martedì 19 novembre 2013

Vacanze romane

Era da tempo che ne parlavamo. Si potrebbe andare qualche giorno a Roma.. E se andassimo a Roma? Poi, come spesso succede, le idee rimanevano pie intenzioni, perché c'era sempre qualcos'altro da fare, un altro luogo da visitare e poi Roma 'no la scampa miga'...
Già, Roma è sempre lì e non scappa, è il tempo quello che corre in avanti.
E alla fine ci siamo decisi, in quattro e quattr'otto, partiamo di mercoledì (ché il martedì sera c'è a rassegna di film di montagna alla Sat e non vorremmo mica perdere una proiezione!!), prenotiamo un posto in cui dormire che sia abbastanza centrale e non necessiti dell'erogazione di un mutuo, prenotiamo un treno veloce, una Freccia Bianca che in circa quattro ore ci porta a destinazione, già che ci siamo prenotiamo pure i biglietti per i Musei Vaticani, per evitare una coda chilometrica, ci riforniamo di guide adeguate (quattro, perché noi siamo diligenti!!) e via andare...
Così domattina, partiremo noi due, da soli, alla scoperta della capitale d'Italia, per una vacanza novembrina di sei giorni complessivi e sperando di non 'beccare' il novembre più piovoso a memoria d'uomo...
E sarà davvero una scoperta, perché io, a Roma, sono stata una sola volta e ben trentasette anni fa...
 
Correva, infatti, l'anno di grazia 1976 quando giunsi nella capitale, con l'amica e collega Stefania, di ritorno da due settimane di vacanza culturale in quel di Napoli e Salerno.
Era un caldo sabato di luglio, quando scendemmo dal treno alla stazione Termini, con i nostri borsoni e ci recammo alla sede della Protezione della Giovane per cercare un letto su cui dormire. Il posto c'era, solo che ci fu qualche problema perché io, pur essendo giovane (non avevo ancora compiuto i 26 anni), ero... coniugata, quindi, le pie 'gestore' della struttura ebbero iniziali perplessità sul concedermi ospitalità, dato il mio stato civile...
Poi, probabilmente, prevalse un concreto senso degli affari -in quel periodo dell'anno la 'casa' non era molto affollata- e il letto mi fu concesso.
Cominciarono, quindi, i nostri quattro intensi giorni di visita, di cui ho ricordi a tratti un po' vaghi. Girammo per chiese, in alcune delle quali Stefania dovette paludarsi un ampio foulard attorno alle spalle un po' scoperte dall'estivo abito, visitammo i Musei Vaticani e la Galleria Borghese, pranzammo in piazza Navona, scegliendo i piatti meno costosi del menu, camminammo e camminammo...
Ricordo che Roma mi piacque tantissimo, così monumentale e 'bianca', dopo il colore scuro delle vie napoletane e mi auguro di provare anche stavolta identiche emozioni.
Vi farò sapere...

sabato 16 novembre 2013

Missione 'torghele'

Anche quest’anno siamo riusciti a portare a termine la ‘missione torghele‘ (o törggelen per dirla alla tedesca), vale a dire il tradizionale e autunnale appuntamento gastronomico in un tipico locale sull’altopiano del Renon, il Patscheider Hof.
Certo, non è stato facile far combaciare gli impegni di ciascuno dei partecipanti con le serate disponibili del ristorante e la ‘povera’ Silvana, che ormai da anni organizza la serata, ha avuto il suo daffare nel telefonare all’uno e all’altro, confrontare date, proporne di alternative, disdire e riconfermare, fino alla prenotazione ufficiale per il 14 novembre, giovedì.
Così, in una serata tipicamente novembrina, sotto una pioggia battente, partiamo da Trento poco dopo le 19, affrontando tutto il traffico pesante dell’Autobrennero, fino al casello di Bolzano Nord, prendendo poi la ripida strada, tutta un tornante, che conduce sull’altopiano. E, man mano saliamo, siamo sempre più avvolti in una coltre nebbiosa che sfuma i contorni e costringe Paolo F, il nostro ‘driver’, ad un’attenzione costante e ai paracarri che delimitano la strada e all’insegna segnaletica che indica il bivio per il Patscheider, da cui si diparte una stradicciola che conduce al locale, arroccato sul fianco della montagna, con la piana di Bolzano ai suoi piedi.
Quando arriviamo, l’ampio parcheggio è affollato di automobili, fra cui quelle degli amici che ci hanno già preceduto. Siamo infatti in undici a prendere posto attorno ad uno dei grandi tavoli nella caratteristica stube in legno, dalle cui finestre si dovrebbe godere di un notevole panorama (noi siamo sempre stati quassù in ore serali, per cui possiamo solo ipotizzare..); la grande stanza è al completo e risuona delle voci dei altri commensali, due gruppi, ben suddivisi tra italiani e ‘tedeschi’.
Ed ora il gradito e, sotto un certo aspetto, impegnativo compito di scegliere che cosa ordinare dall’ampio menu che offre una buona scelta di piatti della cucina tradizionale altoatesina, cucinati con cura e competenza. Anche stavolta rimaniamo pienamente soddisfatti di quanto prescelto, nel mio caso una vellutata di castagne e delle costine di maiale con patate e cavoli cappucci, con un dolce finale più delle castagne arrosto, accompagnate da un bicchiere di mosto.
Restiamo a lungo seduti attorno al desco, occupati in ampi e amichevoli conversari e sono già le 23, quando riprendiamo la via di casa.
Sta ancora piovendo, seppure con minore intensità e cominciamo a scendere verso Bolzano e l’autostrada, ammirando le luci della città che risplendono nella notte, ora nitida e ‘ripulita’ della bassa foschia che ci aveva ‘accompagnato’ nel viaggio di andata, quindi, percorsa un Autobrennero, a quest’ora pressoché priva di traffico, ce ne torniamo alle rispettive dimore, sazi e soddisfatti.
E se andassimo al Patscheider, una volta o l’altra, nella bella stagione, per una merenda sull’ampia e soleggiata terrazza con vista sul Catinaccio e sul fondovalle? Non sarebbe una brutta idea!!

mercoledì 13 novembre 2013

Di vento e di incontri...

Non saremo per caso stati trasportati nottetempo in quel di Trieste, la città che molti disinformati credono sia separata da Trento da un ‘modesto’ ponte, mentre dista esattamente 326 km (185,05 in linea d’aria), ho pensato l’altra notte, svegliata da potenti raffiche di vento, in perfetto stile ‘bora’, che ululavano, muggivano, rimbombavano fra il complesso di condomìni dove abitiamo.
E invece no, ho appurato al mattino, osservando dalla grande vetrata del soggiorno il consueto panorama, con il monte Bondone a fare da sfondo, la selva di case e ‘palazzi’, dominati dall’alto del nostro settimo piano e le alte conifere del giardino della vicina casa di riposo ‘scosse’ in una frenetica danza… ventolosa, no, siamo sempre nella città del Concilio…
Poi, recandomi alla consueta attività ginnica, con i capelli che il vento acconciava in originali ‘alzate’ con volute a mo’ di capitello ionico e immediate ‘ricadute’, mentre stringevo con forza il tappetino blu che sembrava anelare a fughe in libertà e tutt’attorno mulinavano foglie, carte, residui di vario materiale ‘leggero’, con qualche rametto d’albero in sovrappiù, sperando di non incocciare nella tegola volante o nel ramo divelto, mi è venuto alla mente l’incontro che avrei avuto nel pomeriggio con le Girasole.
-Vi aspetto a casa mia- aveva scritto via mail la socia fondatrice Renata –per un casalingo ‘torghele’, preceduto da una salutare passeggiata lungo tranquille vie collinari.-
Una merenda-cena in compagnia, con castagne, due tartine, un ‘tortèl’ di patate, uno strudel e tutto quello che l’operosità delle socie avrebbe prodotto. Una bella idea, certamente, ma una passeggiata proprio in una giornata come questa, con un vento che soffia alla velocità di circa cento km all’ora?
E infatti c’è stato un cambiamento di programma: niente camminata ‘salutista’, ma il raduno direttamente nel confortevole salotto della nostra amica, dove ci siamo ritrovate a schieramento quasi completo, attorno alla tavola imbandita. Un assaggio e una chiacchiera, una chiacchiera e un altro assaggio, abbiamo fatto onore ad ogni piatto, in una calda atmosfera conviviale, al riparo da qualsiasi intemperanza meteorologica.
Poi, quando le nove erano già scoccate, la proposta di Giuliana di scendere, ella ed io, a piedi in città, alle rispettive dimore.
‘Ma siete impazzite? Con questo vento? Tutta quella strada? E se incontrate qualche malintenzionato?’ le reazioni, tra lo sconcertato e lo stupefatto, delle amiche. Ma noi, impavide, ben protette con tanto di berretto e sciarpa, ci siamo incamminate nella notte stellata, approfittando di un’insperata pausa ‘ventolosa’ e, passo dopo passo, tra un discorso e l’altro, senza incontrare anima viva, siamo arrivate in piazza Fiera, dove le nostre strade si sono divise.
Circa quaranta minuti di cammino, giusta conclusione di una serata piacevole e ‘calorica’, tanto per tenerci in esercizio. E poi, non era forse in programma, la passeggiata? ;-)

E a proposito di ritrovi conviviali, sta cominciando un periodo di overdose… culinaria. Solo questa settimana abbiamo in previsione due cene, una sull’altopiano del Renon, in un tradizionale appuntamento con i consueti amici di viaggio e di montagna e l’altra, sabato, in casa di altri amici, per non parlare del pranzo di famiglia, domenica prossima, per festeggiare i 30+30+5 dell’amato consorte, un importante traguardo che gli consentirà di usufruire di (modesti) sconti sui biglietti di entrata a musei e/o altre attività culturali... Comincio a nutrire timori per la situazione del mio guardaroba.. ;-)

giovedì 7 novembre 2013

Come Anna Frank

Ieri hanno riecheggiato, in Italia e fuori dei confini nazionali, le accorate parole di quell'anziano padre, perseguitato da una congiura Komunista-demo-pluto-giudaico (et similia), che ha denunciato urbi et orbi la terribile situazione dei suoi cinque figli. Si sentono perseguitati come gli ebrei in Germania, sotto Hitler, ha detto.
Poffarbacco, ho sobbalzato, colpita al cuore come solo una madre può essere.
Poffarbacco, ho pensato, poveri ragazzi, speriamo non abbiano a soffrire dure limitazioni della libertà personale, del tenore di vita, finanche del cibo e dello spazio, che non diventino dei novelli Anna Frank del ventunesimo secolo, in altre parole.
Poi, però, un pensiero dispettoso ha fatto capolino nella mia mente: se ciascuno di essi si rifugiasse in una delle dimore di famiglia, anche scelta a caso, di sicuro avrebbe spazio a sufficienza per mantenere quella smagliante forma fisica che, a giudicare dalle foto ricorrenti su patinate riviste, li caratterizza.
E il sollievo mi ha riempito l'animo di gioia, permettendomi di tornare, rasserenata, alle domestiche attività.
Tutt'al più, ho pensato, mentre tagliuzzavo le verdure per un autunnale minestrone, andasse poi così male, ci sarebbe sempre il numero di telefono della Guardasigilli...

lunedì 4 novembre 2013

Domande quasi tormentose...

E' un periodo, questo, di scarsa televisione. Spenta durante il giorno, più per pigrizia che per totale disamore, di solito viene accesa dopo le 19,30 per seguire il tg3 locale e da quel momento in poi diventa una presenza di sottofondo, talora seguita, spesso 'dimenticata' mentre siamo in altre faccende affaccendati. Sempre, comunque, sintonizzata su Rai3, con qualche sporadico 'salto' su Skype, (lasciatoci 'in eredità' dal figlio, uscito di casa e che noi siamo troppo pigri per disdire) per seguire la Bbc, in un volonteroso tentativo di migliorare la mia capacità di comprensione della lingua d'oltremanica. Così andiamo di Fazio, Gabanelli, Floris, mentre saltiamo a piè pari l'angosciante Chi l'ha visto e magari ci appisoliamo davanti al giovane Angela; prima, però, cerchiamo di non perdere Blob, che diventa un po' il modo per sentirsi aggiornati su tutto quanto 'circola' per i canali televisivi.
E proprio stasera, mentre il consorte si stava apprestando ad uscire di casa, sfidando le noiose intemperie di questa giornata novembrina, per il mensile impegno del direttivo Sat ed io ero già seduta in poltrona, con il portatile a portata di mano, il mio sguardo è stato calamitato da un'immagine proveniente dallo schermo che mi ha causato un istintivo sobbalzo: una creatura di sesso femminile, di età indefinita, un po' scarmigliata, che sembrava direttamente uscita da una festa di Halloween, discuteva animatamente con signori eleganti dall'aspetto distinto.
Chi mai sarà, mi sono chiesta.
Era la cantante Anna Oxa, partecipante alla gara di ballo del sabato sera, con qualcosa sull'alta e spaziosa fronte che la rendeva quasi irriconoscibile. Ed io, che non ho capito cosa ella avesse sul viso, sono ancora qui che mi arrovello e mi tormento, senza trovare una risposta... Mi auguro solo di non perdere il sonno!! 

sabato 2 novembre 2013

Come un istante deja vu...

Ieri sera siamo andati al cinema con Patrizia e Ugo per vedere il film La prima neve, che in questi giorni, qui in Trentino, sta facendo registrare ottimi incassi, probabilmente perché ambientato nella vicina valle dei Mocheni, con splendide fotografie e un bravo attore giovane, l'undicenne Matteo che recita con naturalezza usando il dialetto locale (senza particolari pregi il resto).
Poi, finita la pellicola, ci siamo fermati a cena nel piccolo ristorante annesso al cinematografo, per un veloce pasto in una cordiale atmosfera tra amici, quindi siamo usciti nella notte novembrina per tornarcene alle rispettive dimore.
Era una sera tiepida, nonostante un certo tasso di umidità, che invogliava a fare due passi 'digestivi', prima di tornarcene alle rispettive dimore. Così ci siamo incamminati, i due 'signori' davanti e le consorti qualche metro dietro e mantenendo sempre la stessa distanza abbiamo percorso il lungo sottopasso ferroviario che collega il corso Buonarroti, dove si trova il cinema, alla stazione e al centro della città. Sempre in formazione due più due, abbiamo attraversato piazza Dante e raggiunto le vie centrali, fino a piazza Duomo, con i tavolini dei caffè ancora affollati nonostante l'ora tarda.
Così, con quell'abitudine dei tempi giovanili 'compagneme ti che dopo te compagno mi', abbiamo continuato la nostra passeggiata, per un tratto verso casa nostra, poi verso casa loro...
Ed è stato allora che mi sono tornati alla mente episodi di gioventù quando i rientri erano lunghissimi perché ci si accompagnava per un tratto, poi si ritornava sui propri passi per accompagnare gli amici che abitavano in direzione opposta, ritornando ancora assieme per quelle decine di metri, ripercorsi poi nuovamente a ritroso, perché c'era un discorso da finire, qualcosa da raccontare... e il ritorno a casa diventava un percorso.... ad elastico, un 'molla e tira, tira e molla' prima di salutarsi definitivamente.
Bei tempi, quelli. Ma anche adesso, ho concluso, mentre, accomiatatici da Ugo e Patrizia, ritornavamo a passi veloci verso casa, quando mancavano pochi minuti alla mezzanotte. Siamo qui, in una serata gradevole, come quando eravamo giovani 'morosi', a godere delle piccole e grandi gioie della vita. E speriamo di averne ancora molte!!