E torniamo a discorsi ‘privati’ (anche se, comunque, il ‘politico’ non
è dimenticato, con discussioni accese e partecipate… e tutte tra persone della
stessa area, perché, al di là della grillina girasoliana e dell’ex
berlusconiano fruttivendolo, oggi di area montiana e con simpatie per Renzi,
tanto per essere ecumenico, ci muoviamo in un mondo di ‘centro-sinistri’…).
E torniamo, perciò, al domenicale appuntamento con la montagna, quest’oggi
‘allietato’ da una precipitazione che ci ha accompagnati per gran parte della
mattinata, fino al pomeriggio. Ma, si sa, noi siamo un po’ masochisti e un po’
mattocchi e non ci lasciamo certo spaventare da quattro (otto?) gocce, ben
previste, tra l’altro, da tutti i servizi meteo della penisola e, con capiente
ombrello, copri zaino, mantella e tutto quanto alla voce ‘protezione contro la
pioggia’ raggiungiamo il consueto raduno di lungadige Monte Grappa.
E non siamo neppure così pochi come il maltempo avrebbe fatto supporre
(Quanti saremo?- ho chiesto già sulla porta di casa al consorte –Cinque? Dieci?
Si accettano scommesse…), 27 temerari e colorati escursionisti, che prendono
posto sul capiente bus, anche stamane condotto dal prode autista Orazio.
27 escursionisti, compresi Antti, giovanotto finlandese
temporaneamente a Trento ed Helen, insegnante inglese in una delle scuole di
lingue della città.
Poco più di mezz’ora di viaggio e siamo a Montesover, ameno paesino di
mezza montagna ai margini del gruppo del Lagorai, da dove ci mettiamo in
cammino dopo la consueta sosta caffè nel moderno bar dell’unico hotel del
luogo. In lunga fila serpeggiante risaliamo un erto sentiero in parte selciato,
prestando grande attenzione passo dopo passo, per evitare inopportune scivolate.
-It’s very slippery-
commenta Helen.
Oh yes! Erto e scivoloso, con una pioggerellina continua ed un tasso
di umidità assai elevato. Ma noi risaliamo impavidi, sudando e sbuffando fino a
che non incrociamo la strada asfaltata che ci porta alla malga Pat, un rustico
edificio da pochi anni ristrutturato e sotto l’ampio porticato ci concediamo
una piccola pausa rifocillante. E su uno dei tavoli compaiono quasi per
incanto, tolti da capienti zaini, bottiglia di vino bianco e vari recipienti
per bere, compreso un elegante calice in vetro lavorato, lucaniche, con
coltello e tagliere al seguito, pane e grissini per una merenda di metà
mattina. Io, invece, mi accontento di un rapido spuntino a base di frutta, in
attesa del pranzo che si terrà in una trattoria di Piscine di Sover, verso la
quale ci incamminiamo una volta ristorati e, almeno in parte, saziati. Un’ora
abbondante di percorso in discesa, che mi costringe, in qualche tratto, a
costante attenzione, dato che tra pietre bagnate, foglie marcescenti e un
ombrello aperto, il rischio di finire gambe all’aria è facile assai.
Invece nulla di ciò succede e, percorsi gli ultimi chilometri su più tranquilla
strada asfaltata, siamo in vista del paesino, che raggiungiamo addirittura
sotto un pallido sole. Il sole!! Chi l’avrebbe mai immaginato, quando siamo
partiti stamane? Gioiosi e festanti, prendiamo posto nella sala da pranzo della
trattoria, unici ospiti della struttura e in un’atmosfera di calda (e a tratti
un po’ rumorosa) convivialità degustiamo il semplice menu preparato
appositamente per noi: una scelta di salumi come antipasto e una pasta al
pomodoro da tutti apprezzata, come dimostrato dai numerosi bis.
Ed è a questo punto, mentre attendiamo il caffè e una fettina di torta
appresso, che, laddove siamo seduti il consorte ed io con Paolo, Silvana e
Maria Grazia, si eleva un sentito scambio di opinioni sulla situazione politica,
tra scoramento e delusione, recriminazioni e qualche accusa, che viene a
concludere discorsi già cominciati in pullman e proseguiti al bar di
Montesover. Vabbè, prevedo che questo tema sarà il leit-motiv anche del
prossimo incontro con gli ex colleghi…
Poco
dopo le 14.00, zaini nuovamente in spalla e ombrelli oramai riposti, ci
rimettiamo in cammino, lungo un comodo sentiero a mezza costa nel bosco che in
poco più di un’ora ci conduce a Sover, dove il pullman è in nostra attesa. Ma a
quest’ora del pomeriggio l’autista Orazio non è da solo: con lui c’è un Orazio
in miniatura, uno scricciolo d’uomo con una folta chioma ricciuta e una tuta
blu, vale a dire il piccolo Simone di cinque anni, che ha voluto accompagnare
il suo papà. Un bambino vivace e socievole, dalla sciolta parlantina che ci
intrattiene per gran parte del viaggio di ritorno prima di cadere tra le
braccia di Morfeo, cullato dal movimento del mezzo e dal tepore del sole. E non
è il solo!! ;-)
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