Tra le motivazioni addotte dall’amministratore condominiale sulla
ritardata accensione del riscaldamento (il nostro era l’unico ‘palazzo’ al
freddo tra tanti edifici a noi vicini con camini fumanti) c’è stato il timore
di lamentanze di quegli inquilini che ritengono di pagare una bolletta energetica
troppo elevata.
Ma che bella pensata, ho riflettuto, partorita sicuramente da menti
eccelse. Perché avremo sicuramente risparmiato, con i termosifoni spenti, una
cifra X, ma nel contempo abbiamo altrettanto sicuramente speso una cifra Y,
pari se non superiore, per attivare forme alternative di riscaldamento. Come la
signorina Adele, inquilina del quarto piano, che, mi ha spiegato, ha tenuto
accesa per tutta la domenica una stufetta elettrica. Solo così, ha aggiunto, è
riuscita ad avere una temperatura accettabile, attorno ai 19 gradi.
Insomma, per dirla alla trentina ‘el tegn dala spina e ‘l mola dal
borom’, proverbio di origine contadina, che, usando un gergo da cantina
riferito alle botti, si ‘applica’ a colui che guarda le piccolezze e poi non
vede la ‘catastrofe’.
Da parte nostra, invece, essendo sprovvisti di qualsiasi mezzo
alternativo (‘dovente alora procurarne dele stufete?’ ha chiesto ironicamente
il consorte al citato amministratore), siamo ricorsi al forno elettrico, tanto
per stemperare un po’ (‘fra ‘n po’ me toca meter le man en tel forno, per
scaldarle..’). Ed è stato allora, lunedì nel tardo pomeriggio, che ho deciso,
vista la situazione, di ‘far di necessità virtù’ e, giusto per utilizzare a scopi
più adeguati il forno in attività, di impastare in quattro e quattr’otto una
casalinga torta della serie ‘su e via’, con quegli ingredienti che comunemente
si trovano nelle dispense.
Detto e fatto, ho sbattuto tre uova intere con una quantità di
zucchero bianco di circa 75/80 grammi, quella cioè contenuta in un vasetto
(usato come misurino) dello yogurt più una bella cucchiaiata di zucchero grezzo
e una bustina di quello vaniglinato, tanto per non fare torto a nessuno e,
quando il composto è stato ben montato e spumeggiante, ho aggiunto circa mezzo
vasetto di olio di semi. Di mais, quello che tengo in casa solo per i dolci,
perché l’extravergine risulta troppo forte. Poi, a seguire, un vasetto di
yogurt, magro, perché avevo solo quello e un tre etti e mezzo tra farina e
fecola (50 grammi) più la solita bustina di lievito per dolci, senza comunque
dimenticare un pizzico di sale, che, si dice, vada sempre bene…
A questo punto ho sbucciato e tagliato a piccoli pezzi due pere abate
(andrebbe bene qualsiasi altra varietà, naturalmente) che ho aggiunto all’impasto,
concludendo con una manciatina di uvetta, precedentemente lavata, asciugata e
infarinata.
Quindi non mi è rimasto che versare il tutto in uno stampo (abbastanza
grande) da plum-cake, ché io ho molta simpatia per torte di questa forma,
ovviamente imburrato e infarinato e infilare il tegame in forno, che, come si
può immaginare, era già bello caldo (180°). 50 minuti di cottura ed ecco qui il
mio ‘prodotto’, lievitato al punto giusto con una bella superficie brunita e
con le giuste ‘screpolature’.
E, last but not least, veramente buono, come ha confermato l’amato
bene, notoriamente non ‘di bocca buona’, ma talora critico (ovviamente per il
mio bene, come ci tiene a precisare) e come è stato dimostrato dalla veloce… ‘decrescita’
del dolce….
Lo scoprire, poi, che i termosifoni cominciavano a rilasciare un
modesto, ma gradito tepore ha contribuito ad allietare la serata, facendoci
capire che, a volte, per essere contenti ci vuole davvero poco…
Anche stamattina mi sono dedicata alla pasticceria da forno, in una
variante del mio natalizio plum-cake all’arancia che, in assenza di arance non
trattate, non ancora disponibili nel vicino negozio di prodotti biologici, è
diventato un dolce agli agrumi in generale. Ho infatti grattugiato la buccia di
limoni ‘doc’ e ho spremuto un paio degli stessi, con l’unica arancia ‘normale’
presente in casa, utilizzando infine dei canditi di agrumi ‘misti’ di sicula e
controllata provenienza che non sapevo come finire.
Te voi vederme grass, ha commentato il consorte vedendo in forno ben
due stampi da plum-cake.
No, caro, gli ho risposto, non sono per te… Uno è per mio fratello che
domani compirà gli anni e l’altro… L’altro, vederen con chi dividerlo…
Quindi, se qualcuno fosse da queste parti, si faccia avanti: una
fettina di plum-cake è pronta per la degustazione. E un the o un caffè sono
sempre disponibili…
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