giovedì 29 dicembre 2011

Vacanza in Patagonia-17° giorno

Riprendo con il racconto della vacanza sudamericana, che ho un po’ trascurato in questi frenetici giorni di festa. Il resoconto delle giornate precedenti si può leggere su cautelosa.wordpress.com.

Lunedì 21 novembre
Cielo sereno e sole splendente ci accolgono in quest’ultima mattinata di soggiorno a El Calafate, da dove partiremo verso El Chalten, una volta sbrigate le burocratiche formalità presso l’ufficio delle Aerolineas Argentinas riguardanti il biglietto del consorte, che dovrebbe viaggiare solitario con destinazione Buenos Aires, precedendoci di una mezza giornata.
Così, lasciati i bagagli, rifatti per l’ennesima volta, in custodia all’hotel, ci rechiamo in centro e, mentre Ugo e Paolo si dirigono a grandi passi verso la sede della compagnia aerea, gli altri girellano qua e là, dedicandosi agli ultimi acquisti, dei francobolli, qualche cartolina, una maglietta con la stampa del Perito Moreno, un souvenir per il fratello-cognato amante dei minerali, un paio di cartine topografiche, della frutta…
Poi, risolta la questione biglietto (il consorte è stato ‘riunito’ alla diletta moglie e agli amici) e bevuto un caffè dal gusto quasi italico, seduti al tiepido sole della tarda mattinata, siamo pronti a percorrere i circa 200 km che ci separano da El Chalten e dalle imponenti montagne che la circondano.
Partiamo. Un’ultima sosta davanti alle azzurre acque del lago Argentino per gli ultimi scatti, una serie di fotografie ad uno spelacchiato cucciolo di volpe che si avvicina pericolosamente al nastro asfaltato alla ricerca di cibo (per sua fortuna il traffico è piuttosto scarso), poi tappa a La Leona, un caratteristico edificio, parador e hotel, che sorge in mezzo al nulla, sulla riva dell’omonimo rio (La Leona), laddove, fino a non molti decenni fa, si guadava il fiume a bordo di robuste zattere.
Un luogo non privo di fascino (date un’occhiata al sito del parador e alle sue belle fotografie), che ti rimanda direttamente con la mente al vecchio west e alle sue locande in mezzo a lande desolate.
Qui consumiamo un veloce pasto con i piatti della casalinga cucina (le migliori empanadas di tutto il viaggio), concludendo con gustosissime fette di torta di cui non rimane briciola alcuna.
Poi la strada ci ‘richiama’: ancora un centinaio di km e saremo alla meta.
Partiamo e percorsi pochi km, nella limpida luce del primo pomeriggio ecco stagliarsi, lontane ma nitide e chiare, due inconfondibili sagome rocciose.
-Eccoli!!- il grido prorompe spontaneo –Eccoli!! Il Cerro Torre e il Fitz Roy!!-
Cerro Torre e Fitz Roy, due pietre miliari della storia dell’alpinismo, compreso quello trentino, Cesare Maestri in primis, sono davanti a noi. Inutile dirlo, i fotografi non perdono occasione di scattare foto a ripetizione, una sosta ogni venti-trenta km (e bene faranno ad approfittare della giornata limpida e chiara, ma questo non lo sapevamo ancora…).
E finalmente siamo a El Chalten, ‘ruspante’ centro in rapida espansione, con una fantasiosa varietà ‘architettonica’ nella tipologia e nei materiali usati nella costruzione degli edifici, probabilmente in stretta relazione alle risorse economiche dei costruttori. Diversa è anche la ‘tipologia’ dei visitatori: se El Calafate è una delle mete fisse dei tour patagonici per turisti di ogni età, El Chaltén, considerata ‘la capitale del trekking’, è il regno di escursionisti che intendono cimentarsi su sentieri più impegnativi per raggiungere la base delle due grandi montagne, se non addirittura tentarne la scalata.
Moltissimi sono i giovani, che alloggiano in uno o l’altro dei numerosi (e spartani) ostelli o, i più temerari, nei campeggi, alla periferia del villaggio o negli appositi ‘allestimenti’ nei boschi, in minuscole canadesi.
Noi, invece, siamo al Kalenshen, ‘ruspante’ hotel, dotato perfino di piscina (che non useremo mai…), arredato con tipici mobili in legno massiccio e con ‘intime’ stanze da letto (viste le dimensioni un po’ sul ridotto), che richiedono doti di coordinazione tra gli occupanti per non scontrarsi ad ogni spostamento...
Poi, sistemati i bagagli, andiamo alla scoperta del paese, passeggiando lungo le ampie strade (tracciate con lungimiranza, pensando al futuro..), osservando qualche vetrina (scopro un interessante negozio ‘equo-solidale’ che intendo visitare con calma nei prossimi giorni), tra qualche lazzo e frizzo dell’amico Paolo F, che mi prende un po’ in giro, dimenticando quanto anch’egli ami fare shopping…, finché, poco dopo le 19, entriamo nel bel ristorante, Fuegia Bistro, dove consumiamo una soddisfacente cena, pur con i consueti biblici tempi di attesa… argentini.
E con lo sguardo alle prime stelle che stanno comparendo nel cielo oramai scuro, ce ne torniamo al Kaleshen, dandoci appuntamento per l’indomani, quando i nostri passi ci condurranno alla base del Cerro Torre.
‘Urlo di pietra’ (così viene chiamato), stiamo arrivando!!

2 commenti:

la povna ha detto...

che buffo leggere le tue avventure ora, sembra di recuperare una puntata persa della fiction preferita! sempre belle e ironiche le tue descrizioni di viaggio!

cautelosa ha detto...

Sembra strano anche a me rivivere quelle giornate così intense e così lontane, oggi, a non so quante migliaia di km di distanza, in una grigia giornata invernale.
E mentre racconto, mi pare di stare ancora la...