domenica 15 aprile 2012

Attività primaverili

Bene, finita la vacanza spagnola (negli ultimi tre giorni di permanenza c’è stata una puntata a Toledo, oltre alle ‘consuete’ chilometriche camminate lungo le strade madrilene), sistemata pressoché definitivamente la nuova cucina (manca solo il ‘giusto’ modello di forno da sostituire a quello consegnato e non corrispondente all’ordine), messa in cantiere la santa Pasqua, con sostanzioso pranzo a casa di mammà, con uovo di cioccolata e colomba classica a seguire, ‘consumata’, il giorno seguente, la tradizione della gita fuoriporta targata Sat, quest’anno sulle pendici del monte Altissimo, calpestando neve ghiacciata in una giornata freddissima, ho trovato una nuova attività per occupare i momenti di tempo libero (e tutti gli altri a seguire): il riordino e la risistemazione di armadi, cassetti e cassettini.
Sembra impossibile che in una casa di contenute dimensioni (e non certo un Buckingham Palace) si riesca a concentrare una quantità
immane di oggetti di svariate forme, dimensioni, funzioni, di molti dei quali si ignora spesso l’esistenza. E allora, guarda, scarta, dividi, sistema e risistema, via questi ‘residuati bellici’, i portachiavi in una scatola, orologi funzionanti e altrettanti ‘reperti’ in un’altra, le pile (e quante sono!) in un sacchetto, pronte per l’apposito contenitore, un cassetto dopo l’altro, un’anta degli armadi via l’altra e poi il ripostiglio…
Così accade che io abbia ritrovato le mie scarpette da ginnastica ritmica, che sembravano sparite nel nulla da un paio di anni (ed io ero sicura che si trovavano da qualche parte, qui in casa), mentre il consorte ha scoperto, in un contenitore nello sgabuzzino, una ‘pistola per silicone’ a lungo cercata e appena ricomprata.
Adesso c’è un certo ordine, in armadi e su scaffali, ma con il pericolo (concreto) di non ricordare più dove si trovano i vari oggetti… Peccato non aver fatto una mappa!

Nel frattempo proseguono le nostre domeniche montuose, godendo dello ‘splendido’ tempo di questa strana primavera: quest’oggi in escursioni separate, il consorte impegnato in una sci alpinistica, drasticamente ridimensionata per nebbia e precipitazione nevosa persistente e la sottoscritta, sull’altopiano del Renon, in una ‘pedestre’ accompagnata da piovaschi e temporanee ‘remissioni’, lungo comode strade sterrate e facili sentieri. Peccato non aver potuto apprezzare gli spettacolari panorami che il percorso offre in giornate azzurre e serene, ma con la certezza di aver perlomeno rallegrato la grigia giornata con i colori vivaci dei nostri copri zaini, ombrelli e mantelle…

mercoledì 4 aprile 2012

Vacanza e lavori (una volta a casa)

Un giorno e mezzo, ci aveva rassicurati Pinuccia M., la nostra ‘mobiliera’ di fiducia, un giorno e mezzo per il montaggio e la cucina sarà a posto. Ma, come spesso succede, tra l’ipotesi e la realtà ci può essere qualche differenza ed è così che, dopo due giornate piene di lavoro di esperti operai, l’opera non è ancora completata e ci vorrà anche la mattinata di domani (‘en par de orete’, ha detto il montatore, al momento di andarsene, poco fa), più gli interventi di idraulico (già comparso due volte sulla scena) ed elettricista e FINALMENTE il grosso della fatica sarà terminato.
Naturalmente seguito immediatamente dalla pulizia e dalla ri-sistemazione nei nuovi spazi di tutto quanto giace nella decina e più di scatoloni ammassati in un angolo del soggiorno. Forse, per Pasqua, sarà tutto a posto.
E dire che avevo una mezza idea di preparare (mi correggo, far preparare allo chef di casa) il pranzo ‘pasqualizio’, invitando i figli, oramai residenti in altro loco (ma con ampi ‘depositi’ ancora nel paterno ostello, per dirla alla Leopardi), ma poi è prevalsa la saggia idea di accettare l’invito di mammà e di indossare il gradito abito di ‘ospite’….
E intanto, sistemata in un angolino libero, accanto ai pezzi della cucina ancora da sistemare, posso riprendere a raccontare a voi, appassionati lettori, una (succinta) cronaca dei giorni madrileni, ormai entrati a far parte dei ricordi…

Giovedì 29 marzo è il giorno dello sciopero generale, l’huelga general.
Saralo avert, el Prado? ci chiediamo, uscendo dall’hostal nella fresca arietta del mattino (e sono le nove passate, che non pensiate a super-mattiniere alzate…). Mah, se sarà chiuso, faremo qualcos’altro, magari un bella visita al Parque del Retiro, concludiamo.
Ma dello sciopero non ci sono grandi ‘avvisaglie’, a parte le vie non pulite (qui la notte si effettua una pulizia delle strade del centro da lasciare ammirati), anche se alla Puerta del Sol, squadre di spazzini ramazzano la piazza (ma cosa neterai a far, se stasera i farà qua el comizio conclusivo, ragiona il consorte) e a parte le decine e decine di volantini ‘cerrado per huega general’, incollati, probabilmente da attivisti, sulle vetrine dei negozi, compresi quelli che a sera troveremo aperti.
E aperta è la cioccolateria San Ginès, un locale segnalato da tutte le guide, che effettua un'apertura continuata, 24 ore al giorno, meta quotidiana di turisti e di madrileni, dove anche noi ci lasciamo tentare da una colazione a base di cioccolata e churros, bastoncini zuccherati di pastella fritta, che si gustano intingendoli nella caldissima e densa bevanda. Una cosa goduriosa da provare, almeno una volta.
Ma aperto è anche il Prado, dove entriamo con il solito contorno di scolaresche più o meno interessate e ci accingiamo ad un’attenta visita dei tanti capolavori esposti. Un museo eccezionale, con opere altrettanto eccezionali, che elencare sarebbe un problema, oltre che assai riduttivo.
Fra tutte, ricordo le tele di Goya e il quadro Las Meniñas di Velasquez, nonché l’Annunciazione del Beato Angelico, mentre affascinante, pur con un fondo di inquietudine, il Trittico delle delizie di Hieronymus Bosch.
Quando usciamo, nel pomeriggio assolato, dopo un frugale pasto consumato in un bar, compiamo una passeggiata nel Parque del Retiro, al termine della quale la sottoscritta, mentre il consorte fotografa ripetutamente uno strano ‘giocoliere’ di bolle di sapone, si dedica ad una siesta su panchina, avendo come cuscino uno zaino un po’ scomodino.
Poi i passi ci riconducono verso il centro, percorrendo ‘nuove’ strade che ci fanno scoprire scorci sempre nuovi di questa bella città e uno di questi dovrebbe essere la Plaza de Santa Ana, che troviamo invasa da una moltitudine di gente.
I sarà quei de la huelga, ipotizza l’husband, già pronto ad immortalare decine e decine di manifestanti con cartelli et similia; invece sono una miriade di tifosi tedeschi della squadra di calcio dell’Hannover, che, scoprirò poi consultando Internet, sono costì per una partita contro l’Atletico Madrid e, in attesa dell’ora di recarsi allo stadio, si stanno dedicando ad abbondanti libagioni di birra (speriamo almeno di produzione locale), come testimoniano le centinaia e centinaia di metallici ‘cadaveri’ che giacciono nella piazza.
Il corteo dello sciopero, colorato, chiassoso, con cartelli, canti e slogan gridati a viva voce, lo incontreremo un paio d’ore più tardi, quando, dopo una doverosa sosta-caffè a due passi dalla Plaza Major, come sempre invasa da frotte di turisti, ci stiamo dirigendo verso il Paseo de Recoletos e di lì a plaza Chueca, nell’omonimo quartiere.
Come son fortunà, dichiara l’amato bene, abbandonandomi sul largo marciapiede de Calle de Alcalà, per cercare il punto ideale da cui fotografare al meglio la manifestazione. E, per mia fortuna, si limita ad un reportage ‘contenuto’ (suppergiù un cinquanta-sessanta scatti) prima di riprendere la nostra camminata nel tardo pomeriggio madrileno.
Vivremo poi, all’ora dell’uscita per la cena, l’abbraccio con la folla dei partecipanti allo sciopero, radunatisi alla Puerta del Sol e zone limitrofe: un mare di gente pacifica che pian piano sciamerà verso una miriade di destinazioni, senza disordini e senza scontri. O, almeno, questa è la nostra impressione.
Noi, invece, dopo una cena senza infamia e senza alcuna lode nel ristorante La catedral, peraltro consigliato dalla guida, compiamo un’ultima camminata prima di ritirarci per un doveroso riposo, quasi avessimo avuto una giornata sedentaria e dovessimo fare un po’ di moto…

lunedì 2 aprile 2012

A Madrid

E qui le giornate trascorrono veloci, tra camminate, visite, qualche sosta (breve o più lunga) e… è subito sera. Così il tempo per scrivere è ridotto ai minimi termini, anche se ce ne sarebbero, di cose da mettere sulla carta, quindi vediamo di proseguire con la nostra cronaca.

Il martedì si conclude con una estemporanea cena all’interno del mercato di San Miguel, una grande struttura in ferro e vetro, dove si vendono vere prelibatezze che invitano a continui peccati di gola e, se nel pomeriggio avevamo resistito a qualsiasi tentazione, alla sera la forza di volontà si fa di pastafrolla ed è naturale avvicinarsi al banco dei ‘pintxos’, le tipiche e appetitose tartine, davanti alle quali è durissimo rimanere indifferenti e, et voilà, il pasto è servito. Come rinunciare, poi, ad un maxi gelato (nelle dimensioni e nel prezzo) buono, buonissimo? No, non si può, quindi prima si pecca e poi si espia, con l’ultima camminata della giornata, tra le luci, i rumori e la gente che affolla le vie del centro, prima di ritirarci per il riposo del giusto.

Mercoledì 28 ci alziamo di buon’ora, poco dopo le 7, quando non è ancora pieno giorno e dopo la colazione, a bordo della metropolitana raggiungiamo la stazione di Moncloa, dove saliamo a bordo di un pullman per recarci a San Lorenzo de l’Escorial, la cittadina ad una cinquantina di km da Madrid dove si erge il monumentale complesso, reggia e monastero, fatto costruire da Filippo II.
Nell’aria frizzante del mattino (‘godiamo’ di una notevole escursione termica diurna, circa 20°…) percorriamo le vie del piccolo centro e ci accingiamo ad un’attenta visita con tanto di audio-guida appresso. La prima sorpresa c’è alla cassa, quando scopriamo l’inattendibilità di guida (e vari siti Internet), che davano per gratuito l’ingresso, per i cittadini Ue il mercoledì. Sì, è gratis, conferma l’impiegata alla cassa, ma dalle 15 alle 17.
Così sborsiamo i dieci euro a testa ed entriamo, percorrendo, sala dopo sala l’esteso ambiente, in compagnia di gruppi turistici e di scolaresche ‘multinazionali’, per non parlare di un terzo ‘amico’: il freddo! C’è infatti un gelidino, all’interno del palazzo, che costringe i custodi (che lavoro noioso, il loro!) a starsene imbacuccati con pesanti giacconi, sciarpe e guanti, neppure si fosse in Alaska e che induce i visitatori a non indugiare più del lecito nei vari ambienti.
Ed è con vero sollievo che usciamo al sole, rimanendo come lucertole, fermi, lungo il basso muro di cinta, cercando di riscaldarci. Peccato che a momenti soffi un certo venticello frizzante, che ci sollecita a raggiungere a passo veloci la stazione ferroviaria, distante poco più di un chilometro, dove saliamo sul treno che ci riporta a Madrid, attraversando la campagna circostante, prima di giungere in vista degli alti grattacieli della periferia.
Quando scendiamo alla stazione di Atocha sono già le 14.30 e siamo pronti a pranzare, in perfetto allineamento con le abitudini iberiche. Così ci fermiamo al sole nella piazza Sanchez Bustillo, di fronte all’ingresso del Centro de Arte Reina Sofia, seduti ai tavolini esterni di un affollato locale, in attesa di essere serviti da un affannato cameriere che ha il suo bel daffare ad accontentare i numerosi clienti. Pazienti attendiamo il nostro turno, crogiolandoci al sole, finalmente caldo (fin troppo!), mentre osserviamo degli studenti italiani che, attendendo il loro turno per entrare nel museo, si dedicano con passione al calcio (e te pareva!) con il risultato di far finire più volte la palla tra i piedi dei passanti o tra le gambe dei tavolini dei vari bar-ristoranti.
E finalmente, dopo le 16, sfamati e riposati, varchiamo anche noi la porta del grande museo, che ospita le più importanti opere dell’arte spagnola del ‘900, con, in primis, il celeberrimo Guernica, di Pablo Picasso.
Giriamo per le vaste sale, osservando e ammirando, sempre circondati da gruppi di adolescenti di vario idioma, che dimostrano, qualora ce ne fosse il bisogno, come brevi (o più lunghi) attacchi di ‘stupidèra’ adolescenziale colpiscano universalmente (e ne fanno fede le corse, gli urletti acuti e un’estemporanea ‘danza’ di alcune giovanissime francesi sulle terrazze esterne del Reina Sofia, nonché il ‘giocare’ in un su e giù-dentro e fuori dagli ascensori di vetro di altri, a prima vista, tredici-quattordicenni, probabilmente in un momento di ‘libertà’).
Ed io, da ex insegnante, dopo aver esalato un respiro di sollievo all’idea di essere ormai al di fuori da simili dinamiche, ringraziando nel contempo la buona sorte che in tanti anni di ‘accompagnamenti’ tutto sia andato per il meglio, mi domando quali saranno i momenti significativi che questi giovani ricorderanno una volta tornati a casa: gli aspetti culturali? i ‘tempi liberi’ con tutto quel contorno di esperienze, singole e soprattutto di gruppo, che sono il fondamento di ogni gita o viaggio di istruzione che dir si voglia?
Ne parlo a lungo con il consorte, mentre ce ne torniamo verso calle de l’Arenal e l’Hostal Oriente, per un giusto riposo ‘pedestre’ prima dell’ardua scelta di dove cenare, riportando alla mente passate esperienze e accesi scambi di idee con alcuni colleghi, ma questo è un discorso che porterebbe lontano…
Ritornando alla nostra serata, aggiungo che, dopo una pausa rilassante all’hostal e una doverosa sosta al ristorante ‘La vaca argentina’, i nostri passi ci conducono alla scoperta della rutilante, colorata e vivace vita tardo-serale di Madrid nel dedalo di strade attorno alla plaza Major: un mondo affascinante che noi ci limitiamo a guardare dall’esterno, ammirati da tanta vitalità e voglia di vivere (nonché di mangiare e bere, eheheh!)

P.S. Visti i tempi biblici con cui ho scritto il presente post, i prossimi saranno ‘postati’ da casa, dato che fra qualche ora l’avion ci riporterà in patria. Eh sì, la settimana è proprio finita!