fassa, scendendo poi in val Badia, attraverso i passi Sella e Gardena e, transitando poi per altri valichi dolomitici, Valparola e Falzarego, raggiungere Cortina, poi Dobbiaco e di qui S. Candido, Sesto e infine Moso.
Perché si domanderà (forse) qualche lettore che ha presente l’orografia della regione. Non era più semplice percorrere l’autobrennero fino a Bressanone, quindi la ‘solita’ Pusteria? Certo, era più semplice, ma noi, che siamo della ‘scuola’ del prendere due piccioni con una fava, avevamo deciso di passare per Ziano di Fiemme, portando a risuolare i nostri scarponi ‘estivi’ presso la fabbrica della Sportiva, unendo l’utile al dilettevole, insomma.
Così eravamo partiti da casa sotto una pioggerella sottile sottile che si era trasformata in leggero nevischio quando eravamo già sulle strade fassane, avevamo superato alla grande i tornanti di Sella e Gardena, accolti da larghi fiocchi che danzavano nell’aria grigia e, dopo una veloce sosta a Corvara per mettere qualcosa nello stomaco, avevamo affrontato la salita verso il passo Valparola, sorpassando diversi automezzi, leggeri e pesanti, bloccati a bordo strada per mancanza di adeguati pneumatici.
Benissimo, ci eravamo detti, in poco più di un’ora saremo alla meta.
E invece… Invece l’imprevisto ci attendeva a neppure cinquanta metri dalla sommità del passo, quando oramai credevamo di aver lasciato alle spalle qualsiasi difficoltà: una vera bufera di neve, con un turbinio di fiocchi tale da rendere pressoché nulla qualsiasi visibilità.
Bianco, bianco e bianco, davanti, dietro, a destra e a sinistra, tanto da far perdere l’orientamento all’autista, facendolo finire contro l’alto ‘muro’ nevoso alla nostra destra e su un discreto strato di neve fresca. Quindi, auto bloccata, ruote che slittano, noi che cerchiamo di ‘pulire’ il fondo stradale, tentativi di rimettere in carreggiata il mezzo…
Niente. Bloccati nella tormenta. Decisione di mettere le catene, almeno una, impresa non facile data la bufera incalzante e finalmente, con la forza della disperazione, l’impresa riesce e, quasi per miracolo, riusciamo a ripartire. Sollievo palpabile all’interno dell’abitacolo, ma le difficoltà non sono ancora terminate, perché ci sarà ancora qualche ‘intoppo’… al cardiopalmo, prima di trovarci al Falzarego, ormai al di fuori della tempesta nevosa e con una sufficiente visibilità. D’ora in avanti tutto diventa più semplice, anche se i chilometri sono ancora molti e la neve non ci abbandona, ma si viaggia senza problemi e, finalmente, eccoci all’hotel. E’ stata dura, ma ce l’abbiamo fatta!

sabato 25 gennaio 2014

Aggiornamento


Sarà questo strano mese di gennaio che non pare neppure inverno, che alterna piogge scroscianti a cieli sereni con temperature pre-primaverili, sarà che il tempo passa e la gioventù avanza… all’incontrario, sta di fatto che sono ‘vittima’ di una specie di pigrizia generale e di un rilassamento… mentale con l’immediata conseguenza di trascurare il mio povero e piccolo blog.

Le giornate comunque si susseguono con i soliti ritmi e le consuete attività, anche un po’monotone, se vogliamo, ma rassicuranti di una ‘sana’ normalità. Così vado a ginnastica, con una fatica che mai avrei creduto, mi inerpico lungo strade collinari per disquisire nell’idioma di Shakespeare, trascorro le canoniche quattro ore dietro la cassa di Mandacarù, incontro qualche amica per un caffè e quattro chiacchiere…. e, per parafrasare il poeta Quasimodo, è subito sera.

Intanto, accanto al blog silente, aumenta il volume dell’indumento da stirare, ben depositato sull’apposita asse che la settimana scorsa avevo lasciata aperta nella pia intenzione di procedere in tempi rapidi. E ogni volta che vi passo accanto, faccio finta di non vedere, come non poso lo sguardo su quei due o tre capi ai quali urgerebbe una piccola riparazione, un bottone da attaccare, un ‘buchetto’ da rammendare e come non penso a quei buoni propositi fatti giusto un mese fa e mai messi in pratica…

Quello che invece non scordo, è il mangiare anche al di fuori dei classici tre pasti al giorno, compresi quei cibi altamente calorici che si dovrebbero evitare come la peste. Perché hai un bel farti propositi in perfetto stile coccodrillesco ogni volta che ti guardi allo specchio, ma se poi la mano agisce per proprio conto e la bocca apprezza, la battaglia è dura. Per non parlare del fatto che fra una settimana saremo in val Pusteria… sulla neve e alle prese con stuzzicanti menu… Sarà durissima.

Per la cronaca, infine, sabato scorso ho rimesso le ciaspole ai piedi, per un’uscita sulle nevi di passo Rolle, dove abbiamo camminato sotto una fitta nevicata, con una visibilità di forse due-tre metri. Un’escursione ai minimi termini, perché il maltempo ha impedito di svolgere l’itinerario previsto, ma un’occasione per stare tra persone amichevoli, in un’atmosfera allegra e conviviale. Beh, perlomeno abbiamo rallegrato il grigiore con i nostri colorati indumenti ;-). Peccato solo che fossimo irriconoscibili l’un l’altro, da tanto eravamo coperti!!

 

giovedì 16 gennaio 2014

Rientri - post 'a rate'


Ho ripreso, dopo la pausa natalizia, con la ginnastica, l’inglese, la montagna. E non è sempre stato un rientro indolore, ma, in alcuni momenti una vera faticaccia. A partire da quelle serie di esercizi, nella spoglia palestra, che saranno anche utili per la tonicità di corpi un po’ d’antan, ma che ti costringono a stringere i denti per arrivare a toccare il ginocchio destro con il gomito sinistro e viceversa, tanto che ascolti con vero sollievo quelle parole ‘abbiamo finito’. Grazie, grazie, grazie…

Ma la prova più ardua è stata la ‘semplice’ (a detta dei due organizzatori) escursione di domenica 12, la prima della nuova stagione Sat. Un’uscita gettonatissima, tanto da fare l’en-plein, 54 presenti su 54 posti disponibili, compreso il seggiolino a fianco dell’autista e che ci regala qualche brivido fin di primo mattino.
A partire dalla ‘scomparsa’ di uno dei miei guanti e prontamente ritrovato nella bagagliera del pullman, per continuare con qualche minuto di vera ‘passione’, quando il capogita si rende conto, non appena il potente mezzo è ripartito dall’autogrill dopo la consueta sosta caffè, di aver dimenticato, nello stesso, il borsello con chiavi, carte varie e, soprattutto, una busta con le quote poco prima pagate da molti partecipanti, oltre trecento euro. Un (quasi) dramma a partecipazione collettiva che si risolve (quasi) miracolosamente, con il ritrovamento del borsello, intatto, con tutto il malloppo al suo interno.
Con animi decisamente sollevati raggiungiamo così la ‘nordica’ località di Terme di Brennero, a pochi km dall’omonimo passo di confine e l’escursione ha inizio: sci o ciaspole ai piedi, affrontiamo il ripidissimo pendio, un’ex pista da discesa, che conduce in alto, al pianoro sul quale sorge la Enzianhütte, e di lì alla cima Vallaccia. Gli indomiti sciatori e ‘ciaspolari’ della Sat partono a spron battuto, o almeno così a me pare, senza apparente fatica, sparendo ben presto dalla vista delle due misere ‘tapine’ che chiudono la fila.
E chi sono costoro che salgono con lentezza e periodiche soste, stillando gocce di sudore, con gli occhiali appannati dal fiato ‘ansimante’? Eh sì, sono la sottoscritta e l’amica Cristina, che, all’atto dell’iscrizione, era stata ampiamente rassicurata sulla semplicità del percorso. Ripidissimo in salita e altrettanto difficoltoso in discesa, ci diciamo.
Così, una volta raggiunto il rifugio presso il quale non c’è più alcuno dei nostri –tutti hanno continuato alla volta della cima, o zone limitrofe- e, una volta consumato un rapido pasto dopo aver fortunosamente trovato posto nell’affollata sala da pranzo, intraprendiamo la via del ritorno, percorrendo la lunga strada forestale (7 km), comoda e ottimamente innevata, che ci conduce a fondovalle. Insieme a noi, decine e decine di slittini, che ci sorpassano veloci, ‘sibilando’ sulla neve (in Alto Adige lo slittino è uno sport diffusissimo, a tutte le età).
E poi siamo al pullman; la prima dell’anno è finita, ma non sono particolarmente soddisfatta. Ho faticato più di quanto potessi immaginare e mi domando se valga la pena affrontare ‘prove’ di tale portata, in cui gli sforzi superano di gran lunga le soddisfazioni. Vedremo nelle prossime settimane.

venerdì 10 gennaio 2014

Repulisti

La tradizione vorrebbe che fosse la notte di San Silvestro il momento ideale per gettare, insieme al vecchio anno, tutto quello di cui si vuole disfare, tra le decine e decine di oggetti vari che abbiamo in casa. Noi, invece, che siamo un po’ fatti a modo nostro, abbiamo atteso qualche giorno prima di prendere il coraggio a quattro mani e fare un indispensabile ‘repulisti’. Complice il fatto di dover riporre gli addobbi natalizi in soffitta, ho cominciato con il riordinare ‘cose’ che stavano nell’ex camera dei figli, controllando questa e quella, spostando una di qui, sistemando l’altra di là, scartando una terza, riempiendo il sacco del residuo, quello della carta straccia e quello degli ‘imballaggi leggeri’.
Il consorte, intanto, ridisegnava per l’ennesima volta l’aspetto del piccolo locale adibito a solaio, in cui solo lui riesce a trovare uno o l’altro dei ‘millanta’ oggetti depositati in tanti anni, anche senza disporre di mappa specifica.
-Prima di portar su queste scatole- ha detto –devo trovare loro un posto..-
Così ha avuto il suo bel daffare nel salire e scendere le due rampe di scale che ci separano dal bugigattolo, scendi con uno involto, sali con un altro, ‘incastralo’ tra uno scatolone con vecchi libri di scuola e tre borsoni con quel che resta della vecchia dotazione da campeggio, pensa a dove gettare quelle decine di tappi Bormioli, oramai inutilizzabili ma che abbiamo conservato perché non si sa mai, trova una sistemazione a quel grande tappeto Kilim, comprato anni fa con tanto di certificato di autenticità, perché ci sembrava un indispensabile completamento dell’arredamento di casa e velocemente ‘abbandonato’ per la scomodità di doverlo aspirare un giorno sì e l’altro pure..
E, alla fine della fiera, dopo un’adeguata ‘fatica’ ci siamo ritrovati con una stanza leggermente (e sottolineo ‘leggermente’) più vuota, una soffitta più stipata e un corridoio lungo il quale stazionano alcuni pacchetti da portare direttamente in discarica, con, in più, la consapevolezza che dovremo, a breve, continuare in quest’opera virtuosa di ‘smaltimento’ oggettistico-cartaceo (ché, anche di carta da eliminare, ne abbiamo in grande quantità).
In verità, io ho già avvisato l’amato consorte che il giorno in cui egli dovesse ‘passare avanti’, finirebbero di colpo nell’apposito cassonetto le intere raccolte di riviste di montagna, tutta la collezione di Altroconsumo e le centinaia di programmi delle nostre gite settimanali, accumulate dal 1998 ad oggi. Così, tanto per cominciare. Più le altrettanto numerose cartoline, comprese quelle, sue, di gioventù, portate in dote col matrimonio e i plichi di cartine, piantine, mappine, depliantini di musei, chiese, ville e giardini, raccolti in tanti viaggi e di cui si è persa memoria.
Perché lo scopri sempre e solo al ritorno da una vacanza a Barcellona, tanto per fare un esempio, di avere, in quel cassetto o in quella scatola, una splendida mappa della città, assai migliore di quella che hai comprato prima di partire…

martedì 7 gennaio 2014

Reiterate consuetudini


Non so se capiti anche a voi, oppure è un ‘fenomeno’ che riguarda la nostra famiglia in particolare, che potrebbe essere iscritta nella categoria dei ‘recidivi’. Sto parlando di quell’abitudine di portarsi a casa, quando si è in vacanza, qualsiasi località essa sia, prodotti alimentari tipici, verso i quali c’è stata, in loco, una simil ‘attrazione fatale’ e dei quali si crede di non poter più fare a meno. Così ci si approvvigiona di questo o di quello, i capperi delle Eolie e i pomodori secchi, la bottarga a Sant’Antioco e il tonno di Carloforte, senza dimenticare ben tre confezioni di sciroppo d’acero che giungono direttamente dal Vermont e, per restare in zona, tutta una serie di ‘erbette’ aromatiche, diffusissime in Alto Adige e che noi abbiamo prontamente acquistato, vedendoci già nelle vesti di panificatori, intenti ad impastare pani e pagnotte. Per non parlare delle lenticchie di Castelluccio di Norcia e di quegli strani legumi tondeggianti, mai visti prima d’allora, di cui facemmo ampia scorta in occasione di un week-end ‘lungo’ tra Umbria e Toscana. Quella volta fu una vera apoteosi commerciale: tornammo a casa con un tale assortimento alimentare da aver riempito il baule dell’automobile, vino, formaggi, salumi, legumi, prodotti da forno, le verdure per la ribollita, salse e salsine…

Ma il bello viene dopo, una volta a casa, quando, consumati nel giro di qualche giorno i prodotti freschi e sistemati qua e là nei ripiani della credenza quelli a lunga scadenza, scende una specie di oblio riguardo a questi ultimi, rimandando il loro utilizzo di giorno in giorno, poi di settimane e mesi, sempre aspettando l’occasione ‘giusta’.

-Quand’è che facciamo la ribollita?-

-Ah sì, la ribollita… La farén en dì o l’altro…-

-Ghe sarìa quel tonno de Carloforte…-

-Visto quel che l’è costà, aspeten ‘na sera che sia qua anca i nossi fioi…-

-E quele erbete che aven comprà a San Candido?-

-Quele lì bisogna usarle quando se fa el pan…-

Insomma, passa un giorno e passa l’altro, l’occasione ‘giusta’ non si incontra mai e i prodotti stanno lì, al loro posto, immobili, invecchiando assieme a noi, quello che rimane della costosa bottarga sarda, le erbette altoatesine, lo sciroppo d’acero, gli strani legumi umbri, ai quali si sono aggiunti esotici fagioli provenienti dal Vietnam, souvenir del figlio minore, i pomodori secchi, ancora nella loro confezione sottovuoto, tutti in attesa di utilizzo.

Chissà poi quello che troveremo in Corsica, di ‘specifico’, da acquistare e portare a casa, quando andremo colà con la Sat, agli inizi di giugno, qualche ‘novità’ che possa far compagnia e rallegrare la monotona vita di chi già staziona nei ‘patri’ cassetti…

 

venerdì 3 gennaio 2014

Capodanno

31 dicembre, ore 18.20. Partiamo, vestiti ‘da montagna’, con ciaspole e bastoncini appresso, più il necessario frontalino, per farci luce nella notte scura lungo l’innevata strada forestale che conduce alla malga in cui attenderemo l’arrivo del nuovo anno. A Pergine, il rendez-vous con la macchina di Ugo e gli altri tre partecipanti alla serata, poi risaliamo la valle dei Mocheni fino all’imbocco della Valcava e allo ‘spiazzo’ dove lasciamo le auto. Qualche manovra per parcheggiare sul terreno gelato, quindi scendiamo (scendo) con precauzione per non scivolare sull’infido ghiaccio e, calzate le ciaspole, possiamo finalmente guardare la splendida stellata che sembra incombere su di noi. Centinaia e centinaia di stelle nel cielo sereno, che sembrano direttamente congiungersi alle luci dei paesini che punteggiano la vallata.
Ma la rigida temperatura della sera invernale ci induce a metterci rapidamente in cammino lungo la strada forestale che con moderata pendenza ci porta alla malga, le cui luci brillano più in alto e compaiono e scompaiono a seconda dello sviluppo del percorso.
E finalmente, circa mezz’ora più tardi siamo alla meta. Nella grande sala, arredata in stile rustico, dove si terrà il cenone, già sono presenti altri commensali che come noi hanno prenotato. Sono tutti giovanissimi, vivaci e rumorosi e immediatamente capiamo di essere finiti in un’atmosfera poco adatta a ‘giovanili’ cinquantenni e oltre. Prendiamo comunque posto attorno al tavolo a noi riservato e ci accingiamo a compiere il ‘sacro’ rito…. dell’abbuffata di San Silvestro. Il piccolo antipasto, poi i due canederli e il risotto al teroldego, che degustiamo tra un discorso e l’altro, non sempre agevoli grazie al sottofondo musicale di ‘melodie’ da discoteca, con quel martellare dei toni bassi così poco adatto alle nostre orecchie ‘diversamente giovani’ ed è così che, nei rari momenti di silenzio musicale, probabilmente dovuto al cambio di una cassetta o nastro che sia, ci scopriamo ad usare un tono di voce più alto di qualche bel decibel rispetto al normale. I giovinotti, poi, che occupano la tavolata maggiore, ogni tanto se ne escono in cori e coretti e urla varie che ci fanno ogni volta sobbalzare, tanto che ho come l’impressione che la presenza di noi otto ‘anziani’ spinga qualcuno del gruppo a goliardiche provocazioni.
-Scolté questa, ché l’è dei vossi tempi…- grida con voce stentorea il ‘capogruppo’, allorché il dj della serata passa, dalle musiche spacca timpani, alla celebre ‘Because the night’ di Patty Smith.
Sì, cari giovani, è una vecchia canzone, ma sempre bella e ancor più di certe melodie elettroniche…
E poi la mezzanotte si avvicina a grandi passi, così, dopo un modestissimo dessert e un accenno di panettone e pandoro (due minuscole fettine a testa, una per tipologia –e a me il pandoro piace poco o niente- ché, con il prezzo pagato per la serata avremmo avuto diritto ad UNO intero…), passiamo a stappare la bottiglia di spumante d’ordinanza (sì, una per tutti otto, quanti noi eravamo) e a scambiarci il doveroso augurio per il nuovo anno appena iniziato. Così accendiamo i piccoli ‘bengala’ che ci sono stati portati al tavolo, uno a testa, ché non si creda, ai quali aggiungiamo quelli che la previdente Rosy ha in borsetta ed è tutto uno sfavillio (i giovani, neanche a dirlo, escono nella notte a festeggiare nella neve), con il rischio di dar fuoco alle tovagliette, con un ‘mini-incendio’ prontamente domato dal consorte.
Rimaniamo in loco ancora un’oretta, poi, mentre per gli aitanti giovanotti e signorine, ora lanciati in moderni balli, sempre a musica a livello… per sordi, la notte è ancora giovane, noi riprendiamo la via del ritorno, ripercorrendo la strada innevata illuminata dalle luci dei frontalini, immersi nel silenzio della notte, rotto soltanto dal lieve frusciare delle ciaspole sulla neve gelata. E non fa neppure tanto freddo, penso, mentre, scendendo a grandi passi, osservo le stelle così lucenti e così numerose, che riempiono tutta la volta celeste. Poi, raggiunte le auto, gli ultimi saluti, prima di riprendere la strada di casa.
-Li abbiamo fatti andar via, i ‘vecchietti’, avranno detto quelli su alla malga- scherziamo.
Ma chi se ne importa, è stata una bella serata tra amici, certo, se si fosse mangiato un po’ meglio… e se la musica fosse stata un po’ più soft…
Vorrà dire che il prossimo anno, prepareremo a casa nostra il cenone di San Silvestro: con la metà di quanto abbiamo speso stasera, il consorte allestirà un menu da gourmet. Sempre che non ‘assecondiamo’ il desiderio di Rosy di andare in un posto in cui, poi, si balli. Sicuramente interessante, se non fosse per il ‘piccolissimo’ particolare che tre dei quattro ‘giovanotti’ al seguito non sono propriamente dei ballerini. Forse forse potrebbero arrivare al ‘ballo della mattonella’…. Peccato non sia più in uso… ;-)