giovedì 26 settembre 2013

Namibia 3

Martedì 24 settembre
Ci alziamo ancor prima dell’alba, perché ci attende anche quest’oggi una lunga e intensa giornata, con la visita al Sossuslvei Park e alle sue dune di sabbia, tra le più alte e più vecchie del mondo (o almeno così recita la guida…) e quando le prime luci del giorno si alzano ad illuminare il paesaggio, regalandoci scenari di bellezza unica, siamo già in viaggio da un buon quarto d’ora.
Il nostro autista (sempre il consorte) procede a buona velocità lungo la pista sterrata, ma ciò nonostante viene continuamente superato da altri autoveicoli, compreso un pullman turistico, che ogni volta sollevano un tale nugolo di polvere nel quale viaggiamo ovattati per decine e decine di metri. Poi, eccoci a Sesriem, ai cancelli del parco, giusto in tempo per l’apertura che avviene una decina di minuti prima delle sette, quando un solerte addetto controlla il permesso d’entrata già pagato, prende nota delle caratteristiche del veicolo, del numero dei trasportati e perfino del nome del guidatore prima di dare l’ok all’ingresso.
Ci immettiamo pertanto sulla rettilinea strada asfaltata (l’asfalto, che sollievo!!) che per circa 70 km attraversa il parco, ma non abbiamo percorso che pochi km quando l’imprevisto ci blocca: uno strano rumore della ruota anteriore sinistra e la triste scoperta di aver bucato. Non ci resta che cambiare il pneumatico lesionato, operazione che il team di tre validi meccanici porta a termine in un breve lasso di tempo e che ci permette di riprendere il tour (ne vedremo degli altri, di veicoli fermi a seguito di simile disavventura) e di godere della straordinaria bellezza del luogo.
Qualche sosta per permettere ai nostri fotografi di immortalare vedute e ‘residenti’, nella fattispecie numerosi struzzi che camminano impettiti e indifferenti all’umana presenza ed eccoci alla rossa duna 45, la più celebre e la più accessibile della zona. Si può arrivare, infatti, in auto fino alla sua base, accanto ad alcuni maestosi alberi dai tronchi contorti, e di qui, seguendo una stretta traccia, risalire fino alla sommità, 150 metri al di sopra della pianura circostante. E qui ci si sente davvero in cima al mondo, con la vastissima spianata laggiù in fondo, dove le auto percorrono minuscole il nastro d’asfalto e tutt’attorno una sfilata di dune dalla sabbia rossastra che si stagliano contro l’azzurro intenso del cielo, ognuna unica e diversa. La più curiosa ha una forma perfettamente triangolare, che la fa paragonare ad un enorme frontone o ad un moderno palcoscenico per il meraviglioso spettacolo della natura.
E poi è il momento degli scatti fotografici, a due, a tre, in gruppo, quindi ci soffermiamo ad osservare la corsa veloce di uno strano insetto e di alcune minuscole lucertole prima di dividere le nostre strade. Sì, perché, mentre Paolo ed Ugo, audaci e instancabili, decidono di raggiungere la sommità della duna susseguente e Renato rimane in postazione per immortalare la conquista della ‘vetta’, Silvana ed io cominciamo a grandi passi la discesa verso il fondovalle. E’ un pendio assai ripido quello che dobbiamo affrontare, ma tutti i miei timori iniziali sono subito fugati nel vedere che la sabbia ‘tiene’ e non c’è alcun rischio di ruzzolare a mo’ di masso; l’unico inconveniente a cui andiamo incontro è il circa mezzo chilo di terra rossa che dobbiamo svuotare da scarpe e calzini, una volta arrivati alla base.
Adesso la successiva meta è il parcheggio di Sossusvlei, alla fine della strada asfaltata, dove, lasciata la nostra auto, saliamo a bordo di una jeep-navetta per percorrere i circa sei km di pista sabbiosa che conducono nei pressi di Dead Vlei, altro luogo dall’aspetto quasi surreale che ci colpisce profondamente.
Ci troviamo infatti in una bianchissima spianata di terra riarsa e spaccata sulla quale si elevano neri tronchi carbonizzati dalle forme più strane che richiamano alla mente animali fantastici, figure mostruose o immagini di sofferenza, ma basta spostarsi di qualche metro, cambiando la prospettiva, per trovarsi di fronte a tutt’altre raffigurazioni. E tutt’attorno un anfiteatro di rosse dune sovrastate da un cielo di un azzurro mai visto, in un contrasto di colori spettacolare e senz’altro unico.
Siamo pressoché gli unici visitatori in questo ambiente particolare e siamo gli unici, qualche decina di minuti più tardi, a prendere posto su un’altra jeep che ci riconduce al parcheggio, condotta con spericolatezza e indubbia perizia, lo riconosco, da un emulo di Schumacher che mi regala qualche timore ogni volta affronta curve, cambi di pendenza, tratti più impervi, facendoci sobbalzare paurosamente sui sedili dello scomodo mezzo. Ed è con vero sollievo che, dopo un tempo che mi pare interminabile, giungiamo nei pressi della nostra auto parcheggiata.
Ora non ci rimane che ritornare sui nostri passi, con un paio di soste e all’ingresso del parco e alla stazione di servizio di Solitaire, nei pressi della quale imbocchiamo il lungo viale che ci conduce al Solitaire Guest Camp, il lodge dove trascorreremo la notte, una rustica struttura dotata di ogni comfort e bene inserita nell’ambiente, con piccoli edifici dal tipico arredamento.
Ed è pressappoco all’ora di cena, mentre stiamo attendendo l’arrivo a tavola degli ultimi ospiti, che siamo colpiti da un ticchettio inequivocabile: sta piovendo!! A due passi dal deserto del Namib! E con qualche rombo di tuono! Chi l’avrebbe mai detto??

mercoledì 25 settembre 2013

Namibia 2

Lunedì 23 settembre
Alle 7, puntualissimi, riposati e freschi come tante rose di maggio, siamo nella sala da colazione del B&B. Un abbondante breakfast, dopodiché, caricati i bagagli, fatto rifornimento di benzina, di acqua e di qualche genere di conforto, siamo pronti a viaggiare verso il Namib Desert Naukluft Park.
Il primo turno di driver ‘tocca’ al consorte, mentre Ugo gli siede accanto nelle vesti di ‘navigatore’ con tanto di cartina e aggiornato Gps. Qualche incertezza iniziale, ma poi, trovata la retta via, si va, dapprima lungo ampie strade asfaltate, per poi passare ad altrettanto ampie sterrate e davanti a noi scorrono paesaggi struggenti, sterminate distese di brulli e radi cespugli e rilievi dalle molteplici tonalità, dal grigio al biancastro, al rosa pallido, al violetto, al marrone in una svariata gamma di sfumature.
E’ già pomeriggio inoltrato quando arriviamo a Solitaire, unico punto di rifornimento del parco, piccolissimo centro di poche case contornate da alti alberi che, come si può evincere dal nome, ‘spunta’ solitario nell’assolata e rossastra distesa terrosa. Qui sostiamo il tempo necessario per rifornirci di benzina e per rifocillarci nella locale bakery, una fornita panetteria, dove gustiamo una bella fetta di torta di mele, specialità della casa, come viene riportato su molte guide, accompagnata da abbondante caffè.
Adesso ci attendono altre due ore di strada sterrata prima di giungere al lodge dove trascorreremo la notte, ma il tempo di percorrenza si allunga per le frequenti soste ‘fotografiche’, di paesaggi e di quegli animali che incrociamo lungo il tragitto, gli struzzi dai sottili e lunghi colli, gli orici con le corna affilate e una moltitudine di quadrupedi, simili a piccole gazzelle che attraversano in gruppo quasi compatto a poca distanza dalla nostra auto.
Poi, finalmente, siamo al Little Sousse Lodge, dove siamo accolti con un aperitivo di benvenuto ed un asciugamanino ‘rinfrescante’, un vero toccasana dopo la lunga giornata che sta per finire.
Qui, una volta sistemati nelle ben arredate stanze dei bungalow assegnati (con ampio letto con baldacchino di… zanzariera), dopo gratificanti abluzioni, ciascuno si può dedicare a personali attività, in attesa della cena: i tre fotografi ad immortalare uno spettacolare tramonto e la sottoscritta a sistemare le presenti cronache.
Infine, dopo il pasto serale, abbondante e vario con interessanti abbinamenti di gusti, prima di ritirarci per la notte, è d’obbligo uno sguardo alla volta stellata, così luminosa e splendente come non si vede quasi mai, alla ricerca della Croce del Sud e delle altre costellazioni dell’emisfero australe. E per oggi è davvero tutto.
 

martedì 24 settembre 2013

Namibia 1

Sabato 21 settembre
Siamo partiti. Ore 8.10 con il regionale per Verona, che arriva nella città scaligera con quei sette minuti di ritardo, capaci di creare un po’ di patema per l’imminente coincidenza verso Milano. Ma ce la facciamo a salire a bordo di un’affollatissima Freccia (di un qualche colore), dove, per sistemare al giusto posto i legittimi ‘possessori’ assistiamo ad una specie di domino… dei sedili, tanto che nel giro di pochi minuti cambiamo ‘compagno di sedia’ almeno tre volte. Ed è questo treno che accumulerà un discreto ritardo che provocherà forti e sentite reazioni in chi non giungerà in tempo per la coincidenza. Non è il nostro caso, perché noi siamo in largo anticipo e mezzogiorno è da poco scoccato quando entriamo nell’aeroporto di Linate. Qui pranziamo con calma, girelliamo, guardiamo i vari shop prima e dopo il check-in e, puntuali, alle 15.55 ci leviamo in volo verso Londra, a bordo di un Boeing della British Airway, a bordo del quale riceviamo perfino… la merenda!!
Atterriamo a Londra alle 16.55 ora locale, in perfetto orario, nonostante le fosche previsioni di dover ‘parcheggiare’ in aria per un tre quarti d’ora buoni, per un’overdose di traffico e con il concreto rischio di riuscire a salire, noi, a bordo del volo per Johannesburg, senza i nostri bagagli…
E adesso, sono le 18.30, ora di Greenwich e siamo al gate B48 di Heathrow in attesa della nuova partenza che avverrà fra circa quaranta minuti.
 
Ore 7.00 del 22 settembre.
Siamo a Johannesburg, dopo un lungo e affollato volo durato circa 11 ore, durante le quali abbiamo cenato, dormicchiato, fatto colazione e seguito in diretta, sul piccolo monitor del sedile, gli spostamenti dell’aereo, con cartine, tempi ecc.ecc.
Abbiamo adesso cinque ore da far passare prima di imbarcarci per l’ultima tratta, così approfittiamo per cambiare un po’ di ‘eurini’ in rand, moneta accettata anche in Namibia, alla pari con quella locale, per una merenda di metà mattina e per scoprire i primi negozi di etnici souvenirs; poi, poco dopo mezzogiorno siamo a bordo dell’ultimo aereo. Due ore, circa, di volo, che trascorro un po’ tra le braccia (scomode) di Morfeo, un po’ leggiucchiando e… pranzando (non abbiamo mai ricevuto tanto cibo come in questo viaggio…) e infine eccoci a terra, nel (piccolo) aeroporto internazionale di Windhoek, praticamente in mezzo… al nulla. Mi ricorda tanto il patagonico aeroporto di El Calafate, anch’esso solitario in mezzo alla pampa. Questa, invece, è un’assolata distesa giallastra di arbusti e bassi alberi contorti, attraverso la quale raggiungiamo la capitale, distante più di 30 km, a bordo del pullmino venuto appositamente ad accoglierci.
L’autista del mezzo ci conduce all’agenzia di autonoleggio, dove prendiamo possesso del mezzo che Paolo ed Ugo, valenti ‘piloti’ guideranno attraverso il paese e dove incontriamo Nadia, l’italiana tour-operator attraverso la quale abbiamo organizzato il nostro viaggio.
Con lei raggiungiamo la deliziosa ‘Casa Piccolo’, la pensione e B&B dove trascorreremo la prima notte in terra africana e con lei definiamo gli ultimissimi particolari dell’itinerario e delle varie ‘attività’ che ci attenderanno nei giorni futuri.
E la giornata si conclude con una cena in una grande birreria di Windhoek, dove i quattro quinti del gruppo hanno un’esperienza ravvicinata con un maxi-spiedino di carni miste (e inconsuete) che li soddisfa pienamente, mentre la sottoscritta opta per una più classica bisteccona (peraltro ottima), seguita da un delizioso Don Pedro, una specie di sorbetto con un po’ di alcool, che incontra l’unanime gradimento.
Poi, per tutti, giunge il momento del giusto riposo sui comodi letti di ‘Casa Piccolo’ (e ci voleva proprio!!).

venerdì 20 settembre 2013

Si parte!

L’ora è quasi giunta. Le valigie sono pressoché pronte -mancano solo gli ultimissimi tocchi- il passaporto è stato ‘bollato’, il biglietto del treno già acquistato, gli abiti per il viaggio preparati su di una sedia. Insomma dobbiamo solo far passare la nottata e domattina, poco prima delle otto saremo in strada per raggiungere questa nuova, lontana meta.
Riuscirò a dormire un sonno tranquillo, senza continui risvegli per controllare l’ora, nel timore di trovarmi improvvisamente nel fuso orario di Singapore o di altro remoto punto sull’atlante? Mah, conoscendomi, nutro qualche serio dubbio.
Vorrà dire che, in caso di veglie forzate, farò un riepilogo di quanto ho messo in valigia e chissà che non scopra qualche dimenticanza… Non ne sarei troppo stupita ;-)
E allora, cari amici, auguratemi un virtuale ‘buon viaggio’, nell’attesa delle prossime news.
Sempre che non venga ‘concupita’ da qualche leone dalla folta criniera ;-) , anche se, come ha sostenuto l’altra mattina un faceto ex-collega al consueto ritrovo dei diversamente-lavoratori della scuola, dovrebbe essere il felino ad avere timore… Spiritoso!!

venerdì 13 settembre 2013

Di cene e di altro...

E, tanto per non perdere le buone abitudini, la settimana è cominciata con un ‘triduo’ conviviale che ha fatto registrare un’ulteriore botta calorica (come se ce ne fosse stato bisogno!!): lunedì sera a casa di Silvana e Paolo per condividere i ‘funghi del pin’ dell’abbondante raccolta domenicale e, ahimè, non solo quelli, essendo la tavola imbandita di un’ampia varietà di cibi invitanti, con a concludere un trionfo di gelato Grom da leccarsi i baffi ( ;-) ).
Martedì abbiamo avuto al nostro desco il figlio maggiore con ‘morosa’ (e vuoi non preparare qualche piatto un po’ più ricercato del solito?), mentre ieri sera, mercoledì, è stata la volta degli amici con i quali affronteremo la ‘namibica’ avventura. Dovevamo, infatti, decidere gli ultimi ‘ritocchi’ prima della partenza e perché allora non abbinare l’incontro organizzativo ad una ‘leggera cena in compagnia’?
-Sarà una cena leggera- aveva garantito il consorte, cuoco provetto e pieno di iniziativa. Una cena leggera, ma ‘ampia ed esauriente’ aveva dimenticato di precisare.
Infatti, il giovinetto ha trafficato tra i fornelli l’intero pomeriggio, in un bailamme di pentole, piatti di portata, ingredienti, utensili vari, mentre io me ne sono stata ben alla larga, limitandomi ad offrire generosamente il mio aiuto (e sapendo benissimo che non sarebbe stato accettato) e ad apparecchiare la tavola. E le fatiche culinarie, anche stavolta, hanno riscosso la piena approvazione dei commensali (compresa la finale crostata con prugne, che è stata poi equamente divisa tra i presenti, i quali se ne sono andati con il loro ‘involto’ di carta argentata…).
Poi, sazi e paghi, siamo passati alla disamina degli ultimi dettagli del viaggio, con il consorte che, smessi i panni del cuoco e calatosi nella parte di… ‘tour-operator de noantri’, ha coordinato i lavori. Tra le varie decisioni prese, quella di raggiungere Milano e l’aeroporto di Linate con i mezzi pubblici, treno e autobus, essendo l’orario di partenza del volo previsto per le 15.55. Saranno due giorni intensi, quei 21 e 22 settembre (e lo saranno anche gli altri a seguire…), che ci vedranno in ‘pista’ dalle 8.10 del mattino di sabato, fino al pomeriggio della domenica, quando giungeremo nella capitale namibiana, Windhoek.
 
E stamattina, giovedì, tanto per non rimanere a poltrire sul divano di casa, il consorte ed io siamo ritornati a Bressanone, precisamente a Novacella e al vicino paesino di Varna, dove condurrò gli -speriamo numerosi- iscritti all’ultima delle escursioni del mercoledì, quelle rivolte a camminatori più tranquilli e moderati.
Così abbiamo fatto un’ulteriore ricognizione del percorso, dopo quella, un po’ deludente, del 24 agosto scorso e, tra un gira di qui, guarda di là, seguiamo questa traccia, abbiamo ‘messo assieme’ un bell’itinerario, che si concluderà con la visita guidata all’abbazia di Novacella (e all’annessa, fornita cantina ;-) ).
La nostra giornata altoatesina ci ha poi visti compiere un giro turistico per la bella città di Bressanone, con sosta per un veloce pranzo in un locale sotto uno dei caratteristici portici e la vana (e infruttuosa) ricerca del locale negozio equo-solidale, stretto ‘parente’ del ‘mio’ Mandacarù. Mi informerò meglio sull’ubicazione, la prossima volta…
 


martedì 10 settembre 2013

La magnalonga, ovvero cronaca di una domenica tra camminata e... spuntini

E il bello è che molti pensano che il camminare in montagna, spesso per ore e magari sudando come fontanelle, sia un ottimo metodo per consumare calorie e perdere un po’ di peso eccedente… E invece..
Invece capita che la ‘sana’ escursione domenicale diventi un’occasione ideale per dar ascolto ai più calorici richiami dello stomaco e della gola, in un alternarsi di auto-giustificazioni (nel mentre) e di coccodrillesche metaforiche ‘lacrime’ (a posteriori), come accaduto proprio l’altro ieri, domenica 8 settembre.
Eccovi pertanto una montano-alimentar-resoconto.
Domenica 8 settembre, escursione in val Casies (Alto Adige)
Partiamo quando le ombre della notte non si sono ancora dileguate del tutto, alle 6 del mattino, in numeroso e scattante gruppo. Naturalmente ho fatto una più che discreta colazione, sia pur all’alba delle 5 a.m., perché il pasto del mattino è un momento ‘sacro’ e non c’è ora che tenga. Rinuncio, invece, al caffè dell’autogrill nei pressi di Bressanone, rituale punto di sosta dei viaggi in zona (la pausa-caffè è un momento irrinunciabile nelle gite!!), preferendo berne una tazzina a Santa Maddalena, già con gli scarponi ai piedi, un attimo prima di incamminarmi.
Sono le 8.30 circa e il ‘plotone’ dei satini si mette in marcia, dapprima a ranghi compatti, sgranandosi poi via via in tanti segmenti, con i piè veloci che distanziano tutti gli altri. Il percorso non è affatto difficile, certo, ci sono all’incirca settecento metri di dislivello per giungere alla forcella di Casies, ma la pendenza si sviluppa gradualmente e si riesce perfino a conversare con chi ti sta a fianco; l’unico inconveniente è l’elevato tasso di umidità che fa sudare copiosamente.
E siamo ancora distanti dalla citata forcella che io comincio ad avvertire un certo languore, che si potrebbe quasi chiamare ‘fame’, per cui mi fermo quell’attimo necessario a togliere dallo zaino un residuo di frutta secca (‘anca quela te hai portà!’- si scandalizzerà poi l’amato bene) e il pacchetto di crackers riso-su-riso che sbocconcello passo dopo passo, tra un rivolo di sudore e l’altro.
Rifocillata e rinvigorita, sono così pronta ad affrontare di buon passo le ultime asperità ed eccomi alla forcella, dove tira un’arietta talmente fresca che, oltre ad asciugare qualsiasi stilla di sudore, ti invita a rivestirti di tutto punto, quasi quasi con guanti e berretto in aggiunta. E qui, sono circa le 11, come peraltro stanno facendo tutti i compagni d’avventura, proseguo nella mia azione…alimentare. La barretta di cereali (che non è certo il massimo, ma di necessità si fa virtù…), quindi tutta la frutta che ho con me, una banana, un’orrida pesca che non sa di nulla e due-tre racimoli di uva bianca, per fortuna di ottima qualità. Adesso non mi resta che un modesto (come dimensioni) panino imbottito, salume più insalata, che consumerò una volta raggiunta la malga Weissbach, luogo deputato per la sosta pranzo per gli escursionisti del percorso breve.
Già, perché qui le strade si separano: il gruppo degli arditi, dei piè veloci, di coloro che senza-una-cima-mai, riparte verso una vetta dall’impronunciabile nome tedesco, mentre i sedici ‘tranquilli’, quelli che sono paghi anche di panorami a quote più basse, continuano lungo un sentiero che taglia, con qualche up and down, il fianco della montagna fino alla suddetta malga Weissbach. Un’altra ora di strada, a passo costante, con attenzione e prudenza, ché qui non è il caso di prodursi in scivoloni dai probabili esiti disastrosi (o quasi).
Ed ora siamo alla meta e ciascuno si sistema come meglio crede, chi ai tavolini esterni della struttura, chi sull’erba dei prati circostanti, chi nella piccola stube, timoroso dell’aria fresca che non ci ha abbandonato un solo attimo. Così, una volta consumato il residuo panino, con Silvana e Clara entro nel più tiepido ambiente e che succede a questo punto?
-E se ci ‘facessimo’ una Lienzertorte?- suggerisce Silvana.
-Già, perché no?-
Già, la volontà sarebbe anche forte, ma è il corpo ad essere debole e, et voilà, dalla linda cucinetta, ecco materializzarsi tre belle fette di torta, tra l’altro anche gustosa che ‘va giù’ che è una bellezza.
-Si vive una volta sola- commentiamo, sazie e ritemprate da un buon caffè conclusivo –abbiamo poi un altro paio d’ore di strada… riusciremo a smaltirla…-
Così accade (per le due ore circa di strada, ovviamente) che percorriamo con tutta tranquillità, sguardo proteso alla ricerca di funghi, i cosiddetti ‘funghi del pin’, di cui Silvana e il marito Paolo sono grandi estimatori. E ce ne sono tanti, giù e giù, fino a fondovalle dov’è parcheggiato il nostro pullman, dei quali facciamo ampia raccolta per i due amici, che arrivano alla meta con un buon bottino.
Non sono ancora le 16, la partenza verso casa è prevista per le 17.30 e a noi, della gita ‘breve’ non rimane che attendere con pazienza. Ma il tempo sta volgendo decisamente al brutto, fa freschetto, mentre nubi minacciose stanno sopraggiungendo, foriere di precipitazioni inopportune e allora non ci resta che trovare posto ai tavolini del tipico bar a due passi dal parcheggio, così capita che mi ritrovi ad ‘aiutare’ Maria a consumare un gelato inaspettatamente più grande del previsto. Anche il gelato!!
E non penserete che finisca qui!! Ahimè no, perché, quando FINALMENTE anche quelli della ‘lunga’ sono tutti alla base, compreso il consorte che accompagno ad avere la giusta ricompensa… alimentare post-fatica, ri-cado in tentazione, ché, a furia di aspettare…. ho di nuovo fame. Ed è una cremosa fetta di torta Selva nera che finisce in quattro e quattr’otto nel mio stomaco. Speciale. Ottima. Supercalorica.
E tutto perché gli amanti delle vette hanno impiegato più tempo del previsto, come sottolineo scherzosamente (ma non troppo) all’amico Roberto. -Consideratevi responsabili del mio aumento ponderale!- gli ricordo. Già, perché se fossero scesi in minor tempo, avrei avuto meno occasioni per ‘peccare di gola’. Del resto, in un mondo in cui nessuno è mai colpevole di nulla, potrò attribuire anch’io la responsabilità di essere caduta in tentazione a qualcun altro? ;-)
Per concludere, sappiate che, una volta giunti alla magione, ore 20.30 circa, ho pure cenato. Moderatamente, s’intende, fagiolini lessati e un po’ di mozzarella. Un pasto leggero, ma sempre ‘pasto’..
 
 

sabato 7 settembre 2013

Blog-compleanno

 
 
Mi stavo scordando anche quest'anno del blog-compleanno, che ha compiuto il suo primo lustro di vita, senz'altro una ricorrenza significativa.
Ed era un sabato, quel 6 settembre del 2008, quando entrai a far parte dell'allora mondo di Splinder, con il primo post, che intitolai 'Eccomi' (decisamente un titolo fantasioso.. ;-)).
Un mondo nuovo, pieno di sorprese e di soddisfazioni, che mi coinvolse completamente. E ogni volta entravo nella mia 'blog-casa', curiosa e ansiosa di trovare commenti, desiderosa di visitare nuovi 'ambienti' e di conoscere altri blogger. Qualcuno l'ho poi incontrato e frequentato di persona, con altri si è instaurato un rapporto decisamente amichevole che è come se ci conoscessimo personalmente, altri, infine, si sono 'persi'... per il mondo.
E l'altro giorno, mentre stavo rileggendo i primi post, in una botta di 'nostalgia' del tempo che fu, ho ritrovato, tra i tanti, un arguto commento di Misultin. Misultin del lago di Como (o zone limitrofe) che un bel giorno è sparita nel nulla. Chissà come starà, cosa farà, quanto saranno cresciute le sue bambine.
Ecco, mi piacerebbe proprio saperlo...
E intanto, per ricordare degnamente questo compleanno, una torta è d'obbligo, questa, poi, è addirittura ipocalorica :-).
Perciò, buon compleanno, caro blog. Sei stato (e sei) un'importante finestra sul mondo e conto di continuare a prendermi cura di te. Chissà che non arriviamo a più elevati traguardi!!

venerdì 6 settembre 2013

Soldati in prima linea

Erano lì, ieri mattina, all’angolo della centralissima via Oss Mazzurana con via Oriola, schierati, in ordine, efficienti, attenti, sotto un bianco gazebo e attorno al tavolino per la raccolta firme, tra uno sventolio di bandiere dai patriottici colori. Sì, erano i soldati di Silvio, quelli in prima linea contro il complotto pluto-massonico-giudaico e giacobino (già che ci siamo…) dell’italica magistratura e invitavano i passanti a firmare per il referendum ‘per una giustizia giusta’.
Un giovanotto di bell’aspetto, una signora di mezza età alta, bionda e piacente e una consigliera provinciale, eletta nelle file della Lega Nord. Pochi, ma buoni, come si suol dire.
Ed io mi sono fermata un po’ in disparte ad osservarli per qualche istante, curiosa di vedere se mi avrebbero invitata al banchetto per apporre la mia firma.
-NO GRAZIE- avrei risposto con tono sdegnato, oppure -MA NEPPURE PER SOGNO!-
Invece si vede che già dall’aspetto esteriore traspaiono le mie idee politiche, perché, pur in assenza di qualsiasi firmatario, non sono stata degnata di uno sguardo.
Probabilmente ho il look da comunista!!!
Battute a parte, posso dire che
nono ne posso più delle vicende giudiziarie del grande perseguitato e dei suoi continui ‘avvertimenti’?
E godersi serenamente il viver che ancor gli daran le stelle, in una delle tante sontuose dimore, accudito e coccolato dalla giovane e disinteressata fidanzata???
Non sarebbe una buona idea?
Per lui e per molti di noi…

mercoledì 4 settembre 2013

Settembre

Settembre, si ricomincia e ci si prepara. A passi lenti, con calma, grazie anche a queste giornate splendide splendenti, con sole smagliante e temperature ancora assai calde (gli unici tre giorni di tempo bruttarello ce li siamo ‘beccati’ noi nella vacanzina montana.. ).
Così ieri mattina ho ripreso la cartelletta con quaderni e materiale per la lezione di inglese e mi sono nuovamente inerpicata lungo strade collinari verso la casa della teacher, dove ho ritrovato la compagna di ‘banco’, Cristina, con cui da circa un anno condivido le fatiche ‘conversative’ nell’idioma di Shakespeare. Quasi un’ora e mezzo di intensi scambi su vacanze, viaggi, progetti per il futuro, prima di ridiscendere ‘down town’ e passare di corsa dal fruttivendolo per un minimo di approvvigionamento di frutta e verdura.
Nel pomeriggio, invece, le consuete quattro ore dietro la cassa di Mandacarù, in una giornata un po’ fiacca e con il tempo che passava con esasperante lentezza. Succede, di tanto in tanto e, se non c’è un granché da fare, il rischio di annoiarsi è grande; figurarsi quando il momento clou consiste nel ‘salvataggio’ del coperchio di una teiera in ceramica che una bambina di due anni o poco più afferra con decisione, sfuggendo al controllo (scarso) della mamma intenta a telefonare. E guardarli, i figli, quando si entra in un negozio con oggetti fragili in vista e alla portata anche di ‘manine’? Se ripenso a quando erano piccoli i miei, mi pare di essere stata assai più attenta e vigile… (E per fortuna, poi, un biondissimo e vivace Tommaso si limita a giocherellare con degli oggettini in metallo, mentre la mamma sceglie e acquista una sciarpina e un braccialetto da regalare…)
Quando, finalmente, sono state le 19, mi sono incontrata con le colleghe, ancora in servizio, Gisa e Carla per una serata tra amiche, programmata fin dallo scorso giugno e poi rimandata per improrogabili impegni di colei che avrebbe dovuto essere la quarta del gruppo, Elvira. Ne aveva uno il 20 agosto, per cui l’appuntamento era stato rinviato. ‘Ci vediamo il 3 settembre. Tieniti libera’- le avevo scritto via sms.
Ma l’altro giorno ne era sorto un altro, improrogabile anch’esso. E allora ci siamo trovate anche senza di lei, per una pizza in un locale all’aperto in una strada tranquilla, in una serata tiepida, concludendo con un caffè nei pressi di piazza Duomo. Ed è stato un bel ritrovarsi, con discorsi a tutto campo, le loro attività appena ricominciate, qualche accenno a figli e famiglia, i ricordi comuni, i progetti per il futuro e, last but not least, l’incontro casuale con diversi ex alunni, anch’essi in ‘libera uscita’ nella bella serata tardo-estiva.
Ci risentiamo dopo la metà di ottobre, abbiamo concluso al momento di salutarci, al ritorno del mio viaggio…
Già, perché il 21 di questo mese, con il consorte e gli amici Silvana, Ugo e Renato, partirò alla volta della Namibia, per una vacanza di quindici giorni (viaggi compresi). Sarà un lungo trasferimento aereo, da Milano-Linate a Londra, poi Johannesburg e infine Windhoek, la capitale namibiana. E sarà anche questo, come i precedenti in Patagonia e Stati Uniti, un viaggio ‘intenso’, con lunghi trasferimenti all’interno del paese e tanti, interessanti ‘aspetti’ da scoprire.
Per intanto ci stiamo preparando (oddio, non siamo proprio in dirittura d’arrivo, anzi, poco dopo la linea di partenza.. ;-) ), comunque il programma di viaggio è definito in ogni particolare, gli hotel (et similia) sono stati prenotati, l’auto su cui viaggiare in loco, pure… Ora dobbiamo decidere l’abbigliamento, eventuali medicinali e altri prodotti da portare con noi… e speriamo che tutto vada per il meglio. Oh sì, sì!!

lunedì 2 settembre 2013

Vacanza in Pusteria 3

Mercoledì 28 agosto
Oh no! Ancora cielo coperto e pioggia battente! Ma cosa abbiamo fatto di male per meritarci un tempo simile? E cosa fare quest’oggi? Beh, per intanto andiamo a colazione, poi potremmo fare un salto a San Candido e dedicarci ad un po’ di ‘sano’ shopping. Non vanno forse le due giovinette svizzere (dell’Engadina, ci hanno detto) che siedono al tavolo vicino al nostro, fin a Cortina d’Ampezzo? Bisogna pur riempire la giornata, ci hanno spiegato ieri sera.
E così, una volta saziati gli stomaci e completate tutte le incombenze, compreso un ‘salto’ al fornito reparto di articoli sportivi del supermarket a due passi dell’hotel, siamo pronti a scendere, in auto, fino al più mondano San Candido, Innichen, nella lingua germanica. ‘No te vorai miga nar a pé?’ si era premurato di sapere il consorte.
Non mi passa neppure per l’anticamera del cervello, lo avevo rassicurato. Perciò partiamo ed è a questo punto che, in modo quasi beffardo e provocatorio, smette di piovere, le nubi si aprono e compaiono ampi spazi di azzurro e perfino il sole. Il sole!! Ma allora esiste ancora!
E la giornata assume tutto un altro aspetto: una gradevole passeggiata per le vie della cittadina, lo shopping (misurato, ché non pensiate a tutto uno ‘spendi e spandi’ ;-) ), una bella camminata per tranquilli sentieri verdeggianti, che io poi proseguo, in completa solitudine, mentre è la volta dell’amato bene di sottoporsi alle esperte mani della giovane Rebecca, quindi un po’ di reparto wellness, la cena e, per concludere, un ultimo giro… digestivo, prima di ritirarci per il sonno del giusto.
‘Domani ci sarà il sole. Basta pioggia’- ha assicurato la signora addetta al bar dell’hotel. Speriamo che abbia visto giusto!
 
Giovedì 29 agosto
Eureka!! C’è il sole, il cielo è sereno e le montagne svettano maestose nell’arietta frizzante. Svelti, svelti, ché non è tempo, quest’oggi, di dormire. E alle 7,35, nella sala da pranzo, ci ritroviamo numerosi, le ragazze svizzere, i signori livornesi, gli aitanti coniugi che vengono dalle Marche, diversi ospiti tedeschi, con cui gli scambi… colloquiali sono ridotti al minimo, un Morgen o poco altro, tutti pronti ad approfittare del ritrovato bel tempo.
E allora, via, veloci, in auto al parcheggio della val Fiscalina e poi via, a passo svelto, fino al rifugio di fondovalle, pronti ad intraprendere la salita verso il rifugio Comici. E’ una lunga fila colorata, quella che si snoda lungo il panoramico sentiero che sale con regolarità verso la prima delle mete odierne e sono davvero tanti gli escursionisti che ritroviamo, pressappoco due ore più tardi, all’esterno della struttura. Una rapida sosta, ché la strada è ancora lunga, un’altra salita per giungere alla forcella prima del Pian di Cengia e poi il tratto pianeggiante fino al piccolo edificio in legno con il rosso tetto che spicca contro le rocce bianche. E anche qui, c’è tanta gente assiepata sulle panche esterne e ai tavoli della piccola sala da pranzo, perché è ormai mezzogiorno passato e lo stomaco reclama, dopo le fatiche affrontate.
Poi un’altra ora almeno per raggiungere il top della giornata, il rifugio Locatelli, al cospetto delle spettacolari Tre Cime di Lavaredo, che svettano imponenti con le altre cime a far da corona.
Ed è in questo tratto che il consorte si cala nelle vesti di ‘soccorritore’ di una signora lombarda, pressappoco della mia età, in evidente difficoltà nello scendere il tratto di ghiaione ai piedi del Paterno. Ma basta il braccio del mio atletico marito per dare sicurezza alla malcapitata e aiutarla a superare il tratto a suo parere periglioso.
Quindi, dopo una dovuta sosta al sole all’esterno del rifugio Locatelli, con gli occhi ‘fissi’ sulle pareti rocciose, giunge l’ora di tornare a fondovalle e al parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto, per recarci infine all’hotel.
Non c’è che dire, è stata una gran bella escursione, di quelle che ti rimangono negli occhi e nel cuore e non ti fanno sentire la fatica.
E allora, ti sono sembrata ‘fragile’, domando all’amato consorte.
Dirìa proprio de no, ammette, anzi, te hai fat ‘na discesa che te parevi ‘na scheggia…
Ah, menomale…
 
Venerdì 30 agosto
Un’altra bella giornata di sole :-D che ci sollecita ad una nuova, bella escursione, stavolta lungo i sentieri ai piedi delle imponenti cime della Croda Rossa.
A passo veloce, raggiungiamo pertanto l’ovovia che appunto sale alla Croda Rossa, dove ci incamminiamo solitari lungo il sentiero 15 che tra boschi di conifere prima e vasti ghiaioni poi ci conduce verso il passo di Monte Croce Comelico. Una breve ma assai ripida salita e siamo sulla strada militare da cui diparte il numero 124 con meta il rifugio Antonio Berti. E’, questa, una traccia esile e impegnativa, con qualche cordino e staffe metalliche per superare i passaggi più ardui e che richiede, come recitano i ‘breviari’ della montagna, passo fermo e assenza di vertigini. E il sentiero è esattamente come lo ricordavo (l’avevamo percorso nel 2000), lungo e difficile, sul quale non puoi distrarti un attimo per non correre rischi, solo che stavolta dalle mie labbra non esce un solo lamento (ricordo, allora, una serie di ‘geremiadi’…). Finalmente siamo al rifugio Berti, che stavo dando per ‘disperso’, ai piedi delle alte guglie del gruppo del Popera, ricercata meta di tanti rocciatori e/o amanti di vie ferrate. Uno sguardo alle cime e ai ghiaioni sui quali si snodano diversi ‘invitanti’ sentieri e poi giù, in discesa, verso il rifugio Lunelli (una larga traccia sassosa e non sempre comoda), quindi di nuovo salita e una ripida discesa boscosa, prima dell’ultima risalita sotto un sole caldo che ci fa sudare il giusto e, finalmente, siamo al passo di Monte Croce Comelico.
Neppure il tempo di una doverosa sosta per un gelatino o qualcos’altro di goloso, meritato premio di tanto camminare, ché sta partendo l’autobus di linea per Moso. Su, di corsa e poi, quando sono appena scoccate le quattro, eccoci all’hotel e, ancora con lo zaino in spalla, ci ritroviamo davanti al fornito buffet della merenda, ‘reparto’ dolci e, in barba a qualsiasi proposito dietetico, assaggio e uno e due e tre delle accattivanti proposte della casa.
Perché, come disse la celebre Rossella O’Hara, domani è un altro giorno e domani (o dopodomani, o meglio ancora, lunedì), penseremo anche alla linea. ;-)
 
Sabato 31 agosto
Torniamo a casa, in una giornata beffardamente soleggiata e calda. E affrontiamo il traffico da bollino rosso, con un andamento ‘ad elastico’ da Brunico all’ingresso dell’autostrada e con previsioni da brivido per quanto riguarda l’Autobrennero. 134 minuti di percorrenza da Bolzano Nord a Trento Sud, stima il pannello elettronico poco prima del casello settentrionale del capoluogo altoatesino. Da brivido.
Così ce ne usciamo a Bz Nord e percorriamo la statale del Brennero, che, a parte una coda da crisi isterica nell’attraversamento di Laives, nell’immediata periferia della città, ci permette un viaggio senza problemi e raggiungiamo la nostra dimora nel primo pomeriggio, ‘traslocando’ tutti i nostri bagagli dall’auto all’ingresso, all’ascensore e infine nel soggiorno di casa.
-Sol ‘na setimana se stadi via?’-si stupisce la vicina di pianerottolo che casualmente incrociamo –con tuta quela roba lì?-
Eh sì, cara siora, noi viazén sempre bei carichi…
 
E domani, domenica, si ricomincia. A camminare su per aspri pendii, ovviamente. Perché, come ha sottolineato, tra l’ammirato e lo stupito, il figlio maggiore ‘voi non perdete un colpo!’. Finché la dura….