Sabato 21
settembre
Siamo partiti. Ore 8.10 con il regionale per Verona, che arriva nella
città scaligera con quei sette minuti di ritardo, capaci di creare un po’ di
patema per l’imminente coincidenza verso Milano. Ma ce la facciamo a salire a
bordo di un’affollatissima Freccia (di un qualche colore), dove, per sistemare
al giusto posto i legittimi ‘possessori’ assistiamo ad una specie di domino…
dei sedili, tanto che nel giro di pochi minuti cambiamo ‘compagno di sedia’
almeno tre volte. Ed è questo treno che accumulerà un discreto ritardo che
provocherà forti e sentite reazioni in chi non giungerà in tempo per la
coincidenza. Non è il nostro caso, perché noi siamo in largo anticipo e
mezzogiorno è da poco scoccato quando entriamo nell’aeroporto di Linate. Qui
pranziamo con calma, girelliamo, guardiamo i vari shop prima e dopo il check-in
e, puntuali, alle 15.55 ci leviamo in volo verso Londra, a bordo di un Boeing
della British Airway, a bordo del quale riceviamo perfino… la merenda!!
Atterriamo a Londra alle 16.55 ora locale, in perfetto orario,
nonostante le fosche previsioni di dover ‘parcheggiare’ in aria per un tre
quarti d’ora buoni, per un’overdose di traffico e con il concreto rischio di
riuscire a salire, noi, a bordo del volo per Johannesburg, senza i nostri
bagagli…
E adesso, sono le 18.30, ora di Greenwich e siamo al gate B48 di
Heathrow in attesa della nuova partenza che avverrà fra circa quaranta minuti.
Ore 7.00 del 22 settembre.
Siamo a Johannesburg, dopo un lungo e affollato volo durato circa 11
ore, durante le quali abbiamo cenato, dormicchiato, fatto colazione e seguito
in diretta, sul piccolo monitor del sedile, gli spostamenti dell’aereo, con
cartine, tempi ecc.ecc.
Abbiamo adesso cinque ore da far passare prima di imbarcarci per
l’ultima tratta, così approfittiamo per cambiare un po’ di ‘eurini’ in rand,
moneta accettata anche in Namibia, alla pari con quella locale, per una merenda
di metà mattina e per scoprire i primi negozi di etnici souvenirs; poi, poco
dopo mezzogiorno siamo a bordo dell’ultimo aereo. Due ore, circa, di volo, che
trascorro un po’ tra le braccia (scomode) di Morfeo, un po’ leggiucchiando e…
pranzando (non abbiamo mai ricevuto tanto cibo come in questo viaggio…) e
infine eccoci a terra, nel (piccolo) aeroporto internazionale di Windhoek,
praticamente in mezzo… al nulla. Mi ricorda tanto il patagonico aeroporto di El
Calafate, anch’esso solitario in mezzo alla pampa. Questa, invece, è
un’assolata distesa giallastra di arbusti e bassi alberi contorti, attraverso
la quale raggiungiamo la capitale, distante più di 30 km, a bordo del pullmino
venuto appositamente ad accoglierci.
L’autista del mezzo ci conduce all’agenzia di autonoleggio, dove
prendiamo possesso del mezzo che Paolo ed Ugo, valenti ‘piloti’ guideranno
attraverso il paese e dove incontriamo Nadia, l’italiana tour-operator
attraverso la quale abbiamo organizzato il nostro viaggio.
Con lei raggiungiamo la deliziosa ‘Casa Piccolo’, la pensione e
B&B dove trascorreremo la prima notte in terra africana e con lei definiamo
gli ultimissimi particolari dell’itinerario e delle varie ‘attività’ che ci
attenderanno nei giorni futuri.
E la giornata si conclude con una cena in una grande birreria di
Windhoek, dove i quattro quinti del gruppo hanno un’esperienza ravvicinata con
un maxi-spiedino di carni miste (e inconsuete) che li soddisfa pienamente,
mentre la sottoscritta opta per una più classica bisteccona (peraltro ottima),
seguita da un delizioso Don Pedro, una specie di sorbetto con un po’ di alcool,
che incontra l’unanime gradimento.
Poi, per tutti, giunge il momento del giusto riposo sui comodi letti
di ‘Casa Piccolo’ (e ci voleva proprio!!).
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