25 aprile, splendida giornata di sole, come lo è stata quella di ieri
che ci ha visti scarpinare lungo tranquilli sentieri altoatesini in
‘avanscoperta’ dell’escursione del 5 maggio, che mi vedrà nuovamente impegnata
come capogita. E, nonostante fossimo in terra (quasi) ‘tetesca’, laddove tutto
è lindo, ordinato, con i prati rasati al punto giusto da far pensare a tappeti
vellutati e i cespugli di forsizie così lussureggianti e colorati da sembrare
finti e i giardini altrettante macchie di colore da rimanere ammirati davanti a
ciascuno di essi, ciononostante, dicevo, abbiamo corso il rischio di smarrirci
tra sentieri, strade forestali, stradette e stradicciole, grazie ad una
segnaletica più italica che teutonica, con cartelli non sempre precisi né
abbondanti e, demerito nostro lo ammetto, ad una cartina non proprio precisa,
probabilmente risalente ai primi anni post era littoria ;-).
Comunque sia siamo riusciti a tornare alla base, vale a dire alla
piazza di Steinegg, o Collepietra (secondo l’italica traduzione) dov’era
parcheggiata la nostra auto, ma con ancora il dubbio amletico se, in data 5
maggio, sia meglio ‘tentare’ quello che dovrebbe essere il tracciato originario
(e da noi ‘mancato’ per un tratto del rientro) o condurre i valorosi
escursionisti lungo quello ‘nuovo’ e casualmente scoperto. Mah, ci penserò…
Quest’oggi, invece, avrei dovuto partecipare alla ‘passeggiata
girasoliana’, con le amiche del glorioso gruppo delle giovanili ex fanciulle,
di cui l’elianto annuo è il simbolo (-ma dovete avere anche la biancheria con
disegnà su el girasole?- mi ha chiesto un giorno l’irriverente consorte,
vedendo girare per casa e un quadernetto con il simbolo sulla copertina e una
scatolina con il fiore dipinto e una tovaglietta all’americana e una
(usatissima) mug, da lui medesimo, poi, inavvertitamente (?) rotta…).
La meta odierna era il lago di Caldaro, di cui avremmo dovuto fare il
periplo, con successivo pranzo comunitario, ecc.ecc.
Invece, ed ecco spiegato l’uso del condizionale, le Girasole sono
andate senza di me perché, fra poco più di un’ora ci sarà una breve cerimonia
presso il cimitero per rendere l’ultimo saluto all’ex collega Maria che, per
usare un temine inglese, passed away. E’ passata avanti, Maria, a
sessantacinque anni appena appena compiuti e dopo un anno scarso di malattia.
Una donna di una vitalità incredibile, che ha sperato, hanno detto le amiche
che le sono state vicine, fino all’ultimo di ‘venirne fuori’. Una donna sempre
‘di corsa’, la scuola, la casa, il marito, i figli, la mamma lontana, le
attività extra, la palestra, i mille e mille impegni che riusciva a portare
avanti. Una collega con cui avevo perso i contatti, una volta uscite dalla
scuola. Un’insegnante, anch’ella di lettere, con la quale non mi ero sempre
trovata d’accordo –accade, infatti, che spesso le docenti, e di lettere in
particolare, si sentano un po’ api regine e ciascuna la depositaria de ‘il
metodo’- ma anche questo rientra nell’ordine delle cose.
Ma tutto questo scompare di fronte alla morte, perché è in questi
momenti che si capisce cos’è quel che conta e che vale. Peccato che non ci si
rifletta quasi mai, quando si potrebbe…
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