martedì 10 settembre 2013

La magnalonga, ovvero cronaca di una domenica tra camminata e... spuntini

E il bello è che molti pensano che il camminare in montagna, spesso per ore e magari sudando come fontanelle, sia un ottimo metodo per consumare calorie e perdere un po’ di peso eccedente… E invece..
Invece capita che la ‘sana’ escursione domenicale diventi un’occasione ideale per dar ascolto ai più calorici richiami dello stomaco e della gola, in un alternarsi di auto-giustificazioni (nel mentre) e di coccodrillesche metaforiche ‘lacrime’ (a posteriori), come accaduto proprio l’altro ieri, domenica 8 settembre.
Eccovi pertanto una montano-alimentar-resoconto.
Domenica 8 settembre, escursione in val Casies (Alto Adige)
Partiamo quando le ombre della notte non si sono ancora dileguate del tutto, alle 6 del mattino, in numeroso e scattante gruppo. Naturalmente ho fatto una più che discreta colazione, sia pur all’alba delle 5 a.m., perché il pasto del mattino è un momento ‘sacro’ e non c’è ora che tenga. Rinuncio, invece, al caffè dell’autogrill nei pressi di Bressanone, rituale punto di sosta dei viaggi in zona (la pausa-caffè è un momento irrinunciabile nelle gite!!), preferendo berne una tazzina a Santa Maddalena, già con gli scarponi ai piedi, un attimo prima di incamminarmi.
Sono le 8.30 circa e il ‘plotone’ dei satini si mette in marcia, dapprima a ranghi compatti, sgranandosi poi via via in tanti segmenti, con i piè veloci che distanziano tutti gli altri. Il percorso non è affatto difficile, certo, ci sono all’incirca settecento metri di dislivello per giungere alla forcella di Casies, ma la pendenza si sviluppa gradualmente e si riesce perfino a conversare con chi ti sta a fianco; l’unico inconveniente è l’elevato tasso di umidità che fa sudare copiosamente.
E siamo ancora distanti dalla citata forcella che io comincio ad avvertire un certo languore, che si potrebbe quasi chiamare ‘fame’, per cui mi fermo quell’attimo necessario a togliere dallo zaino un residuo di frutta secca (‘anca quela te hai portà!’- si scandalizzerà poi l’amato bene) e il pacchetto di crackers riso-su-riso che sbocconcello passo dopo passo, tra un rivolo di sudore e l’altro.
Rifocillata e rinvigorita, sono così pronta ad affrontare di buon passo le ultime asperità ed eccomi alla forcella, dove tira un’arietta talmente fresca che, oltre ad asciugare qualsiasi stilla di sudore, ti invita a rivestirti di tutto punto, quasi quasi con guanti e berretto in aggiunta. E qui, sono circa le 11, come peraltro stanno facendo tutti i compagni d’avventura, proseguo nella mia azione…alimentare. La barretta di cereali (che non è certo il massimo, ma di necessità si fa virtù…), quindi tutta la frutta che ho con me, una banana, un’orrida pesca che non sa di nulla e due-tre racimoli di uva bianca, per fortuna di ottima qualità. Adesso non mi resta che un modesto (come dimensioni) panino imbottito, salume più insalata, che consumerò una volta raggiunta la malga Weissbach, luogo deputato per la sosta pranzo per gli escursionisti del percorso breve.
Già, perché qui le strade si separano: il gruppo degli arditi, dei piè veloci, di coloro che senza-una-cima-mai, riparte verso una vetta dall’impronunciabile nome tedesco, mentre i sedici ‘tranquilli’, quelli che sono paghi anche di panorami a quote più basse, continuano lungo un sentiero che taglia, con qualche up and down, il fianco della montagna fino alla suddetta malga Weissbach. Un’altra ora di strada, a passo costante, con attenzione e prudenza, ché qui non è il caso di prodursi in scivoloni dai probabili esiti disastrosi (o quasi).
Ed ora siamo alla meta e ciascuno si sistema come meglio crede, chi ai tavolini esterni della struttura, chi sull’erba dei prati circostanti, chi nella piccola stube, timoroso dell’aria fresca che non ci ha abbandonato un solo attimo. Così, una volta consumato il residuo panino, con Silvana e Clara entro nel più tiepido ambiente e che succede a questo punto?
-E se ci ‘facessimo’ una Lienzertorte?- suggerisce Silvana.
-Già, perché no?-
Già, la volontà sarebbe anche forte, ma è il corpo ad essere debole e, et voilà, dalla linda cucinetta, ecco materializzarsi tre belle fette di torta, tra l’altro anche gustosa che ‘va giù’ che è una bellezza.
-Si vive una volta sola- commentiamo, sazie e ritemprate da un buon caffè conclusivo –abbiamo poi un altro paio d’ore di strada… riusciremo a smaltirla…-
Così accade (per le due ore circa di strada, ovviamente) che percorriamo con tutta tranquillità, sguardo proteso alla ricerca di funghi, i cosiddetti ‘funghi del pin’, di cui Silvana e il marito Paolo sono grandi estimatori. E ce ne sono tanti, giù e giù, fino a fondovalle dov’è parcheggiato il nostro pullman, dei quali facciamo ampia raccolta per i due amici, che arrivano alla meta con un buon bottino.
Non sono ancora le 16, la partenza verso casa è prevista per le 17.30 e a noi, della gita ‘breve’ non rimane che attendere con pazienza. Ma il tempo sta volgendo decisamente al brutto, fa freschetto, mentre nubi minacciose stanno sopraggiungendo, foriere di precipitazioni inopportune e allora non ci resta che trovare posto ai tavolini del tipico bar a due passi dal parcheggio, così capita che mi ritrovi ad ‘aiutare’ Maria a consumare un gelato inaspettatamente più grande del previsto. Anche il gelato!!
E non penserete che finisca qui!! Ahimè no, perché, quando FINALMENTE anche quelli della ‘lunga’ sono tutti alla base, compreso il consorte che accompagno ad avere la giusta ricompensa… alimentare post-fatica, ri-cado in tentazione, ché, a furia di aspettare…. ho di nuovo fame. Ed è una cremosa fetta di torta Selva nera che finisce in quattro e quattr’otto nel mio stomaco. Speciale. Ottima. Supercalorica.
E tutto perché gli amanti delle vette hanno impiegato più tempo del previsto, come sottolineo scherzosamente (ma non troppo) all’amico Roberto. -Consideratevi responsabili del mio aumento ponderale!- gli ricordo. Già, perché se fossero scesi in minor tempo, avrei avuto meno occasioni per ‘peccare di gola’. Del resto, in un mondo in cui nessuno è mai colpevole di nulla, potrò attribuire anch’io la responsabilità di essere caduta in tentazione a qualcun altro? ;-)
Per concludere, sappiate che, una volta giunti alla magione, ore 20.30 circa, ho pure cenato. Moderatamente, s’intende, fagiolini lessati e un po’ di mozzarella. Un pasto leggero, ma sempre ‘pasto’..
 
 

2 commenti:

Maddalena ha detto...

Ahahaha!!!! Sei una grande, hai trasformato il ritardo del gruppo piè veloce in una "dolce attesa" ;))))

cautelosa ha detto...

Davvero una 'dolce' attesa!! Qui, in quanto a volontà, dovrei far mio il motto di Vittorio Alfieri, quel 'volli, sempre volli, fortissimamente volli' e, invece di farmi legare ad una sedia per non avere distrazioni nello studio, trovare un cerotto... da bocca che si apra solo ad ore prefissate...
Ciao!