mercoledì 11 gennaio 2012

Vacanza in Patagonia-20° giorno

Giovedì 24 novembre
Ieri sera, attorno ad un tavolo del ristorante Pangea, di fronte all’ennesima ‘sopa de calabaza’ (=minestra di zucca), tradizionale piatto presente in tutti i patagonici menu, il gruppo degli indomiti quattro aveva solennemente stretto ‘il patto del Cerro Torre’, nome in codice ‘tenteremo anche domani’.
Ovviamente il ‘tenteremo’ non si riferiva alla volontà di scalare la severa parete dell’Urlo di pietra, seguendo le orme di valenti alpinisti, ma assai più semplicemente alla decisione di tornare al Mirador Maestri per ammirare da vicino l’imponente montagna finalmente sgombra da nubi.
No grazie, avevano subito dichiarato Silvana e la sottoscritta, noi abbiamo già dato, a meno che l’indomani non ci regali una giornata di cielo limpido con sole sfolgorante. Noi ci organizzeremo per conto nostro…
E così infatti avviene.
Ore 9. Anche stamattina le condizioni meteo non sono delle migliori. Le nubi regnano quasi sovrane e a tratti, in aggiunta, soffia quel patagonico venticello frizzante, ma noi, puntuali, siamo pronti a cominciare la giornata e, dopo una tappa in un punto telefonico dove contattiamo a El Calafate l’ufficio delle Aerolineas Argentinas per confermare il volo di domani sera verso Buenos Aires, le nostre strade si dividono. I quattro ‘da ‘na banda e le due, dall’altra.
Così ci incamminiamo verso la Cascata del Salto, un’imponente caduta d’acqua spumeggiante, quotidiana meta di decine e decine di escursionisti più tranquilli, famigliole comprese.
E’ una camminata di un’ora e mezzo circa, su larga strada sterrata e pressoché pianeggiante nel primo tratto, quindi su comodo sentiero nel bosco, che ci permette piacevoli conversazioni, alternate a brevi soste e per ammirare il panorama, l’ampia vallata dove scorre il Rio Salto e le ignote catene che la delimitano e per quel ‘cava e metti, metti e cava (la giacca, il berretto e tutto quello che è necessario)’, croce e delizia di queste ventilate giornate.
Arrivate alla meta, un luogo ameno e tranquillo, sostiamo una decina di minuti sedute su uno dei grandi sassi che delimitano il piccolo specchio lacustre ai piedi della cascata, osservando il continuo e fragoroso cadere dell’acqua e la nuvola leggera di milioni di minuscole gocce, con l’effetto arcobaleno creato da quegli sparuti raggi di sole capaci di penetrare la grigia nuvolaglia, poi, un ultimo sguardo al paesaggio, ce ne torniamo verso El Chaltén.
La nostra prossima meta sarà un locale dove consumare un veloce pranzo, in attesa del ritorno alla base dei rispettivi consorti più amici, sul cui successo escursionistico nutriamo qualche dubbio.
-Chissà se avranno potuto vedere il Cerro Torre…- ci diciamo osservando perplesse il cielo.
E, ahimè, ‘vediamo’ giusto, perché, dopo una veloce sosta ante-pranzo al Kaleshen, al momento di uscire troviamo, tristemente seduti nella hall, Ugo e l’husband appena rientrati dal mattutino tentativo di raggiungere il Mirador Maestri.
Nuvole grigie e basse, oltre ad un vento a tratti inclemente, li hanno accompagnati per tutta la mattinata, perciò, una volta raggiunto il primo mirador, accertata l’esistenza di una ‘muraglia’ nebbiosa a coprire il Cerro Torre, hanno deciso di tornarsene sui loro passi, lasciando i soli Patrizia e Paolo F. ad attendere l’improbabile ‘miracolo’ (i due arriveranno al Mirador Maestri, con visibilità pari a…. zero).
E no, non hanno neppure voglia di venire a pranzo con noi, (lasciatemi come una cosa posata in un angolo e dimenticata, avrebbe detto Ungaretti), per cui Silvana ed io li lasciamo laddove sono e andiamo alla ricerca di un ‘localino’ adeguato (a El Chaltén non c’è che l’imbarazzo della scelta…).
Quest’oggi optiamo per Mathilda, un piccolo caffè-ristorante dove, nella graziosa saletta da pranzo, gustiamo….. un’ottima sopa de calabaza (perché una minestra calda fa sempre bene, avrebbe detto la mia oggi ultracentenaria zia Rosina…) e qualcosa di secondo, concludendo con un buon caffè, sempre un po’ lungo, ma che ci gusta assai.
E ce ne rimaniamo a lungo, nel tepore del confortevole ambiente, fino a rimanere le uniche clienti, quindi ci rituffiamo nel fresco (e ventoso) pomeriggio patagonico, girellando qua e là per le ampie strade, entrando in questo o quel negozio di souvenirs, per un’ultima (e vana) ricerca di qualcosa di insolito da riportare in patria, prima di tornarcene all’hotel e ricongiungerci agli affetti coniugali.
Poi, alla sera, dopo una breve passeggiata, a gruppo riunito, per le vie del ‘borgo’, alla ricerca di quelle caratteristiche ‘sculture’ in metallo, che altro non sono se non artistici contenitori per i sacchetti dell’immondizia, ce ne andiamo a cena a l’Estepa, dove, con quel po’ di nostalgia che ti prende quando una vacanza sta per finire, davanti ai succulenti piatti del menu, rievochiamo i momenti felici di questa lunga esperienza in terra sudamericana.
Domani, a quest’ora, ci diciamo tornandocene al Kaleshen, saremo in volo per Buenos Aires, ma domattina, all’alba, prima di partire verso El Calafate…. ultima sfida al Cerro Torre!!
Prego, accomodatevi, miei cari. Io, me ne rimarrò sotto le coltri!

2 commenti:

la povna ha detto...

I contenitori dell'immondizia-scultura mi incuriosiscono. Sempre bello il tuo reportage!

cautelosa ha detto...

Sì, sono artistici, fatti con materiali di recupero, ma poco efficaci... Infatti, attorno a molti di loro, 'fioriscono' le borse e i sacchetti, anche là multicolori.
Ciao!